Nel 2016 Jang, una donna della Corea del Sud, perse la figlioletta Nayeon di soli 7 anni per una leucemia . Un genitore che sopravvive alla morte di un figlio è una delle esperienze più dolorose e innaturali che un essere umano può affrontare eppure a Jang è stata data una “seconda possibilità”.
A 4 anni di distanza l’ attuale tecnologia ha permesso a Jang di “incontrare” di nuovo la piccola Nayeon, grazie alla computer graphics che ne ha riprodotto l’aspetto, ad un VR ( un visore di realtà virtuale n.d.r.) che ha immerso la madre in un ambiente 3D “plausibile” ed ad una I.A. che ha elaborato le reazioni e le le risposte della Nayeon “virtuale” . La commovente interazione, che sembra sconfiggere la morte è diventato un documentario televisivo intitolato “I met you” prodotto da Munhwa Broadcasting.
Nel documentario è possibile assistere a qualcosa mai visto in precedenza; Jang indossa un casco VR ed “entra” in un mondo virtuale. Ad un tratto appare la riproduzione della piccola Neyeon che inizia a interagire con la madre. Questo, ovviamente, nei limiti che comporta la tecnologia odierna. La scena è commovente; la stessa troupe si scioglie in lacrime mentre madre e “figlia” giocare insieme, quando la Nayeon “virtuale” spegne candeline di una torta di compleanno e si addormenta trasformandosi in una farfalla tra le braccia della madre.
Questa splendida esperienza ci porta però a riflettere su quello che può essere il futuro di questo genere di esperienze. Man mano che tecnologia andrà avanti questo interazioni virtuali saranno sempre più realistiche e non distinguibili dalla realtà. Come reagirà la psiche di un essere umano, magari colpita da un trauma psicologico così profondo? Cosa o chi gli impedirà alle persone di richiudersi in una realtà virtuale idilliaca “staccando” completamente la spina dal mondo reale?
La tecnologia ci sta portando verso nuove frontiere che la nostra specie, probabilmente, non è ancora pronta ad affrontare.
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“L’incontro”