“STEFANO CI HA LASCIATO! Due ore fa… era ricoverato da una settimana e per rispetto non ne avevamo mai parlato… oggi pomeriggio, dopo giorni di paura, sembrava che la situazione stesse migliorando… poi, stasera, la terribile notizia”. Con queste parole Roby Facchinetti annuncia la dipartita dell’amico fraterno nonché batterista storico dei Pooh, Stefano D’Orazio.
Non è mio compito discutere di come se ne sia andato o di quale fosse la sua importanza come “personaggio pubblico”, con quante donne abbia flirtato o di altre stupidaggini simili; io sono un fan e mi limito a riportare ciò che penso di aver appreso dalla sua musica. “A mio avviso fai cultura quando trasmetti un tuo messaggio a qualcuno” affermava a Franco Dassisti nel libro: “Quello che non sai” e credo che il messaggio che volesse trasmettere fosse quello del divertirsi nel fare musica, esattamente come si divertiva a farla lui. Polistrumentista di gran talento (anche se,a detta sua, era già tanto se suonava) batteria, voce e flauto traverso dei Pooh dal 1971, Stefano, è forse quello che più di tutti ha incarnato il vero spirito dell’appassionato di musica e non basterà di sicuro un brano per capire cosa realmente abbia dato alla musica ed ai Pooh. E penso a “Parsifal“, “Dimmi di Si“, “L’ultima notte di caccia“, “Io e te per altri giorni“, “La Gabbia“; tanti brani (ma mai troppi) che hanno composto l’articolato puzzle del musicista dietro all’uomo. Nel suo libro “Confesso che ho stonato” affermava: “io avevo riempito la mia vita di Pooh e nel mio litro di vita non c’è stato spazio per nient’altro fino al giorno in cui ho deciso di svuotare la mia bottiglia e lasciarla riempire di nuovi sapori”; e così quando la misura si colmò, quando tutto quello che poteva dire e dare era ormai finito decise di lasciare la band con l’umiltà e la sincerità di chi davvero amava quello che faceva. Ricordo di aver visto i Pooh al Teatro Augusteo nel dicembre 2012 con il tour di “Opera Seconda” ed alla batteria c’era Phil Mer (figlio di Red Canzian): era quello il tempo dell’avvicendamento dietro le pelli di vari turnisti (tra cui Steve Ferrone), e l’assenza di D’Orazio si sentì tutta, lo ricordo come fosse oggi. Ovviamente Phil è un grande batterista intendiamoci, un ottimo componente…ma troppo tecnico e troppo statico in quella formazione. Non tutti sono degni di ricoprire un ruolo e, per quanto fosse capacissimo (ripetiamolo), quel ruolo non fu mai davvero il suo.
Ci troviamo ad avviarci verso la conclusione di questo 2020 in maniera abbastanza mesta; più andiamo avanti e più non vediamo l’ora di lasciarci alle spalle questo brutto periodo. Purtroppo c’è poco da dire o da fare; possiamo e dobbiamo solo stare attenti perché con questa situazione non si scherza.
Però Stefano, tutto sommato, è stato un bel tempo il mio tempo con te.