Siamo spaventati e in situazione di allarme il nostro istinto di sopravvivenza attiva sistemi di difesa che in alcuni casi possono anche risultare pericolosi poiché irrazionali. Attualmente la difesa migliore resta l’isolamento ed in questo stato di allarme spesso cerchiamo e vediamo l’untore ovunque, abbiamo timore degli sconosciuti, dei colleghi, dei nostri vicini ed alcune volte anche dei nostri familiari. Si è già aperto il dibattito sulla pericolosità degli animali domestici nella trasmissione del SARS-CoV-2, ma è veramente così? I nostri fidati ed amati cuccioli domestici sono un vero rischio per la nostra salute? Da questa domanda però nasce un altro dubbio, se veramente i nostri animali fossero un reale pericolo, cosa siamo disposti a fare, cercheremo di curarli e trattarli come un nostro familiare o li abbandoneremmo e li allontaneremmo come si fa con un nostro nemico? Già nell’antica Grecia filosofi come Pitagora e Plutarco ponevano alla società le prime questioni morali sui diritti degli animali, ed oggi dopo oltre 2000 anni considero disumano trasformare una creatura da noi amata in un nemico da evitare.
Partendo dal presupposto che un animale malato meriti le stesse cure di una persona e considerando che il maggior veicolo di contagio del SARS-Cov-2 sia l’uomo, cerchiamo di capire cosa sappiamo ad oggi sull’andamento dell’infezione sugli animali domestici.
Di seguito quanto riportato dal Ministero della Salute: “Non esiste alcuna evidenza che gli animali domestici giochino un ruolo nella diffusione di SARS-CoV-2 che riconosce, invece, nel contagio interumano la via principale di trasmissione. Tuttavia, poiché la sorveglianza veterinaria e gli studi sperimentali suggeriscono che gli animali domestici siano, occasionalmente, suscettibili a SARS-CoV-2, è importante proteggere gli animali di pazienti affetti da COVID-19, limitando la loro esposizione”.
Sappiamo che il SARS-CoV-2, sembrerebbe aver avuto origine da animali selvatici e successivamente si sia diffuso nell’uomo. Le informazioni scientifiche ci dicono che sino al 2 aprile 2020, siano solamente 4 i casi documentati di positività negli animali da compagnia: e precisamente di due cani e un gatto ad Hong Kong e un gatto in Belgio. L’infezione di tali animali, però, sembrerebbe essere stata ereditata dai loro proprietari. Negli animali l’evoluzione dell’infezione può essere variabile, da asintomatica a malattia vera e propria. Nei due cani e nel gatto osservati ad Hong Kong, l’infezione si è evoluta in forma asintomatica, mentre il gatto belga avrebbe manifestato sintomi come anoressia, vomito, diarrea e difficoltà respiratorie che sono migliorate spontaneamente a partire dal nono giorno della manifestazione dei sintomi.
In un recente studio pubblicato l’8 aprile su Science(consultabile al seguente indirizzo: https://doi.org/10.1126/science.abb7015) si è valutata la possibilità di infezione del virus su alcune specie di animali (furetto, gatto, cane), inoculando direttamente nelle vie aeree il SARS-Cov-2. I risultati dimostrerebbero che il virus può replicarsi efficacemente nei gatti e può anche trasmettersi per via aerea. I cani, invece, sembrerebbero meno suscettibili all’infezione da SARS-CoV-2. Inoltre è stata testata anche la possibilità di contagio su maiali, polli ed anatre, ma tali specie non sembrerebbero essere suscettibili all’infezione.
Anche l’ANIMVI (Associazione Nazionale Medici Veterinari Italiani) ha prodotto un documento sulla gestione degli animali da compagnia in questa particolare situazione pandemica (documento consultabile al seguente indirizzo: https://www.anmvioggi.it/images/LINEE_GUIDA_COVID_PET.pdf). Nel seguente documento si afferma che: “Al momento non è dimostrato che gli animali possano fungere da diffusori dell’infezione, ma i pochi dati emersi nelle segnalazioni citate suggeriscono la necessità di indagare sul ruolo che gli animali da compagnia possano svolgere nell’epidemiologia del virus”.
Data la mancanza di dati e certezze, a livello prudenziale, il Ministero della Salute raccomanda di adottare comportamenti che riducano il più possibile l’esposizione degli animali al contagio, in fondo seguendo le stesse norme che applichiamo con noi stessi ed i nostri familiari, evitando, ad esempio, i contatti ravvicinati con un sospetto paziente infetto. Gli organismi internazionali raccomandano di mantenere le misure igieniche di base che andrebbero sempre tenute come il lavaggio delle mani prima e dopo essere stati a contatto con gli animali, con la lettiera o la scodella del cibo.
In attesa di dati più certi, credo quindi che i nostri animali domestici, essendo appieno membri della famiglia, meritino di essere trattati da tali e di mantenere tutte le opportune precauzioni per ridurre il contagio così come è corretto fare con gli altri familiari. Il mio parere è che potremmo noi essere più pericolosi per la salute degli animali domestici più di quanto non lo siano loro per noi.