Trama: Con un realismo estremo che sfocia nel visionario, “Black Magic” racconta di Castel Volturno, Campania, la prima città europea a prevalenza africana. Un luogo brutale, dove si consuma una vicenda criminale, ma inaspettatamente anche denso di magia: un’oscura ragnatela che lega l’Italia alla Nigeria e streghe vudù a bambine sfregiate, prostitute a guardie armate e tra di loro un chirurgo, un uomo irreale alla fine dei suoi giorni. Incubi e sogni – una favola nera: un intreccio letale che ci proietta senza scampo in un mondo sconosciuto. D’Ascia si fa veicolo di forze invisibili: a metà strada tra il diario di viaggio e la rivelazione.
Wojtek Edizioni
Recensione: L’autore è una vecchia conoscenza che con il suo precedente Supersonico mi aveva trascinata nei vicoli di Napoli, tra la gente malamente e mi aveva conquistato con il suo stile asciutto, immediato, perfetto per quel genere di racconto. Con Black Magic alcune cose cambiano. La trama resta estremamente interessante, i fatti sono ambientati a Castel Volturno e riguardano sempre chi vive in maniera losca, illegale, sporca, sbagliata. Una realtà macabra che fa solo da sfondo alla comunità naija, Nigeriana, che si fonde, in parte, con la gang del Mastino, un noto del paese che fa affari con le lotte tra i cani. Le vicende sono intrise di magia nera, riti, metemsomatosi, stregonerie di cui la maliarda Chantal ne è l’artefice. Ciò che rimane maggiormente a fine lettura è l’atmosfera più che la trama: quest’ultima resta un po’ nebulosa, forse per il cambio stilistico dell’autore: se nel precedente libro aveva scelto l’immediatezza, in Black Magic è maggiormente verboso, un po’ ridondante, un eccessivo utilizzo degli aggettivi. Tra violenza e folklore, di sicuro, è stata dura affrontare soprattutto il capitolo sull’addestramento dei cani da combattimento: tutte notizie risapute, ma trattate con grande maestria.
Una storia visionaria, dal finale onirico che lascia abbastanza perplessi, resta buio ed oscuro. Sicuramente d’Ascia è preparatissimo in materia di occultismo: nella pagine, fitte di mistero, le pratiche africane affascinano il lettore lasciando una gran voglia di approfondimento. L’autore è riuscito a creare un mix ben bilanciato di criminalità, magia e cronaca. Assolutamente total black, nero come la pelle, come il buio, come il lato oscuro.
Salvatore Luca d’Ascia, napoletano. Laureato in medicina e chirurgia, poi specializzato in cardiologia, si occupa, tra Napoli, Milano e New York, di nuove tecnologie applicate allo studio del cuore. Si è formato in scrittura creativa, sceneggiatura, fumetto e giornalismo dal 1990 a oggi; ha esordito con Il libro di Nessuno (Croce Editore), poi ha partecipato all’antologia Partenope Pandemonium (Larcher Editore) e alla raccolta Questi fantasmi (Boopen Led Edizioni). Con Supersonico si è classificato al terzo posto nella seconda edizione del premio letterario La Giara. Nel 2019 pubblica il saggio esoterico Magia e Massoneria, comprendere il mondo iniziatico (Edizioni Meditarranee) e il romanzo Black Magic (Wojtek).
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INTERVISTA
Raccontaci la genesi di Black Magic.
Black Magic nasce come omaggio al mio scrittore preferito, Jose Donoso, ma al tempo stesso concretizza l’esigenza di raccontare un mondo nuovo e ad oggi sconosciuto. Il realismo magico alla Marquez, tipico dei sud-americani, trova infatti efficacia nella narrazione di Castello: Castel Volturno, Campania, la terra dei fuochi. Un ambiente deforme e assolutamente distopico.
Nei ringraziamenti lo definisci un lavoro sofferto e parziale, come mai?
Per due motivi: il primo editoriale e il secondo narrativo. Dal punto di vista editoriale, infatti, il romanzo ha una storia travagliata e avuto molte riscritture, più di quante immaginassi. Piaceva a tutti, ma tutti volevano metterci bocca e mi hanno proposto di scriverlo come un premio Strega, poi di eliminare il napoletano, poi di eliminare i nomi dei luoghi, e di scriverlo per la Tv, di cambiare protagonisti, di cambiare l’intreccio, di dare spazio a diversi personaggi, di stringere e allargare. “Puntiamo alla massa – diceva qualcuno – Non farlo troppo complicato”. Stavo impazzendo. È stato uno dei pochi momenti in cui ho realmente pensato che la macchina editoriale fosse la morte della scrittura: un gigante capace di censura, riscrittura, scoraggiante quell’autentica espressione a cui puntavo. In principio concepito per un editore main stream, tuttavia, il romanzo ha rivelato sé stesso, lo ha fatto da solo, e ha trovato la sua strada: ha dichiarato al mondo intero la sua vera natura. Black Magic è una narrazione di nicchia, più lirica e forbita di un comune romanzo, e che ha incontrato un editore a cui piacesse questa cifra…. Tale cifra, tuttavia – tale soggetto e tale stile – è qualcosa che ti sfugge dalle mani: è autentica materia dei sogni. Mettere assieme un thriller napoletano con una storia di magia non è stata cosa facile, mescolare omicidi di camorra a streghe prostitute è stato quasi assurdo e se poi ci aggiungi cani da combattimento e bambine sfregiate ottieni qualcosa che ritengo originale: realizzabile solo con un lavoro sofferto.
Con Magia e Massoneria abbiamo scoperto che sei affascinato dall’argomento. Come mai questa curiosità?
Io racconto sempre le stesse cose, sempre me stesso e ciò che vivo, solo con mezzi differenti. Magia e Massoneria è un saggio esoterico, scrittura razionale, e Black Magic invece è un romanzo veloce, con scrittura empatica, emotiva, partecipativa. Eppure entrambi toccano quell’invisibile che è difficile svelare, difficile scoprire: nowhere direbbe Nail Gaiman. Quel retro mondo ed anti-mondo, quel mondo interstiziale, ma dove sono racchiusi temi e personaggi incredibilmente potenti.
Quanto ti è servito il tuo sapere sull’argomento per la stesura di Black Magic?
La conoscenza di un argomento è indispensabile allo stesso e anzi, una delle regole fondamentali della scrittura è di raccontare qualcosa che si conosce molto bene. Per Black Magic, tuttavia, coincidono molte e diverse conoscenze che quantifico principalmente nell’africanismo – la conoscenza della Nigeria soprattutto – e secondariamente nella magia evocativa. Solo per terzo, ma non trascurabile, c’è poi la conoscenza del mondo campano, quel mix di violenza e decadenza che però viene trasfigurato in una nuova lettura: attraverso una perenne collusione con temi forse inaspettati nel passato, ma che oggi inderogabilmente abitano la nostra quotidianità.
Rispetto a Supersonico ho notato nella scrittura un cambio stilistico. Perchè questa scelta?
Volevo scrivere qualcosa di difficile: una sfida per me stesso ed un omaggio al mio lettore. Vedi, la narrativa contemporanea, soprattutto sotto il giogo editoriale, sottovaluta il lettore: pensa che non sia all’altezza di leggere una narrazione complessa e io invece amo il lettore, lo sono io stesso, e ritengo che possa leggere ogni cosa. Quando si scrive si sigla un patto con chi legge, una partecipazione immaginativa alla storia proposta, e non è quindi un processo passivo, in cui l’autore propina qualcosa e qualcuno la subisce, ma viceversa è un rapporto a più voci, a più menti e più mani, e in questo chi legge completa quello che c’è scritto. In tal senso, dunque, perché non provare un tono più alto, più complesso ed elegante? Ci saranno miei romanzi più semplici, forse a breve, ma Black Magic no, non lo è: è la narrazione di qualcosa di sognato, di potente ed infinito, e che avviene con periodi musicali, linguaggi magici, costruzione narrativa che mira alla letteratura.
Qual è l’obiettivo di Black Magic?
Prima di tutto personale: esaurire argomenti per me ossessionanti. E liberatorio: per chi vive ed ha vissuto quei temi così forti. Ma anche, infine, rivelatorio: per permettere a tutti di conoscere quel mondo.