A Napoli si usa una espressione quanto mai attuale per definire qualcosa di poco gradevole allo sguardo: “parite nu presebbio” (“sembrate un presepe”, traduzione per i nati da Caserta in su). Ecco, il Napoli di ieri sera sembrava proprio questo: un presepe con pochi pastori mobili e tanti Re Magi pronti a dispensare doni non già al “bambiniello” bensì al gigantesco e letale Romelu Lukaku. L’Inter di Antonio Conte è squadra forse ancora imperfetta ma affamata, dotata di enorme forza fisica, con una coppia di attaccanti assortiti in modo splendido. Il Napoli si presenta al San Paolo, nella sfida che avrebbe potuto ridare un senso al Campionato, vestito da pecorella, privo di giocatori importanti (Koulibaly, Maksimovic e Mertens) ma anche della giusta cattiveria per contrastare i meneghini che avevano negli occhi e nella testa solo i tre punti utili per riaffiancarsi alla Juve.
Dicevamo dei Re Magi: eh già, perchè se è vero, come è vero, che l’Inter in questo momento è superiore nettamente, va anche detto che tutti e tre i gol dei nerazzurri nascono da grossolani errori dei ragazzi di Gattuso che, probabilmente, non sa nemmeno in che guaio si stia cacciando. Dopo una prima fase di sostanziale equlibrio con entrambe le squadre a rendersi pericolose, l’Inter passa. Scivolone clamoroso di Di Lorenzo (schierato centrale al posto di Luperto), Lukaku si invola verso la porta di Meret e punta Hjsay che lo accompagna docile docile fino al limite dell’area, lasciando al belga la possibilità di calciare con il suo piede preferito. Gol dell’Inter ma la resistenza del terzino albanese è pigra più del Benito (o Benino) che beato dorme da tempo immemore. Il raddoppio, sempre di Lukaku, è un gentile omaggio di Meret che si oppone al tiro potentissimo, ma centrale, dell’attaccante nerazzurro, con la stessa forza con la quale il napoletano medio si è alzato da tavola il 25 dicembre.
E in Napoli? Affidarsi ad Insigne per quasi tutte le sortite offensive è inutile e dannoso: il capitano azzurro, nei primi 20 minuti, sbaglia tutto, compreso uno stop da prima elementare e una discesa solitaria conclusa con il (solito) tiro lento e fuori di tanto. Sul due a zero ci pensa Milik (e chi, sennò) a riaccendere la gara, segnando su assist di Callejon servito da Zielinski (il migliore ieri). Sembra il momento di svolta della gara ma il pari non arriva e, al ritorno in campo, i bollenti spiriti dei partenopei si raffreddano tanto che Manolas confeziona il terzo regalo che Lautaro scarta con gioia. Tra a uno e gara chiusa. Il resto è poca roba, qualche confuso tentativo azzurro, un rigore negato allo stesso Martinez, una traversa di Insigne, ma ormai non ci crede più nessuno.
Fischi, solo fischi ad una squadra senza alcuna velleità, nonostante le bugie di Gattuso in conferenza: se il massimo del Napoli è questo, allora preoccupiamoci seriamente del futuro. Nove punti nelle ultime 10 gare, una proiezione da brividi per il futuro che, con intervallo viola al San Paolo, vedrà i partenopei contrapporsi a Lazio e Juventus. Solo la vittoria di Sassuolo ha fatto si che la brutta classifica azzurra non sia drammatica.
Stiamo rapidamente perdendo la speranza: questa squadra non ce la fa, forse non vuole, forse non può. Quello che è certo è che questo triste campionato è ancora lungo, in Champions ci aspettano Messi e compagni e le prospettive sono davvero nere.
Nessuna notizia ancora dal mercato, una lentezza e un immobilismo esasperante anche per nomi che non scaldano i cuore nemmeno dei bambini che collezionano figurine.
Che qualcuno salvi il napoli.