La brasserie Georges, all’ultimo piano del Centro George Pompidou, propone un’anatra eccezionalmente buona e straordinariamente cara. È un luogo etereo da cui si vede tutta la città: la Tour Eiffel, Notre-Dame, ma anche il Pont-Neuf, il ponte più famoso della capitale. Nel 1975, Christo Vladimirov Javacheff e Jeanne-Claude Denat de Guillebon intendono impacchettarlo. Prima, però, bisognava convincere il sindaco Chirac che, nel timore di perdere consensi, rimette la decisione ai parigini. Così, i due amanti corrono le strade e i caffè della città illustrando il loro progetto in cerca di approvazione. Parigi si colora di un acceso confronto politico e sociale che Christo considera come parte integrante dell’opera. Nel 1985, il Pont-Neuf viene finalmente ricoperto da un drappeggio di poliestere color giallo ocra che fa da sipario alle barche sulla Senna.
Finito il caffè e i fantastici pasticcini al burro, mi diriggo verso l’interno dell’edificio progettato da Renzo Piano che, dal 1° luglio al 19 ottobre 2020, ospita la mostra “Christo et Jeanne-Claude, Paris !”. Vuole essere un preludio alla titanica opera di Land Art che vedrà la luce nell’autunno 2021. Per sedici giorni, 40.000 alpinisti saranno mobilitati per vestire l’Arco di Trionfo di 25.000 metri quadri di tessuto riciclabile e 7.000 metri di corda rossa. Solo la fiamma perenne, che arde dal 1923 in onore dei militi caduti durante la Grande Guerra, resterà intoccata dall’opera di Christo.
L’installazione era inizialmente prevista ad aprile 2020. La Lega per la Protezione degli Uccelli ottiene però un rinvio a settembre in nome della tutela dei gheppi che in quel periodo nidificano sull’Arco di Trionfo. Nel mese di maggio, l’Associazione a Sostegno dell’Armata Francese lancia poi una petizione: “la sacralità dell’Arco di Trionfo, già violata durante la manifestazione dei gilet gialli del primo dicembre 2018, non può essere lesa di nuovo”. Christo riesce a dimostrare che non si tratta di un’offesa al simbolo della nazione poiché il progetto “consiste nell’abbellire, nel sorprendere, ma mai nel perturbare”. Sarà l’emergenza sanitaria a interrompere bruscamente la polemica: l’istallazione è rinviata al 2021. Il suo autore, però, non ci sarà. Christo è infatti deceduto il 31 maggio 2020 all’età di 84 anni.
La presidente del programma “Arc de Trionphe empaqueté”, Laure Martin, racconta che “già prima della morte della moglie Jeanne-Claude nel 2009, l’artista desiderava che l’opera venisse realizzata anche qualora fossero entrambi deceduti”. E Parigi accoglie questa volontà attraverso le parole del presidente del Centro dei Monumenti Nazionali, Philippe Bélaval: “Abbiamo a cuore la realizzazione di quest’opera per restituire all’artista un po’ dell’immenso amore che ha dedicato a Parigi”. Sarà allora Vladimir Yavachev, nipote di Christo, a dirigere i lavori attenendosi al campione in miniatura e ai numerosi studi di fattibilità già elaborati.
Parigi s’impegna così a esaudire un sogno nato nel 1962, quando il ritrattista bulgaro, allora ventitreenne, ignoto e squattrinato, crea con la sua amata un fotomontaggio dell’Arco di Trionfo avvolto da drappi di seta. Una visione eccentrica che dovrà attendere 59 anni per esser realizzata e alla quale Christo teneva moltissimo.
Infatti, quando il direttore del centro Pompidou, Bernard Blistène, gli propone generosamente di impacchettare il suo museo, Christo rifiuta. Vuole ammantare l’Arco di Trionfo. È infatti questo il monumento che ammira dalla sua mansarda dell’ottavo arrondissement quando giunge a Parigi in fuga dal comunismo bulgaro. In un’intervista rilasciata dall’atelier di New York, spiega che “si tratta di una struttura magnifica per essere reinterpretata come opera d’arte. Sarà come un oggetto vivo, che si muove nel vento, che riflette la luce. La superfice del monumento diventerà sensuale grazie al dinamismo delle pieghe. La gente vorrà toccare l’Arco di Trionfo”. Vestendo di una nuova pelle quest’opera classica, ispirata all’Arco di Tito e voluta da Napoleone per omaggiare i combattenti di Austerlitz, Parigi salda ancora con audacia passato e presente. Aderisce così a quella trasformazione che per Christo è il senso più profondo della creazione artistica. L’Arco di Trionfo non sarà più solo un’icona della città, ma il luogo di un’esperienza psicosensoriale in cui gli elementi naturali diventeranno tangibili.