E quindi uscì a riveder le stelle è un libro di Andrea Castronovo, autore di Ravenna che debutta nelle librerie con una storia a tema LGBT. Protagonista è Tommaso, giovane del sud Italia che lascia la sua casa nella sonnolenta provincia e va a lavorare a Milano. Tommaso, come tanti altri ragazzi è stato vittima di bullismo ed omofobia, oltre a subire l’ostruzionismo emotivo dei parenti, interessati più a cosa pensa la gente del paese che al proprio figlio. Tommaso scappa, forse anche da se stesso, va sta a stare da Edo, l’amore della sua vita. Ma nulla scorre in modo giusto, presto sorgono i primi problemi. Tommaso è fragile, emotivo si rifugia in se stesso e .. forse ha un dono, il poter andare oltre l’umana percezione fino ad arrivare davvero a parlare con le stelle. Ma è davvero un dono il poter comunicare con altre dimensioni? Oppure è tutto nella sua testa?
Il libro fa nascere vari spunti di riflessione sull’amore, sui rapporti tra uomini e sulla fragilità psichica di chi non è forte come vorrebbe essere e si rifugia in mondi personali.
Uno spaccato drammatico sulla corsa alla normalità di un ragazzo come tanti che sogna l’amore, la stabilità e una famiglia tutta sua.
Ne parliamo con Andrea Castronovo
Prima parte
Salve Andrea, parlaci un po’ di te.
Innanzi tutto, grazie Carlo per l’opportunità che mi dai di parlare del romanzo, di tematiche così difficili da trattare, sulle quali si discute tanto ma a mio avviso, c’è ancora moltissimo da fare: accettazione, bullismo, uguaglianza. Tornando a me, devo dire che non sono abituato molto a descrivermi, sono più un osservatore degli altri che di me stesso, forse per questo ho sentito il bisogno di cominciare a scrivere, avendo tante vite da raccontare. Quello che posso dire è che, durante gli anni, ho cominciato ad avere certamente le idee chiare su come sono invece gli altri a vedere me: una persona un po’ schiva, riservata e formale, forse troppo, ma è solo una “fottuta” barriera iniziale. Sono laureato in chimica industriale, conquistato alla fine più dall’aspetto filosofico e alchemico che permea questi studi, rispetto a quello puramente tecnologico.
Tra una sintesi organica e una spettroscopia di massa, mi avvicino ben presto al mondo del teatro, seguendo vari corsi amatoriali nel fertile sottobosco bolognese. Lì vengo folgorato da Shakespeare. Nonostante il grande trasporto per il lavoro teatrale, seguo la strada di una professione più canonica e per un po’ il mio lato creativo viene messo a dura prova. Sempre grazie all’attenzione verso l’aspetto umano, comincio ad interessarmi alla comunicazione, formandomi in programmazione neurolinguistica e successivamente, sempre più convinto dell’importanza del valore individuale, approdando a ciò che ritengo l’esperienza professionale più intensa: il coaching umanistico.
Diplomandomi presso la Scuola Italiana di life coaching, riabbraccio tutte le passioni sopite, riportando a galla l’amore per il teatro, per la narrazione della profondità umana e al contempo della sua leggerezza. Con la guida del drammaturgo Eugenio Sideri, scrivo numerose sceneggiature teatrali, alcune delle quali vengono messe in scena in teatri a Roma e Ravenna. Grandi attori e registi attraggono la mia attenzione, diventando allievo di alcuni di loro, come Pupi Avati, Lina Wertmüller e Giancarlo Giannini.
Unendo coaching e teatro ho condotto seminari scolastici che hanno portato alla messa in scena di spettacoli per le scuole, e che mi hanno visto coinvolto come regista e sceneggiatore. La mia prima pubblicazione come scrittore avviene a seguito dell’incontro col maestro Gianluca Morozzi, in occasione di un corso da lui tenuto. Qualche mese fa ho terminato questo mio primo romanzo, che considero “l’avventura più bella della mia vita”.
Quanto c’è di biografico nel tuo libro?
Nonostante ci si sforzi sempre di scrivere qualcosa di distante da noi, per forza di cose, anche se ci si mette tutto l’impegno, si finisce sempre per raccontare ciò che conosciamo. Devo dire che, per fortuna, non sono mai stato vittima personalmente di violenze fisiche o minacce verbali, non ho mai vissuto condizioni al limite come quelle descritte nel romanzo, ma devo dire che purtroppo ho conosciuto ragazzi, ragazze, così come persone più adulte, che faticano e non poco ad accettare il loro vero “io”, per la paura di non essere accolti, dalla famiglia, dalla società, e vivono tuttora in penombra, in mondi sotterranei che si sono cuciti addosso su misura al fine di avere il minor impatto possibile sul mondo. Queste vite mi affascinano. E se cerco di entrare nei loro pensieri, mi immagino un mondo fatto di sottili equilibri, logiche personali, paradigmi al limite, costruiti solo per giustificare la loro condizione, solo per evitare di fare quel passo verso l’esterno che gli permetterebbe di iniziare finalmente a vivere.
Quindi sì, qualcosa di mio c’è, credo che sia inevitabile, ma ci sono anche molte cose che ho rubato dalle vite altrui. In fondo penso che sia questo uno scrittore: un ladro di vite.
Nei tempi moderni è ancora così difficile e inaccettabile fare coming out?
Devo ammettere che negli ultimissimi anni le cose sono un po’ cambiate. Mi riferisco alla situazione italiana che è quella che conosco meglio. Amici coetanei, ormai genitori, riferiscono che nelle classi dei loro figli alcuni ragazzi hanno fatto coming out o semplicemente hanno avuto la maturità di esprimere le proprie preferenze sessuali, e tutto questo è stato ben accettato dai compagni. Ma ammetto di vivere in una regione, l’Emilia-Romagna, che da sempre è stata una delle più inclusive a livello sociale sotto tutti gli aspetti, e di questo dobbiamo solo ringraziare chi ha lavorato tanto per permettere che questo accada.
Purtroppo, però, gli episodi di intolleranza e le difficoltà a fare coming out, non sono diminuiti. Siamo un paese drasticamente sempre in movimento, centro del Mediterraneo, punto di incontro di molte culture, tutte diverse tra loro.
Io, ad esempio, ho fatto coming out definitivamente solo alla veneranda età di 52 anni, con l’uscita di questo mio romanzo.
Le lettere a Rose mi sembrano delle missive spedite alla sua stessa coscienza, l’unica opportunità che lui da a se stesso di essere sincero, mi sbaglio?
Ti ringrazio Carlo, perché l’interpretazione che dai al rapporto tra Tommaso e Rose è molto affascinate, quanto personale.
Uno degli aspetti di questo romanzo è che, infatti, sta nel lettore decidere che ruolo rivestano i personaggi in questo scambio di piani esistenziali. Si può credere che Rose sia un personaggio in carne ed ossa, oppure un’anima che vagando alla ricerca di qualcosa si sia impossessata di Tommy. Si può pensare che sia la sua coscienza, come dici tu. Un angelo, un’illusione ossessiva, o ancora l’ennesimo alieno. Ma se Rose esistesse davvero? In base a come verrà interpretato il ruolo dei personaggi, in base al piano di lettura cu cui verrà maggiormente coinvolto il lettore, ognuno potrà approdare ad un suo significato personale della storia.