Generalmente i vocabolari lo traducono come trippaio,ma in realtà la parola descrive almeno due “figure professionali”:il venditore di trippa, call’e trippa (la parte dura dello stomaco bovino),cientepelle (l’intestino),di o per’ e o muss (piede e muso del maiale),e il venditore di una particolare zuppa invernale fatta di trippa e frattaglie su freselle.Spesso le due bancarelle erano affiancate l’una a l’altra. “Venit’ ce sta o carnacuttaro,nu rà na cutenna e nà fresella“,questo il tipico slogan che si poteva sentire in prossimità delle bancharelle. Più pittoresco,invece,l’urlo di Ciccio o’Stentiniello “S’arrabono e piatte,s’arrabono e piatte!”.Don Ciccio andava a lavoro con una carretta trainata da un cane,arrivato a destinazione,spesso vicino a cantieri edili,montava il suo pentolone e la fornace,e cuoceva interiora di agnello,che prontamente venivano consumati dagli operai durante la pausa pranzo.Alla stessa categoria,ma con accentuata specificità,vi appartevano anche altri ambulanti,come per esempio il venditore di cotiche di maiale bollite,che urlava a squarciagola “Cavaliè ‘e perz’ a valanza,a nu carrino a cutenna,’a tracchia e ll’ossa“.Molto popolare anche il purmunaro,venditore di polmone e frattaglie per sfamare i gatti,carni scadenti ad un prezzo molto basso. O’ Purmunaro,usava richiamare l’attenzione dei padroni e l’appetito dei felini,battendo fra loro due bacchette di metallo.