E’ allestita nelle sale di “Villa Pignatelli” a Napoli, in Riviera di Chiaia 200, la mostra di Juergen Teller, intitolata “HandBags”, curata da Mario Codognato e da Adriana Rispoli, fino al 19 maggio 2019. E’ l’ultimo progetto del poliedrico artista e figura iconica della fotografia contemporanea. Provocatorio e spesso irriverente, il suo stile è inconfondibile: una matrice istintiva, con cui coglie la spontaneità delle situazioni e dei personaggi in una atmosfera ludica. E’ l’opposto di una fotografia oggettiva e razionale, nel suo lavoro si fondono moda, pubblicità, biografia e documentazione. Un progetto appositamente concepito per Napoli e totalmente dedicato a scatti contenenti un feticcio della moda: la borsa. Accessorio essenziale e superfluo, oggetto chiave nell’industria del fashion difficile da rappresentare, questo oggetto è un espediente per raccontare la contemporaneità. La mostra presenta più di 600 fotografie, tra cui le “tear sheet”, prove di stampa della pubblicazione. Alla base della sua filosofia c’è l’istantaneità, oltre all’intimità, alla quotidianità, alla vita privata e all’arte, come accade, oggi, nei social network.
Percorrendo le sale di Villa Pignatelli, ci si imbatte in immagini con modelle che indossano borse in tutte le fogge e dimensioni, di materiali diversi, grandi o piccole, dai colori accesi e sfavillanti; oggetto da valorizzare, accessorio assunto a valore di simbolo, ripreso con punti di vista inediti ed originali. Sono istantanee che immortalano contesti urbani e naturalistici o con sfondi neutri, modelle riprese nell’intimità di gesti quotidiani o in pose stravaganti. Osservando le centinaia di immagini di piccolo formato mescolate in sequenze, si ha la sensazione di trovarsi di fronte ad un catalogo scompaginato, in cui l’artista racconta il suo mondo, accompagnato da esponenti del mondo dello spettacolo, dell’arte e della musica. Proprio con quest’ultima disciplina, Teller arriva al successo affiancando la band americana i Nirvana nel loro tour, “Nevermind”. Sono le copertine dei dischi, i ritratti di Bjork, Courtney Love e Sinead O’Connor che lo portano alla ribalta del grande pubblico, immortalando altre celebrità, tra i quali: Arnold Schwarzenegger, Elton John, Sofia Coppola, Boris Mikailov e Charlotte Rampling.
In una delle sue dichiarazioni Juergen Teller ha affermato: ”La cosa sola che mi interessa è l’interazione fra due persone, di cui una sono io, il fotografo”. E questo rapporto si nota negli scatti intimi e familiari, quelli fatti al figlio e alla madre, velati da una vena malinconica, sempre toccanti nella loro naturalezza, in una sincera ricerca della verità. Anticonvenzionale e provocatorio, autobiografico e narcisista, egli immortala anche sé stesso in un esibizionismo spinto all’eccesso, ma sempre ironico e umoristico.
Quando passa alle campagne pubblicitarie di moda, si avvale dello stesso metodo libero e scanzonato con una operazione trasgressiva contro l’establishment. Utilizza un approccio scevro da qualsiasi stereotipo, con uno sguardo originale e insolito e una visione istintiva e immediata. Teller rivoluziona il sistema dell’uso delle immagini e scombussola una realtà fittizia costruita sulle fotografie glamour e patinate tese alla valorizzazione di uno status symbol. Si instaura una nuova estetica fotografica, da lui stesso definita:”diretta, romantica e brutale allo stesso tempo”, che dà dignità a bellezze anticonvenzionali e a contesti normali e comuni, come quelli che si ritrovano negli scatti di Nan Goldin. Nelle immagini esposte, la vita scorre veloce, ed è facile cogliere il riferimento alle categorie del reale e alla banalità del quotidiano, in sintonia con la poetica del fotografo William Eggleston.
Sofia Coppola, Asia Argento, Kate Moss, Tilda Swinton, Milla Jovovich, John Malkovich, Winona Ryder, Gisele Bundchen, Helena Bonham Carter, Miachael Clark, Victoria Beckham sono alcuni dei personaggi riconoscibili nelle fotografie, a cui si aggiunge lo scatto di sé stesso senza veli con la sua musa Charlotte Rampling nelle stanze dell’hotel parigino dove ambientò il lavoro Luigi XIV, oppure accanto a Cindy Sherman in un reciproco gioco di travestimenti.
Insieme a Corinne Day e Terry Richardson, utilizza la cultura dello snapshot. Dalle immagini in mostra si percepisce che il suo processo di elaborazione estetica lo porta ad avere uno sguardo fotografico non così ingenuo e spontaneo come potrebbe sembrare. Infatti, dietro l’apparente immediatezza della ripresa e l’esaltazione dell’ordinario e della quotidianità finalizzati a una resa semplice e naturalistica, si cela un accurato studio dell’ambientazione e del soggetto, della costruzione analitica dell’immagine e una attenzione quasi maniacale all’impaginazione e all’uso sapiente della luce.