Si conclude il doppio episodio dedicato allo scrittore Robert E. Howard, padre di Conan il Barbaro, visionario narratore di avventura, e amico di penna del collega Howard Philip Lovecraft. Proprio con l’immaginario dell’amico e collega è intrecciata la sua vicenda, come visto nel volume precedente.
In questo numero 247, i piani dei lovecraftiani mi-go vengono parzialmente approfonditi, lasciando però molto altro nel dubbio. Segno chiaro del fatto che la trama principale dei prossimi numeri vedrà le ombre di Yuggothtra i protagonisti.
Al di là delle vicende aliene però, è proprio la figura di Howard ad occupare la scena. Boselli e Genzianella continuano a ricostruire la travagliata vicenda umana e sentimentale dello scrittore texano, morto suicida all’età di 30 anni. Ripercorsi attraverso il ritrovato diario di Novalyne, gli ultimi anni di Howard restituiscono la figura tragica di un sognatore aperto su mondi infiniti, ma intrappolato nell’orizzonte limitato della profonda provincia americana dei suoi anni.
Ambivalente, tra il duro fiero della propria diversità e il prigioniero fragile di una solitudine auto-inflitta, nel racconto di Boselli Howard diventa più di uno scrittore di Weird Tales. Esattamente come Lovecraft, la sua immaginazione esplosiva sembra suggerire un legame concreto con realtà trans-dimensionali, che lui stesso faticava a comprendere. Un legame che lo spinge perennemente al di là della propria realtà, a preferire quei mondi molto meno prosaici. Grandiosi quanto le sue storie.
Così, realtà e immaginazione si confondono nella vita dello scrittore, a tal punto che lui stesso fatica a distinguersi dai propri personaggi. Si aggrappa all’idea della metempsicosi e della memoria delle vite precedenti, resa famosa nell’America degli anni di Howard da Il vagabondo delle stelle, ultimo romanzo di Jack London. Uno strumento che gli permette di fuggire dalla propria stretta quotidianità e rifugiarsi nelle proprie sconfinate fantasie. Un ponte esile ma vitale, che gli permette di collegare fantasia e realtà: le avvenute di cui sogna e scrive, sarebbero in fondo vicende realmente accadute ad un suo antenato o – che è lo stesso – ad un sé di una vita precedente. I suoi sogni e i suoi racconti dunque, nient’altro che ricordi ancestrali. E come tali veri, reali, concreti quanto la sua vita, sebbene relegati in un passato perduto.
Ma se la vita di Howard può essere spiegata attraverso i linguaggi dell’emotività, della storicità e della psiche, la sua figura di scrittore visionario e personaggio sopra le righe lo consegnano, anche dopo la sua prematura e drammatica fine, alla dimensione del racconto. La vicenda umana di Robert E. Howard è stata realmente raccontata da una delle sue dirette testimoni: l’insegnante Novalyne Price Ellis – con cui lo scrittore ebbe una breve relazione –, in un libro dal titolo One Who Walked Alone. Del libro esiste anche una trasposizione cinematografica: The Whole Wide World del 1996, diretta da Dan Ireland, con Vincent D’Onofrio e Reneè Zellweger. Ma era impossibile non associare un tale personaggio a quell’immaginario eroico, avventuroso e per certi versi oscuro a cui è stato associato e che lo ha attratto per tutta la vita, sia da scrittore che da lettore. Così, proprio attraverso il recupero di un “vero” e inedito diario della Ellis, Boselli fa irrompere il fantastico e l’orrorifico nella “vita” dello scrittore, divenuto suo personaggio. In questo modo ne fa una figura eroica, solitaria e irriducibile. Uno che “avanzava da solo”, per parafrasare la stessa Ellis. Insomma, uno dei personaggi di Robert Ervin Howard.