Il Premio Mastercard Letteratura e il Premio Mastercard Letteratura – Esordienti verranno assegnati ad opere di narrativa italiana. Il nuovo riconoscimento per la narrativa italiana sostenuto da Mastercard con l’obiettivo di essere vicini a chi, in Italia, coltiva la passione per i libri. Possono concorrere le opere di narrativa italiana finite di stampare tra il marzo 2019 ed il febbraio 2020.
All’opera vincitrice del Premio Mastercard Letteratura viene attribuito un premio in denaro del valore di 10.000€ ed un ulteriore premio del valore di 50.000€ che il vincitore dovrà devolvere in beneficienza a un’Organizzazione Umanitaria, scegliendola tra quelle preselezionate che sono: Busajo Onlus, Caritas Italiana, Progetto Rwanda Onlus, Save the Children. Il Premio Mastercard Letteratura nasce infatti con una vocazione solidale.
All’opera vincitrice del Premio Mastercard Letteratura – Esordienti viene attribuito un premio in denaro del valore di 3.000€ e garantita la traduzione in una lingua straniera.
La giuria, presieduta da Emanuele Trevi e composta da scrittori, critici letterari e personalità della cultura ha esaminato le oltre 140 opere proposte tra cui è stata scelta la cinquina: Ermanno Cavazzoni con ‘Storie vere e verissime’ (La Nave di Teseo), Matteo Cavezzali con ‘Nero d’inferno‘ (Mondadori), Melania G. Mazzucco con ‘L’architettrice’ (Einaudi), Daniele Mencarelli con ‘Tutto chiede salvezza’ (Mondadori) e Romana Petri con ‘Figlio del lupo’ (Mondadori).
Storie vere e verissime di Ermanno Cavazzoni
“In questo libro tutto ciò che è raccontato è vero, i personaggi citati sono esistiti, qualcuno esiste ancora, e per sincerarsene, a chi lo chiede posso fornire i recapiti. Se qualcosa somiglia alla realtà è perché ne è un ritratto fedele, niente nomi fasulli, niente invenzioni, ce n’è abbastanza nel mondo da dire senza aggiungere fatti o vicende inesistenti e gonfiarli fino a farne un romanzo. Questa quindi non è narrativa di finzione, come si usa dire, ma la semplice e limpida realtà raccontata realisticamente. Se per caso qualcosa fa ridere, non è colpa mia, è il mondo che è comico.” Dalle carriere politiche fallimentari ai risvolti meschini delle religioni; dai dubbi sull’aldilà alle speranze nei confronti degli alieni; dalle merde di cane al corteggiamento nell’era di internet, passando per galassie, dittatori, grandi scrittori: Ermanno Cavazzoni costruisce storie verissime e incredibili, legate dalla sua ironia quieta e implacabile.
Nero d’inferno di Matteo Cavezzali
C’è un vecchio calzolaio che per tutta la vita ha nascosto un segreto terribile. Il suo nome è Mario Buda, altrimenti noto come Mike Boda. In America Boda’s Bomb è diventato sinonimo di autobomba, e per le imprese di Mike Boda è stata scritta la prima legge antiterrorismo del mondo, eppure nessuno si ricorda di lui. Chi è questo immigrato, questo arrabbiato che ha firmato una delle pagine meno eroiche ma più significative della lotta contro l’ingiustizia sociale?
Mario Buda arriva a Ellis Island nel 1907, partendo dalla Romagna, dove è nato e cresciuto. Alla scuola dell’anarchico Luigi Galleani impara che bisogna dire basta allo sfruttamento, al capitalismo, al razzismo. Costi quel che costi. Di giorno lavora in fabbrica, la sera commercia illegalmente whiskey nella New York del proibizionismo. Quando il governo americano approva le prime leggi contro gli immigrati italiani ed europei, iniziando i rimpatri forzati, mentre Sacco e Vanzetti sono arrestati e condannati a morte per un crimine non commesso, Mike Boda orchestra l’attentato più terrificante che l’America avesse mai subìto: una bomba a Wall Street, con 38 morti e 143 feriti. Quindi scompare nel nulla. Alcuni lo vedono in Messico, altri al confino nell’Italia fascista, altri ancora a Parigi, intento a organizzare un agguato per uccidere il Duce. Dopo un’esistenza segnata da menzogne e misteri, torna a Savignano e riprende a fare il lavoro che faceva da ragazzo e che ha sempre fatto: il calzolaio. Come se niente fosse. Portando con sé tutti i suoi segreti.
Matteo Cavezzali racconta Buda attraverso le voci di quelli che lo hanno conosciuto e che sembrano parlare, ogni volta, di una persona diversa. Sono gli amici devoti, i parenti traditi, i poliziotti che gli sono stati alle calcagna, i compagni di militanza, gli avversari, le donne che lo hanno amato.
Da una storia vera nasce un romanzo che avvita il passato al presente, esce un piccolo uomo che rabbia, sogni e violenza trasformano in un controverso protagonista, un personaggio che esplode come una bomba e poi si perde nei labirinti della Storia.
L’architettrice di Melania Gaia Mazzucco
Nel maggio del 1624 un uomo accompagna la figlia sulla spiaggia di Santa Severa, dove si è arenata una creatura chimerica. Una balena. Esiste anche ciò che è al di là del nostro orizzonte, è questo che il padre insegna a Plautilla. Una visione che contribuirà a fare di quella bambina un’artista, misteriosa pittrice e architettrice nel torbido splendore della Roma barocca. Melania Mazzucco disegna un grande ritratto di donna tornando alle sue passioni di sempre, il mondo dell’arte e il romanzo storico.
Giovanni Briccio è un genio plebeo, osteggiato dai letterati e ignorato dalla corte: materassaio, pittore di poca fama, musicista, popolare commediografo, attore e poeta. Bizzarro cane randagio in un’epoca in cui è necessario avere un padrone, Briccio educa la figlia alla pittura, e la lancia nel mondo dell’arte come fanciulla prodigio, imponendole il destino della verginità. Plautilla però, donna e di umili origini, fatica a emergere nell’ambiente degli artisti romani, dominato da Bernini e Pietro da Cortona. L’incontro con Elpidio Benedetti, aspirante scrittore prescelto dal cardinal Barberini come segretario di Mazzarino, finirà per cambiarle la vita. Con la complicità di questo insolito compagno di viaggio, diventerà molto piú di ciò che il padre aveva osato immaginare. Melania Mazzucco torna al romanzo storico, alla passione per l’arte e i suoi interpreti. Mentre racconta fasti, intrighi, violenze e miserie della Roma dei papi, e il fervore di un secolo insieme bigotto e libertino, ci regala il ritratto di una straordinaria donna del Seicento, abilissima a non far parlare di sé e a celare audacia e sogni per poter realizzare l’impresa in grado di riscattare una vita intera: la costruzione di una originale villa di delizie sul colle che domina Roma, disegnata, progettata ed eseguita da lei, Plautilla, la prima architettrice della storia moderna.
Tutto chiede salvezza di Daniele Mencarelli
Ha vent’anni Daniele quando, in seguito a una violenta esplosione di rabbia, viene sottoposto a un TSO: trattamento sanitario obbligatorio. È il giugno del 1994, un’estate di Mondiali. Al suo fianco, i compagni di stanza del reparto psichiatria che passeranno con lui la settimana di internamento coatto: cinque uomini ai margini del mondo. Personaggi inquietanti e teneri, sconclusionati eppure saggi, travolti dalla vita esattamente come lui. Come lui incapaci di non soffrire, e di non amare a dismisura. Dagli occhi senza pace di Madonnina alla foto in bianco e nero della madre di Giorgio, dalla gioia feroce di Gianluca all’uccellino resuscitato di Mario. Sino al nulla spinto a forza dentro Alessandro. Accomunati dal ricovero e dal caldo asfissiante, interrogati da medici indifferenti, maneggiati da infermieri spaventati, Daniele e gli altri sentono nascere giorno dopo giorno un senso di fratellanza e un bisogno di sostegno reciproco mai provati. Nei precipizi della follia brilla un’umanità creaturale, a cui Mencarelli sa dare voce con una delicatezza e una potenza uniche.
Figlio del lupo di Romana Petri
Romana Petri ha raccolto una delle sfide più fascinose che una scrittrice poteva intravvedere: quella di raccontare la furia di vivere di un uomo che ha fatto il pugile, il cacciatore di foche, l’agente di assicurazioni, il cercatore d’oro, che ha amato l’ombra azzurra delle foreste e la smagliante solarità dei mari, che ha guardato, ceruleo d’occhi e di pensieri, l’anima dei popoli in lotta e il cuore delle donne. E qui le donne sono il vero motore del racconto: la fragranza piccolo-borghese di Mabel, la concretezza di Bessie, il fascino intellettuale di Anna Strunsky, la determinazione di Charmian (“essere molte donne in una”), l’insostituibilità della sorella Eliza. Eppure Romana Petri non ha scritto una biografia: Figlio del lupo è un romanzo che srotola il filo di una storia vera, così come è vera la storia dei personaggi che abbiamo amato. E allora ecco sciorinate le vicende di un uomo sospeso fra il rovello ispirato del grande narratore e la voce dispiegata del socialista che vuol parlare, da rivoluzionario, a sette milioni di lavoratori ma non rinuncia a farsi allacciare le scarpe perché non ha tempo da perdere, sospeso fra il gioco dell’amore promesso, vissuto, tradito sempre ad alte temperature e il tormento di un fallimento incombente, malgrado il clangore del mondo e il fuoco alto della fama.