Tutti hanno avuto per le mani un mazzo di carte da gioco almeno una volta nella vita. Da secoli le carte ci accompagnano in tante diverse occasioni di socialità. Nel Rinascimento comparivano disegnate in grande stile e laminate d’oro nelle più raffinate corti, ma erano di grande intrattenimento anche per gli avventori di taverne e osterie. I soldati le hanno portate con loro durante le guerre, così come facevano i mercanti durante i loro lunghi viaggi. Le signore della borghesia giocavano spesso a carte in occasione del tè del pomeriggio. Oggi le vediamo nei grandi casinò, sulle spiagge, nelle riunioni tra amici, nei bar e nelle grandi feste in famiglia. Tanti sono i giochi che si possono fare con le carte, come tanti sono i diversi tipi di carte diffusi in Europa. Troviamo infatti le carte francesi, che si distinguono per la loro divisione in quattro semi ovvero cuori, quadri, fiori e picche, le carte austriaco-tedesche che si suddividono in ghiande, foglie, cuori e campanelli e le carte spagnole raggruppate in denari, spade, bastoni e coppe.
Dalle carte spagnole deriva la maggior parte dei mazzi di carte italiani, che a loro volta si sono differenziati di regione in regione. Tra queste spiccano le carte napoletane, ad oggi le più utilizzate nel sud d’Italia. Il mazzo delle carte napoletane è composto da 40 carte a figure intere che misurano 50×83 mm. Dietro la loro particolarità si nasconde la storia di una cultura centenaria, che si intreccia a quella di altri popoli e a remote vicende del passato. Possiamo vedere infatti il gioco delle carte come in una vera e propria forma d’arte popolare, come un’espressione culturale unica nella sua ricchezza d’immagini e di simboli.

Non si conosce chiaramente l’origine del gioco delle carte. Ci sono varie teorie sull’introduzione di questo in Europa, secondo alcuni studi il gioco potrebbe essere stato introdotto da Marco Polo di ritorno dal suo viaggio in Cina. Pare infatti che le carte da gioco fossero diffuse in Cina già a partire dal IX secolo. Qualcun altro attribuisce la loro paternità ai persiani, altri ancora addirittura agli antichi egizi. Le fonti divergono, ma si racconta che nel XV secolo la regina Giovanna II d’Angiò-Durazzo, nota anche come Giovanna II di Napoli, si recasse spesso a Sorrento per i suoi bagni e per giocare con le carte. Non si sa molto di queste carte, ma si sa con certezza che questo gioco all’epoca fosse molto diffuso tra gli arabi, abilissimi nei giochi mentali e matematici, nonché eccellenti commercianti. I soldati di origine turca al seguito di Saladino, chiamati Mamelucchi, erano soliti giocare con carte che avevano quattro diversi semi, molto simili a quelli delle carte spagnole: giocavano con i “dhiram”, che in Italia prenderanno il nome di “denari”, le “suyûf” ovvero le scimitarre che saranno poi trasformate nelle nostre “spade”, i “jawkân” che sono i “bastoni” ed infine i “tûmân” che rappresentavano le “coppe”. Grazie ai commerci e alle dominazioni arabe in Europa, l’influenza musulmana era diventata molto forte nel Vecchio Continente, in particolare in Spagna. Proprio in Spagna il gioco delle carte si era affermato con grande successo, tanto che a Barcellona nel 1377 si erano iniziate a produrre le prime carte da gioco modernamente intese, chiamate “naibbe”. Nascono così le carte spagnole, che visti i rapporti privilegiati tra Spagna e Regno di Napoli, a loro volta si diffonderanno anche in Italia.
Le carte riscuotono grande entusiasmo a Napoli. Nel 1577 il Viceré spagnolo arriva ad imporre una tassa proprio sui mazzi di carte: “un carlino per ogni paio di carte da gioco”. Dai libri delle imposte risulta che vi fossero più di 58.000 mazzi di carte prodotti ufficialmente nel Regno di Napoli, di questi ben 42.000 erano venduti solo nella capitale del Regno.
Tra le particolarità di questo tipo di mazzo possiamo annoverare il tre di bastoni, comunemente detto “Gatto Mammone”, poiché sulla carta è raffigurato un mascherone che spicca per i suoi imponenti baffi dalla lunghezza felina. I denari si contraddistinguono per la loro raffigurazione a forma di sole e per un asso rappresentato da un’aquila a due teste. Il cinque di spade si differenzia per una scena di semina sia al dritto che al rovescio, mentre il cavallo dello stesso seme con il suo turbante e la sua scimitarra, rimanda senza dubbio alla figura di un moro.
I disegni nel corso dei secoli restano invariati. Solo in parte le carte possono essere rinnovate e adattate ad una nuova estetica, ma i quattro semi non possono mai e poi mai essere modificati. Le regole a riguardo sono molto rigide e i produttori di carte le rispettano scrupolosamente. Produrre carte è infatti una vera e propria arte, i cui segreti si tramandano di generazione in generazione. Nelle carte nulla è lasciato al caso o al libero gioco della fantasia, ogni dettaglio ha un suo preciso significato, ogni particolare rientra in un precisissimo universo simbolico.