Il termine “ Mastuggiorgio” fonda le sue origini nell’eccezione più negativa di un antico mestiere. Nella tradizione napoletana rimanda ad un antico mestiere cioè quello dell’infermiere, un infermiere che si occupava nello specifico di pazienti affetti da patologie mentali. Oggi fortunatamente la figura del mastuggiorgio, così come era conosciuta ai vecchi tempi, non esiste più. Nella visione moderna l’infermiere aiuta con professionalità le persone con le problematiche più diverse. Nonostante non esista più questa figura, nel dialetto napoletano questa espressione persiste ancora, ha perso però la connotazione negativa, tanto che quando si da del mastuggiorgio a qualcuno, lo si fa per indicare una persona dall’indole coraggiosa e determinata, una persona che prende le redini in mano di una certa situazione e di conseguenza ne diventa il protagonista.
La figura di O’ Mastuggiorgio, appare anche nella letteratura partenopea. Nella sua poesia dal titolo “Si è Rosa ca mme vò”, Salvatore di Giacomo si ispira ad un aitante infermiere: “Nzerrateme, nzerrateme addò stanno, tant’ate, comm’a me, gurdate e nchiuse, addò passano ‘a vita, sbarianno, pazze cuiete e pazze furiuse. Nchiuditeme pè sempe ‘int’a sti mmura, è o mastuggiorgio mettiteme allato.”