In un prezioso manoscritto della Biblioteca Brancacciana si legge: «I speziali son così furbi, che spremono sino l’erba del muro, per averla per antidoto. Tutti poi son medici e ognuno si spaccia per primo uomo del mondo». Il testo si riferisce all’epidemia di peste del 1656 che colpì tutta l’Europa, ma con maggiore diffusione nel Regno di Napoli. Qui, infatti, la peste provocò 240.000 vittime su un totale di 450.000 abitanti.
L’epidemia si diffuse all’inizio dell’anno 1656 per concludersi definitivamente verso la fine dello stesso anno, anche se notevoli miglioramenti si ebbero già in estate grazie alle forti piogge che aiutarono le condizioni igienico sanitarie, molto precarie a quei tempi. Proprio come è accaduto con l’attuale pandemia di Coronavirus, ad aggravare l’evolversi della situazione fu il ritardo delle istituzioni nel prendere dei seri provvedimenti per evitare la crescita esponenziale del contagio. Anche allora, come adesso, furono vietati gli assembramenti e le pubbliche manifestazioni.
Anche allora, come adesso, ci fu chi ci trovò una spiegazione religiosa guardando alla peste come ad una punizione divina, chi diede la colpa al baccalà venduto a basso costo nei mercati (alla stregua dei pipistrelli venduti nei mercati cinesi) e chi se la prese con gli immigrati. Ed anche oggi, come allora, si fa la corsa all’antidoto miracoloso capace di salvare l’umanità ed arricchire le case farmaceutiche (“i speziali” dei giorni nostri). Infine anche oggi (e forse pure più di allora) “tutti poi son medici e ognuno si spaccia per primo uomo del mondo“; se a questo breve ed antico frammento testuale se ne potesse accostare uno contemporaneo ed omologo, la scelta ricadrebbe probabilmente su una delle più significative strofe del testo cantato col quale Francesco Gabbani vinse il Festival di Sanremo nel 2017: “Tutti tuttologi col web, coca dei popoli, oppio dei poveri…“!
Quello che sicuramente noi uomini contemporanei non avremmo mai immaginato era di poterci trovare nelle stesse identiche condizioni dell’umanità seicentesca, convinti che ormai potevamo dominare il mondo. Ciò che abbiamo trascurato è che, invece, siamo molto simili ai nostri antenati, e che come loro non siamo invincibili. Siamo addirittura più vulnerabili nella gestione di un’epidemia, che facilmente si tramuta in pandemia a causa degli stretti contatti (talvolta irrinunciabili) che oggigiorno intercorrono tra le nazioni di tutto il mondo. Abbiamo però una grande fortuna che, se utilizzata nel giusto modo, può permetterci di arginare i danni, ed è la tecnologia. Sì proprio lei, la stessa che ci ha fatto allontanare dai nostri familiari più stretti ieri, che ci faceva restare incollati ad un dispositivo invece di socializzare coi nostri coinquilini, adesso si sta rilevando fondamentale nel mantenere vive relazioni di ogni tipo (familiari, affettive, lavorative, etc).
La tecnologia ci permette di conoscere in tempo reale le notizie provenienti da tutto il mondo, ci permette di viaggiare anche se solo virtualmente, di leggere ed informarci. Oggi più che mai è lei la vera protagonista della nostra vita, colei che ci salva dalla solitudine e dallo sconforto. E mentre tutta l’umanità è costretta in casa, la natura esplode e si riappropria dell’ecosistema, come a volerci ricordare che non siamo necessari e che dovremo ritornare a camminare nel mondo col passo discreto di un ospite, e non con quello prepotente di un padrone. Adesso però, caro essere umano, non puoi fare altro che attendere il tuo turno per ritornare a vivere, perciò intanto “nella tua gabbia 2×3 mettiti comodo” (Occidentali’s Karma – Sanremo 2017).