Quando il nostro organismo è attaccato, si difende! Nel nostro corpo si scatena una vera e propria guerra fatta di strategie, coordinamento ed ovviamente soldati schierati in prima linea. Vediamo quindi quali sono alcuni dei principali protagonisti di queste battaglie e se le difese messe in atto dal nostro corpo possano essere efficaci contro il nostro attuale nemico comune: il coronavirus.
Nel nostro sangue e non solo, circolano diverse cellule adibite al controllo immunitario, generalmente possiamo chiamarle globuli bianchi o leucociti. I globuli bianchi sono una grande famiglia costituita da vari elementi ed ognuno svolge un ruolo fondamentale, i membri di questa famiglia si chiamano: neutrofili, linfociti, eosinofili, basofili e monociti. La risposta immunitaria del nostro organismo è molto complessa e gli attori sono svariati, per semplicità focalizziamo la nostra attenzione su una categoria speciale della suddetta famiglia i Linfociti. Questo tipo di cellule hanno un ruolo importante e cioè la produzione di anticorpi che si legano agli antigeni, gli elementi riconosciuti estranei dal nostro organismo, per attivare tutti i successivi meccanismi difensivi. Possiamo distinguere due tipi di anticorpi in particolare le IgM e le IgG. Il primo tipo, le IgM, sono sintetizzate precocemente, ovvero sono i primi anticorpi a essere secreti in ordine temporale e tendono a sparire in tempo. Le IgG, invece una volta prodotte resteranno per lungo tempo nel nostro organismo e sono quelle coinvolte nella memoria immunitaria, cioè una volta che un determinato virus ad esempio dovesse ritornare ad attaccarci, il nostro corpo ha già dei soldati addestrati a riconoscerlo e distruggerlo.
Ora ammettiamo che il virus in questione sia il Coronavirus; il nostro sistema immunitario è in grado di attivare le difese così prontamente e le IgG (i nostri soldati addestrati) saranno in grado di difenderci da ulteriori attacchi futuri? Per capirlo, però, si deve fare una premessa, il Coronavirus ha investito il nostro mondo in modo molto veloce e purtroppo ci ha trovato alquanto impreparati; lo stiamo imparando a conoscere e stiamo cercando di farlo nel modo più rapido possibile. È per questo che spesso troviamo notizie contraddittorie o informazioni non complete, poiché la comunità scientifica sta compiendo sforzi enormi in tempi brevi raccogliendo tutte le informazioni possibili per analizzarle e ottenere dati certi.
Un recente studio cinese pubblicato su Nature (https://www.nature.com/articles/s41591-020-0897-1.pdf), dimostra che il nostro organismo è in grado di produrre anticorpi IgM ed IgG specifici per il Coronavirus. In particolare 258 pazienti con diagnosi accertata di COVID-19, sviluppavano IgG dopo circa 17-19 giorni dall’inizio dei sintomi.
È importante sottolineare che la presenza di anticorpi, anche IgG, non necessariamente indica che il virus sia scomparso dal nostro organismo, infatti per un determinato periodo potrebbero ancora sussistere sia replica virale che la produzione di anticorpi.
Lo studio cinese sopracitato ci annuncia un’ottima notizia, ma si devono ancora valutare alcuni aspetti quali se la presenza di IgG ci difende da una nuova infezione o dall’eventuale sviluppo di malattia. Per essere preciso, vi potrebbe anche essere la possibilità di una nuova infezione, ma magari la presenza di anticorpi IgG impedisce lo sviluppo di una patologia con gravi complicazioni ed essendo il nostro organismo già addestrato potrebbe essere in grado di autolimitare il danno. Inoltre sembrano essere stati annunciati alcuni casi di reinfezione, ma vi potrebbero essere diverse ipotesi, come anomali risultati di laboratorio, possibilità di persistenza del virus nell’organismo per tempi superiori alla media o la possibilità di reinfezioni con un ceppo diverso di Coronavirus. Infatti, come sappiamo, i virus sono in grado di mutare anche in tempo relativamente breve ed in alcuni casi queste mutazioni li rendono capaci di mascherarsi ai nostri soldati immunitari addestrati.
I recenti studi ci dicono quindi che siamo ad un buon punto, non abbiamo ancora informazioni sulla possibilità di reinfezione, ma la comunità scientifica prima di divulgare notizie deve accertarsi della loro veridicità e per tale ragione sono necessari tempi tecnici e valutazioni opportune, poiché diffondere voci infondate potrebbe essere pericoloso e generare ulteriore panico.