Nell’ipocondria eseguire una ricerca compulsiva con diversi test diagnostici non migliora lo stato d’ansia anzi non fa altro che alimentarlo; tale situazione potrebbe essere comparata con l’attuale stato di emergenza, cercare senza appropriate conoscenze di base informazioni sul coronavirus potrebbe solo fomentare la paura ed il panico ed in particolar modo se tali informazioni sono prive di una solida ricerca di base. Le fake news quindi sono un grosso pericolo che accresce la nostra paura, ma che purtroppo in questo momento stanno dilagando senza freno.
Un argomento che sta molto circolando in questo periodo è la correlazione diretta tra epidemia del coronavirus e la tecnologia 5G.
A fomentare la polemica la pubblicazione del Tweet di Gunter Pauli, da inizio marzo consigliere economico del presidente del Consiglio, Giuseppe Conte. Nel testo, tradotto dall’inglese, si legge: “La scienza deve dimostrare e spiegare i principi di causa ed effetto. Ma prima osserva le correlazioni… Usiamo la logica allora. Qual è stata la prima città del mondo ad installare le reti 5G? Wuhan! E la prima regione europea? Il Nord Italia”.
Le correlazioni non sono cosa semplice, per fare un esempio banale riporto una simpatica storia sentita ad un convegno: “nel paese Talposto, si è notato che ad aprile di ogni anno vi è una migrazione di cicogne, nello stesso mese vi è un significativo incremento delle nascite, deduzione: le cicogne portano i bambini!”. È evidente che non vi è alcuna verità scientifica, ma i due eventi coincidono anche se non sono assolutamente correlati. Quindi dire che il 5G essendo stato installato a Wuhan o nelle città del Nord Italia, zone particolarmente colpite dalla pandemia, non significa che abbia portato il virus. A sostegno di questa tesi, si deve sapere che la rete 5G è stata attivata in molti altri comuni italiani dove non vi è stata una diffusione così clamorosa come in altre zone.
L’influenza dei campi elettromagnetici sul nostro organismo è di sicuro un tema scottante e di ricerca in campo medico già da diverso tempo, attualmente la società è strettamente a contatto con tali tecnologie consideriamo ad esempio gli impianti cittadini (antenne, ripetitori) e le apparecchiature wi-fi.
Per quanto riguarda l’influenza delle onde elettromagnetiche sulla nostra salute, il problema sembrerebbe maggiormente legato ad effetti di tipo termico, ma in genere i danni si realizzano in caso di alte intensità e dipendono dalla capacità delle onde di penetrare nei tessuti. Generalmente le frequenze alle quali lavorano i campi magnetici istallati nei luoghi pubblici utilizzano frequenze basse e potrebbero risultare dannose solo a stretto contatto (30 cm dalle spire di emissione); i dati scientifici attuali non dimostrerebbero un evidente pericolo per la nostra salute.
Come già citato in un nostro precedente articolo, sono stati pubblicati studi sia nazionali (https://doi.org/10.1016/j.envres.2018.01.037) che internazionali, che dimostrerebbero un aumento dell’incidenza di alcuni tumori rari (come lo schwannoma maligno) nelle cavie di laboratorio esposte a campi elettromagnetici a radiofrequenza. Come già detto, su questa discussione si è anche esposta anche la ICNIRP (International Commision on Non-Ionizing Radiation Protection), ente ufficiale che si occupa delle interazioni delle radiazioni sulla salute dell’uomo, commentando che pur se i suddetti studi siano stati condotti secondo le norme della buona pratica clinica, l’analisi statistica presenterebbe dei limiti metodologici che non permetterebbero di ritenere i risultati significativi.
I sopracitati studi valutavano il rischio di sviluppo di tumore, ma quali sono le correlazioni tra tecnologia 5G e Coronavirus? Molte notizie del web affermano che le radiazioni 5G indebolirebbero il sistema immunitario aiutando la diffusione del Coronavirus; tuttavia, diversi studi scientifici hanno indagato tale relazione e sinora nessuno studio ha scientificamente dimostrato tale correlazione con i livelli massimi di emissione stabiliti dalla legge (61 volt/metro secondo l’Unione Europea, soltanto 6 volt/metro in Italia). L’ICNIRP, ha pubblicato nel marzo 2020 le ultime linee guida ( https://www.icnirp.org/cms/upload/publications/ICNIRPrfgdl2020.pdf), nelle quali si evince che dopo lunghi studi non vi siano prove a supporto di tale tesi.
È chiaro che le osservazioni andranno avanti, un po’ come si fa per un farmaco che viene immesso in commercio e che entra nella Fase 4. Infatti anche un farmaco approvato dalle agenzie sanitarie, una volta commercializzato è soggetto ad osservazione da parte dei medici i quali hanno il dovere di comunicare eventi avversi noti e non noti dai precedenti studi.
Attualmente farsi prendere dal panico o avere paura non ci aiuta, anzi può portare le persone più sensibili e spaventate a gesti inconsulti quali dare fuoco a ripetitori 5G. Forse l’unica nota positiva del bruciare le antenne è quella di ridurre la comunicazione internet e magari diminuire la divulgazione di fake news!