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Reading: “A-MARE”- LA FLUIDITA’ DEL MARE NELL’ARTE DI KRISTIN MAN
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© 2022 Senzalinea testata giornalistica registrata presso il Tribunale di Napoli n. 57 del 11/11/2015.Direttore Responsabile Enrico Pentonieri
Arte

“A-MARE”- LA FLUIDITA’ DEL MARE NELL’ARTE DI KRISTIN MAN

Luca Del Core
Luca Del Core 3 anni fa
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6 Min Lettura
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Potrebbe sembrare un semplice gioco di parole il termine “A-mare”, inteso come “A mare“, complemento di moto a luogo, oppure “Amare”, voce del verbo “amare”. In realtà, ha un significato molto più profondo: è un percorso di ricerca circa “l’ identità relazionale” tra le persone, in cui l’artista Kristin Man intende indagare attraverso la metafora degli oceani e la fluidità delle acque. I suoi lavori sono una trasposizione visiva e tattile di questi rapporti, in un periodo storico in cui l’Antropocene è uno dei temi più importanti dell’odierna società. Il mare diventa medium, uno strumento per esprimere le dinamiche relazionali, sintetizzate nell’equazione: relazione (flusso)/società (oceano), e individuo/identità. Le vite delle persone, venendo a contatto le une con le altre, creano un intrecciarsi e una condivisione continua dell’esistenza che ne perpetua il ritmo in un flusso instancabile, proprio come quello delle onde del mare. Da queste riflessioni, trae spunto l’interessante mostra allestita nelle sale della “Andrea Nuovo Home Gallery”, in via Monte di Dio 61, a Napoli, dal titolo “A-mare“ di Kristin Man, a cura di Fernanda Garcia Marino e Serena Calò, fino al 24 gennaio 2020.

“At dawn or dusk”- Kristin Man

Il corpus di opere è caratterizzato da una serie di fotografie scomposte in strisce, filamenti e pattern, dove la sintesi risulta essere la creazione di arazzi stampati su materiali differenti: carta, seta e tessuti ottenuti dal riciclo di bottiglie di plastica provenienti dal mare stesso. Attraverso un uso sapiente dei materiali, l’artista conferisce ai suoi lavori una certa tridimensionalità, evidenziata dalle turbinose onde che trascinano il fruitore verso un mondo indefinito, in cui il ritorno alla realtà emerge dai singoli dettagli disseminati nelle istantanee. Le dinamiche relazionali degli esseri umani attraverso il concetto della fluidità delle acque non hanno reali confini, se non quelli geografici, immaginari, assegnati loro dagli uomini. In effetti, la Man traspone in arte argomenti trattati in filosofia e in psicologia sociale, è l’artefice di una interessante “visione”, di un mondo senza barriere, in cui è la cultura a superare qualsiasi contrapposizione. Questa tematica è stata ripresa più volte dagli intellettuali con esiti differenti, in particolare quando si parla di “stato di natura”, di quell’ipotetica condizione in cui gli uomini sono liberi e successivamente sono disciplinati da un apparato governativo e dalle relative leggi, tipico invece dello stato di diritto. Questa particolare condizione dell’individuo è stata ipotizzata dai filosofi inglesi Thomas Hobbes  e John Locke e, in seguito, dallo svizzero Jean-Jacques Rousseau con caratteristiche diverse. Se per Hobbes lo stato di natura è una guerra di ogni uomo contro tutti gli altri, per Rousseau, invece, gli esseri umani  lo vivono in maniera “libera, sana, buona e felice”. La Man ribalta questi punti di vista attraverso la metafora del Butterfly effect: un semplice movimento di molecole d’aria generato dal battito d’ali della farfalla, può causare una catena di movimenti fino a scatenare un uragano, magari a migliaia di chilometri di distanza. E’ una esortazione del genere umano, affinchè vada oltre i propri limiti culturali, proponendo un nuovo modello di società e di relazione.

“Lago chiaro mare”- Kristin Man.

Percorrendo le sale della homegallery, ci si imbatte in opere visivamente impattanti, dove i contorni della figurazione sfumano nell’astrazione, restituendo una frammentazione ricca di motivi, giustapposizioni e sovrapposizioni. Osservando “Moonlight sonata”, emergono alcuni elementi che rimandano alla Optical Art, di un’arte grafica, basata su una rigorosa definizione del metodo operativo. Attraverso linee collocate in griglie modulari e strutturali diverse, la Man induce il fruitore in uno stato di instabilità percettiva: riprende i temi della ricerca della Bauhaus e della De Stijl, e quella concretezza dell’Arte Cinetica e del Futurismo, con l’obiettivo di non soffermarsi ai puri valori visivi o estetici, ma di far emergere il contenuto filosofico, intellettuale ed ambientale.

“Moonlight sonata”- Kristin Man.

Un ruolo fondamentale nella comprensione degli arazzi è l’uso del colore, legato al mare, alla natura e alla psiche. In “Oppositional Complements o It’s broken”, luce e materia si fondono. E’ un’opera caratterizzata da una intensa gamma cromatica che ricorda le immagini psichedeliche di alcuni frame cinematografici di “Inferno” (1964) di Henri-Georges Clouzot, con Romy Schneider e Serge Reggiani, in cui erano presenti diverse tecniche di illuminazione innovative e pratiche di Andreas Winding e Armand Thirad. Le luci rotanti erano posizionate di fronte alla cinepresa e agli attori e l’effetto finale creava una illusione in cui emergeva la transizione tra emozioni e personalità dei protagonisti. La Man riesce con le sue fotografie a ricreare ambienti vertiginosi che scuotono la percezione.

“Oppositional Complements o It’s broken”- Kristin Man.

Nelle vesti di una tessitrice, l’artista trasforma e fa emergere nuove forme e contenuti da pattern visivi e tattili, utilizzando una sorta di codice non scritto intessuto sulla superficie. Il suo approccio antropologico e sociologico trova nella fotografia lo strumento ideale per esprimere contenuti di notevole importanza. Utilizzando materiali ottenuti dal riciclo della plastica, la Man ha realizzato una propria linea di abbigliamento haute couture visibili in un’altra sala della homegallery.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

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Luca Del Core Dic 23, 2019
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Pubblicato da Luca Del Core
Ha scritto per alcune riviste di settore, tra cui "Arskey Magazine" e per alcune delle quali è ancora redattore, "Artslife" e "Art a part of cult(ure)". L’arte non riproduce ciò che è visibile, ma rende visibile ciò che non sempre lo è. (Paul Klee)
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