Natale si avvicina, e come da tradizione tutto deve farsi natalizio in qualche modo. Certo sembra difficile ricavare un racconto horror dalla narrazione sacrale, ecumenica (e talvolta zuccherosa) del 25 dicembre. Non che sia impossibile rovesciare la carica emoptiva di una tradizione, in realtà. Tutto sta nel provarci. Qualche anno fa ad esempio, la follia di Grant Morrison ricavò dal mito di San Nicola (Babbo Natale) l’assurdo e gustosissimo “Happy!”, delirio psichedelico di magia, violenza e criminalità nel più puro sprito del Natale.
Allontanandoci per un attimo dall’horror (e dal fumetto) vale la pena di ricordare anche i Pogues, che con la dissacrante “Fairy tail of New York”, nel 1987 fecero emergere tutta la tensione e il disagio nascosti dietro la gioia delle celebrazioni istituzionali.
Per questo Dampyr 237 però, Claudio Falco e Francesca Scotti hanno preferito rivolgersi ad un’altra tradizione. Un mito collaterale a quello di San Nicola, che si presta molto meglio alle atmosfere dampyriane, poggiandosi costitutivamente sulla terrore e la minaccia: quello dei Krampus.
Diffusa nella zona di linga tedesca, la figura del krampus è rimasta particolarmente popolare nella zona del trentino, tanto che a Bressanone si organizza il 5 dicembre (festa di San Nicola) una impressionante parata in loro onore.
Il rito ha origini antiche, e conserva una radice educativa pre-montessoriana, come nota il redazionale di Dampyr. In ossequio ad un principio di equilibrio, se San Nicola/ Babbo Natale distribuisce doni ai pargoli buoni e rispettosi dell’autorità, per quelli cattivi deve essere prevista una punizione. A pensarci sono i krampus ovviamente: mostruosi demoni dalle fattezze caprine, che li rapiscono per punirli con fruste e altri simpatici ammennicoli. E poi li mangiano, probabilmente. Sono pur sempre demoni bestiali. Non proprio una sanzione rieducativa, ma così va il mondo avrebbe commentato il vecchio Vonnegut.
Per inciso, Krampus è anche una canzone degli Houndmouth. Costruita sul tema del viaggio, il pezzo restituisce un senso di nostalgia e di ritorno con uno sviluppo strumentale progressivo, tutto avvitato attorno ad un testo di appena quattordici parole, ripetute ossessivamente. Particolarmente ambiguo lo slittamento dell’ultima strofa, soprattutto alla luce del mito da cui origina il titolo…
Date le premesse Fabrizio Longo ha gioco facile a evocare nel volume le atmosfere lugubri di un trentino rurale d’inizio ottocento. L’oscurità di notti invernali fredde e piene di pericoli viene popolata da un esercito di figure demoniache, degne di un bestiario medievale. E di quelli particolarmente educativi anche.
In questo contesto si sviluppa una sorta di thriller dalle radici antiche, cruento e oscuro. Krampus è un racconto notturno, capace, in alcuni passaggi, di evocare con una brutalità quasi disperante le potenze ctonie della notte e della natura selvaggia. A cominciare dalla sequenza iniziale: nella leggenda San Nicola è la figura salvifica, anche se un pò ambigua, in grado di tenere sotto controllo quelle potenze, di fermarle e indirizzarle verso un ordine quasi sacrale, che assegna alla violenza e alla paura una funzione sanzionatoria. I due sceneggiatori si inseriscono proprio in quello spazio di ambiguità sotteso allo strano rapporto tra il santo e i demoni. Tolta la maschera sacrale di San Nicola, viene rivelato che il suo posto è stato preso da qualcos’altro. Qualcosa che, nel mondo di Dampyr, appartiene più al mondo della notte che al momento dell’alba, che è legato molto più ai krampus che all’umanità, e che anzi potrebbe essere anche peggiore dei demoni. Chi o che cosa è questa figura? Nel racconto non viene rivelato. In questo modo, soprattuto nel finale, Krampus recupera l’eredità dampyriana di un vecchio nemico, aprendo però, probabilmente, ad un prossimo ciclo narrativo.
Dampyr 237 – Krampus
Autori: Francesca Scotti, Claudio Falco, Fabrizio Longo
Casa editrice: Sergio Bonelli Editore
Prezzo: 16×21 cm, pp. 96, b/n, € 3,90