“Caffè sospeso” è l’ultima fatica dello scrittore Christian Capriello, che con il suo secondo capitolo del commissario Acampora, dimostra di avere un talento innato per il genere del giallo noir. In questa nuova avventura, il poliziotto ci guida attraverso un intricato caso di Cronaca Nera, tra indizi da collegare e profondi pensieri esistenziali.
La trama ci cattura immediatamente con una serie di delitti efferati, i quali sembrano privi di un filo logico, se non quello di seminare terrore. Tuttavia, come un vero e proprio “pollicino investigativo”, Acampora dimostra acume e intuizione nel districare il groviglio di eventi, svelando l’identità dell’assassino feroce.
Capriello, come suo solito, descrive con maestria i fatti e le ambientazioni, accompagnando la narrazione con riferimenti culturali e note etimologiche che arricchiscono la lettura. La padronanza linguistica e la vena letteraria dell’autore emergono nitidamente, creando un’esperienza di lettura coinvolgente e stimolante.
Nel contempo, emergono le molteplici sfaccettature psicologiche del protagonista, che si muove tra la malinconia e l’ironia di fronte agli orrori che deve affrontare. La trama si sviluppa con un ritmo incalzante, tenendo il lettore con il fiato sospeso dalla prima all’ultima pagina.
Con “Caffè Sospeso“, Capriello conferma il suo talento nel creare romanzi imperdibili, capaci di appassionare e emozionare allo stesso tempo. Questa nuova opera è un vero e proprio “caffè sospeso” letterario, da gustare tutto d’un fiato.
Cosa ti ha ispirato a scrivere questo romanzo? Qual è stata la tua fonte di ispirazione principale?
Il commissario Luigi Acampora è diventato un po’ come una seconda pelle. L’ispirazione è continua e promana direttamente dalle persone, dal loro modo, talvolta strambo talvolta misterioso, di vedere il mondo e di viverlo giorno dopo giorno. L’espressione “Viviamo in tempi difficili” ha perso ormai di significato, laddove il disagio e l’insoddisfazione maramaldeggiano nel quotidiano alzando sempre più l’asticella e creando sempre più confusione, nei cuori, nelle menti, nelle anime. Ed è anche per questo che l’ispirazione trae origine dal costante tentativo di trovare la sintesi del variegato e complesso quadro generale delle aure nascoste della gente. Donne e uomini. Quasi mai tranquilli e soddisfatti, molto più frequentemente improntati ad assecondare nemmeno troppo recondite brame di vendetta; desiderosi di rivalsa, orgogliosi del proprio essere ma anche attenti a comprendere se possono trasformarsi in qualcos’altro; magari, in quel qualcosa che, a livello inconscio, avevano sempre desiderato essere. Ho sempre pensato una cosa: ognuno di noi è uno scrigno del quale non è scontato che se ne possieda la chiave. Quest’ultima, in linea teorica, potrebbe addirittura non esser mai trovata nel corso della propria esistenza…
Come hai sviluppato il personaggio del commissario Acampora? C’è qualcosa di te in lui?
Di me, in lui, c’è quel tanto che basta a poterne governare quantomeno i tratti salienti. Ma sappiate che Luigi Acampora è sempre più un individuo autonomo, con una propria etica, con personalissimi punti di vista, talvolta anche piuttosto lontani dai miei. Diciamo che io e lui, presi nell’insieme, costituiamo una versione molto attenuata di quello che in genere suole definirsi “Gemelli diversi”. Ma anche lui, quando è da solo, è sovente in contrasto con se stesso. In un solo corpo posson dirsi coesistere due uomini di segno opposto, spesso in combutta tra di loro. Così come quanto, al contempo, riescono a essere migliori amici l’un dell’altro. Come due fratellini litigiosi, ma che non riuscirebbero mai a fare a meno l’un dell’altro. Un individuo dove Istinto e Prudenza combattono senza tregua e con armi piuttosto affilate, pur tuttavia quasi mai prevalendo del tutto l’un sull’altra.
Qual è il messaggio principale che desideri trasmettere attraverso “Il caffè sospeso”?
Il messaggio per il lettore è semplice e quasi di tenore narcisistico: lasciarsi trasportare dal contesto sin dalla prima pagina, perché l’obiettivo dello “scrivente” (definirsi scrittore ab initio è sin troppo abusato e autoriferito) è di intrattenere ma anche di indurre a pensare. La riflessione che pongo è che il sonno della ragione sa e adora generare mostri che all’occorrenza, quando è ormai troppo tardi, finiscono per non essere più governabili. Auspico a riguardo molta prevenzione nelle famiglie, nelle scuole, nei luoghi di lavoro, nelle comunità in genere. Perché l’Angelo o lo Stilista potrebbero celarsi tra noi in quella maniera così silenziosa cui solo il “Male Puro” sa conferire un tal livello di “riservatezza” e “discrezione”. E su questo occorre vigilare. Perché, una volta proiettati nel colloso limbo dei sogni spenti, la vita sa diventare un crinale impervio, franoso, invero vincolato a scorrere in unica direzione. Assestare qualche volenteroso e salvifico sacchetto di sabbia per arginarne gli effetti, già prima di inoltrarvisi, potrebbe rappresentare una scelta saggia e lungimirante.
Come hai affrontato la creazione dell’atmosfera noir nel romanzo? Quali sono state le tue influenze principali in termini di stile e tonalità?
Creare un noir è divertente, questo è indiscutibile. Creare un’architettura “Crime” è complicato almeno quanto sa intrigarti l’annessa sfida, consistente nella necessità assoluta del doverla saper rappresentare in una forma efficiente e senza svelare troppe carte alla volta. Il “Nero”, come dice Maurizio De Giovanni, è molto seguito proprio perché rappresenta una confortante finzione. Un qualcosa da cui poter rifuggire semplicemente riponendo il volume sul comodino, a fronte dei disagi e delle amarezze reali. Quelle da cui non si scappa semplicemente socchiudendo gli occhi o facendo ricorso a qualche nuova uscita sui canali Pay-per View.
La mia influenza principale? La ferrea convinzione di dover prescindere da qualsiasi tipo di influenza. Il mio desiderio è sempre stato quello di tirar su uno stile originale, tutto mio, di quelli che se non leggi il titolo dell’autore e fai un test di lettura a qualcuno, questi potrà riconoscerti tra mille. L’obiettivo è ambizioso, ma è altrettanto vero che i risultati stanno dando ragione a Luigi Acampora. Il suo personaggio è “attenzionato”, e per ora non posso dire molto di più. Anzi, non lo disturbate troppo. È già tutto intento a proiettarsi nella prossima avventura. Che prometto riservare clamorosi colpi di scena. Restate sintonizzati sulle frequenze del commissario. Sappiate che ne varrà la pena.
C’è qualche dettaglio o particolare del romanzo che desideri sottolineare o che pensi sia importante per i lettori cogliere?
Un particolare? Ce ne sarebbero tanti, perché i libri del commissario Luigi Acampora vanno letti tutti d’un fiato e, forse, anche più di una volta per poterne cogliere appieno ogni sfumatura. Tuttavia, vorrei che il lettore percepisse una cosa su tutte: la passione che metto nella mia scrittura e in tutti i miei libri, a prescindere dal genere, perché ormai in tanti sanno che amo essere trasversale.
Quindi, di cuore, Buona Lettura!
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