Il bar inteso come esercizio adibito alla vendita di bevande e alimenti, nonché all’erogazione di altri servizi alla clientela, è stato l’epicentro di una storia in diverse discipline: nel cinema, il Kurova Milk Bar nel film “Arancia Meccanica” di Stanley Kubrick, dove Alex e i suoi Drughi amavano passare le ore che precedevano le loro violenze; in letteratura è celebre il libro “Bar Sport” di Stefano Benni, considerato un classico della narrativa umoristica italiana, in cui presenta situazioni reali stereotipate, deformate ed estremizzate; in arte è famoso il dipinto “I nottambuli” di Edward Hopper, dove è rappresentata la solitudine dell’American way contemporanea, la scena è ambientata in un bar a notte fonda, manca l’interazione tra i protagonisti, ognuno è immerso nei propri pensieri. Una trasposizione molto interessante è quella teatrale proposta dalla compagnia Carrozzeria Orfeo in scena al Teatro “Bellini” di Napoli, dal titolo “Animali da bar”, fino al 23 febbraio 2020. Dopo il successo di Cous Cous Klan, questo spettacolo racconta il nostro tragicomico presente dall’interno di uno sgangherato bar di quartiere, gestito da un razzista misantropo, (di cui ascoltiamo solo la voce, proprio perché non esce più dal proprio appartamento); da una barista ucraina che, per arrotondare, affitta il proprio utero; un imprenditore ipocondriaco che gestisce un’azienda di pompe funebri per animali di piccola taglia; un buddista inetto che, mentre lotta per la liberazione del Tibet, subisce le violenze domestiche della moglie; uno zoppo bipolare che deruba le case dei morti il giorno del loro funerale ed infine, uno scrittore alcolizzato costretto dal proprio editore a scrivere un romanzo sulla Grande Guerra. Sono tutti personaggi appoggiati al bancone del bar, e sotto l’effetto dell’alcol, ognuno perde la propria razionalità per lasciarsi andare a comportamenti impulsivi e istintivi, a riflessioni irriverenti, domande scomode, affermazioni politicamente scorrette, ironia tagliente e battute dissacranti.
Sul palcoscenico intorno all’unica donna, Mirka, interpretata da Beatrice Schiros, si alternano quattro uomini, Alessandro Federico nelle vesti di Milo Cerruti, Massimiliano Setti è Colpo di frusta, Pier Luigi Pasino è lo sciacallo e Federico Vanni è Swarovski, mentre la voce fuori campo è di Alessandro Haber. La regia è di Alessandro Tedeschi, Gabriele Di Luca e Massimiliano Setti.
Sono sei animali notturni, illusi perdenti, che provano a combattere, nonostante tutto, aggrappati ai loro piccoli squallidi sogni, ad una speranza che resiste troppo a lungo. Con una scarna scenografia, un bancone da bar che si snoda in una curva, quasi a voler “abbracciare i casi umani”, e campane tibetane che calano dall’alto, emergono dallo sfondo scuro i vari personaggi, caratterizzati da aspetti psicologici differenti. Su tutti emerge Mirka, barista ucraina, dotata di forte presenza scenica, con un carattere duro e cinico, a tratti romantico, che affitta l’utero per 35.000 euro a una coppia italiana. Con la sua faccia dà credibilità e verità a qualsiasi cosa. Intorno a questa figura si muove un’umanità allo sbando. Mirka riceve confidenze e richieste di aiuto, è colei che conosce il vissuto degli avventori del bar. Resta incinta su “commissione”, una giovane coppia aspetta un figlio da lei. Il rapporto dei futuri genitori è pessimo, la moglie maltratta il marito, causandogli addirittura una lesione al collo, per questo l’uomo viene chiamato Colpo di Frusta.
Della stessa caratura è il comportamento bipolare dello Sciacallo, un giorno euforico al punto da girare con una sega elettrica e un altro di totale apatia, vittima di una società arrivista che lascia ai margini coloro che vivono con problemi di personalità. Altra figura interessante è quella di Milo, imprenditore che gestisce un’azienda per cremare piccoli animali, illuso di diventare miliardario avendo l’esclusiva per una attività per così dire di “nicchia”. L’ultimo personaggio è Swarovski, che di “brillante” ha solo il colore dell’alcol nel bicchiere, lo scrittore che per tutto lo spettacolo se ne sta seduto a un tavolino del bar, intento a scrivere, per un suo editore, una storia della Prima Guerra Mondiale. Rispetto agli altri, è l’unico ad avere un minimo di razionalità, pur ironizzando e denigrando con un linguaggio che ricorda il grande Charles Bukowski gli altri avventori. Egli ha il merito di riportare un minimo di “lucidità” nei suoi interlocutori. In sottofondo si sente una voce registrata, quella di Alessandro Haber, vecchietto in fin di vita, che parla attraverso una radio, e come ultimo desiderio chiede a Mirka una notte di sesso prima di morire.
Tutti i protagonisti interagiscono con la barista ucraina, unica ad ascoltare i problemi e le speranze di tutti. Ma sarà proprio lei, in preda alle doglie, ad essere circondata dai quattro uomini, imprecando contro il bambino che alla fine non nascerà. Non mancano durante lo spettacolo momenti toccanti, visibili nella cena tra Mirka e Colpo di frusta, in cui emerge il cinismo di lei e la timidezza di lui. Tutti gli avventori sono in cerca di un riscatto esistenziale che mai avverrà, lo scrittore non scriverà l’inutile ed ennesima storia della Prima Guerra Mondiale, ma racconterà la storia di coloro che frequentano il bar. Se in Pirandello, Sei personaggi erano in cerca di autore, i protagonisti sul palco sono alla ricerca di sé stessi. L’unica soluzione ai loro problemi è un deus et machina, una divinità che compare ad esempio nella tragedia greca per dare una risoluzione ad una trama, soltanto che per loro l’ente supremo non arriva nella realtà, ma arriva attraverso l’alcol……