In occasione del conferimento del Premio Presidente della Repubblica 2016 per la Scultura a Giovanni Anselmo (Borgofranco d’Ivrea, 1934), l’Accademia Nazionale di San Luca ha dedicato all’artista, residente a Torino, la mostra dal titolo “Giovanni Anselmo. Entrare nell’opera”, una retrospettiva che ripercorre gli oltre cinquanta anni della sua attività artistica, fino al 31 gennaio 2020. Per celebrare l’assegnazione del premio, l’Accademia Nazionale di San Luca ha invitato l’artista a disegnare un percorso espositivo appositamente pensato per gli spazi della propria sede, Palazzo Carpegna, ubicata in piazza dell’Accademia di San Luca 77, a Roma.
Giovanni Anselmo è uno dei grandi artisti dell’Arte Povera, pur non avendo frequentato scuole d’arte. Alla fine degli anni Cinquanta inizia a lavorare come grafico in uno studio pubblicitario e, parallelamente, si esercita autonomamente nelle tecniche della pittura. Verso la metà degli anni Sessanta, abbandona le sperimentazioni pittoriche, per concentrarsi in quei primi lavori che mostrano linee di tensione, realizzate con tondini di ferro in stretta relazione con l’energia della forza di gravità e l’equilibrio, che si rivela se appena sfiorate. Da quel momento, costante nella sua opera è l’attenzione verso l’energia, la gravitas, la posizione spaziale, e l’esprimersi attraverso tensioni di spinte opposte. Concetto e contenuto reale si congiungono in un’unione non narrativa, tra finito e infinito, tra visibile e invisibile, in una costante dimensione poetica dell’esperienza assolutamente non retorica e candidamente umana. In mostra ci sono 27 opere appositamente selezionate dall’artista, tra le più significative dell’intera sua produzione. Opere per la maggior parte di grandi dimensioni, che spaziano dalla fine degli anni Sessanta ad oggi, provenienti, oltre che dalla sua collezione personale, da importanti istituzioni, gallerie e raccolte private italiane.
Numerosi e di varia natura i materiali utilizzati da Giovanni Anselmo per le sue opere: dal ferro e stoffa di “Torsione” (1968), in cui una serie di strisce di fustagno agganciate al muro per le due estremità ed attraversate da una sbarra di ferro, viene ruotata fino ad ottenere la massima torsione possibile e quindi poggiata contro il muro in modo da impedire il movimento di ritorno. L’osservatore si trova così di fronte ad un fenomeno fisico in atto, capace di stimolare una riflessione sull’identità tra arte ed energia e di liquidare la tradizionale equazione tra arte e forma.
“Torsione”- Giovanni Anselmo.
Con la spugna di mare e ferro l’artista ha realizzato “Respiro” (1969), è un’opera che accosta un elemento naturale, soffice ed elastico a un prodotto industriale, pesante e compatto. L’opera vive dell’energia liberata dall’incontro tra i due materiali: variazioni di temperatura producono un’alterazione, sia pure minima, nelle dimensioni delle travi di ferro che a loro volta modificano la forma della spugna.
“Respiro”- Giovanni Anselmo.
Dalla fotografia stampata su tela, invece, ha realizzato “Entrare nell’opera” (1971). Anselmo colloca una fotocamera su un cavalletto puntando l’obiettivo verso il prato che gli sta davanti, scegliendo la modalità dello scatto ritardato. Poi preme il pulsante e inizia a correre, dando le spalle all’obiettivo. Ne risulta una foto in cui l’artista è ritratto di spalle, in movimento. Il titolo risultato dell’azione è particolarmente significativo: Entrare nell’opera. È aperto, polisemico, in cui le possibili interpretazioni si sovrappongono e si fondono. È innanzitutto Anselmo ad entrare fisicamente, correndo, nella natura. Nel contempo egli entra con la propria presenza personale nell’opera d’arte che sta realizzando: la foto che ne risulta è un autoritratto, sebbene di spalle e sfuggente. Ma c’è un terzo grado significativo a cui il titolo allude, rivolto all’osservatore: l’immagine fotografica documentativa consente allo spettatore i medesimi gradi di libertà dell’artista, permettendogli di entrare doppiamente nell’opera (cioè sia nella natura stessa che nell’azione di Anselmo). L’artista carica così emotivamente lo spettatore affidandogli un ruolo centrale, non differente dal proprio, scambiando i punti di vista tra soggetto attivo che osserva e oggetto guardato.
“Entrare nell’opera”- Giovanni Anselmo.
Con la pietra, cavo d’acciaio e pigmento è stata realizzata, “Verso Oltremare” (1984), formata da una grande lastra in pietra di forma triangolare. Posizionata quasi verticalmente, la stele è mantenuta in equilibrio grazie a un cavo d’acciaio, in modo che il vertice superiore tenda, senza toccarlo, a un piccolo rettangolo di blu oltremare dipinto a parete. L’oltremare enunciato nel titolo è il nome che definisce il tono del colore utilizzato per l’intervento pittorico, così chiamato in riferimento all’origine del minerale, anticamente importato in Europa da terre lontane, “al di là del mare”, e utilizzato per produrre il pigmento. Come alla ricerca di un altrove non definito, mentalmente oltre le pareti, l’opera indica un desiderio costante.
“Verso oltremare”- Giovanni Anselmo.
In “Mentre la terra si orienta” (1967/2019) a testimonianza di una attenzione verso le qualità delle cose e verso la loro intrinseca particolarità ed energia che, incrociando altre energie, riverbera per divenire fatto poetico, orientato ad accogliere nell’arte il tutto, esso è inserito in uno strato di terra. La verità dell’elemento naturale all’interno della sala espone la necessità dell’azione del campo magnetico terrestre, mettendo ciascun spettatore a confronto diretto con la maestosa preponderanza delle forze fisiche che reggono l’universo.
“Mentre la terra si orienta”- Giovanni Anselmo.