Non dimenticare!
Questo il messaggio che arriva dai pochi superstiti della Shoah, testimoni instancabili dell’orrore che hanno visto e vissuto.
Con amarezza la senatrice a vita Liliana Segre ha dichiarato che senza gli ultimi sopravvissuti, la memoria della Shoah e dello sterminio degli ebrei finirà nel dimenticatoio riservato ad un solo rigo dei libri di storia.
Vorrei credere che non sia così, che aver seminato tanto con le loro testimonianze e penso, oltre alla Segre, fra gli altri anche a Sami Modiano, a Edith Bruck perché le loro parole sono impresse nei memoriali e sono circolate tra migliaia di giovani negli ultimi decenni entrando dentro e tessendo una rete di valori, di principi, di diritti che sembrano essere rivendicato con forza dalle nuovissime generazioni.
Non è immaginabile scompaiano di colpo i fatti storici, le memorie dei sopravvissuti, le immagini shock delle riprese dei lager nazisti e dei superstiti dello sterminio, il dramma del primo Novecento infiammato dalla guerra divampata sotto il vigore delle leggi razziali.
Comprendo le perplessità e la incertezza della Segre perché la verità storica del presente con la guerra che infiamma nel cuore dell’Europa non fa ben pensare sullo stato delle democrazie dei nostri paesi e dei diritti di libertà che sembravano ormai acquisiti.
La storia della Shoah, la crudeltà criminosa delle azioni naziste, la volontà di sterminare un popolo e con loro tutti i reietti della società, omosessuali, dissidenti politici, rom, disabili, minoranze, il fumo incessante dei forni crematori, la spietatezza nei confronti di anziani e bambini, i primi di cui sbarazzarsene spediti dritti a camere a gas e forni crematori, la disumanizzazione dell’essere umano, i cani famelici, le torture senza fine, gli appelli restando per ore in piedi senza forze, la mancanza di cibo e la fame disperata, la guerra in atto, i lavori forzati, la brutalità gratuita delle SS, l’angoscia delle separazioni tra madri e figli, tra padri e figli, tra famiglie sconquassate già dalla tragicità di un viaggio nauseabondo di morte nei carri bestiame dei treni nazisti, la neve ingrigita dalle ceneri dei forni sempre fumanti, la privazione di tutto, l’umiliazione di essere denudati e spogliati di tutto anche dei denti d’oro per chi li possedeva, la mortificazione dei corpi, la brutalizzazione della femminilità con siringhe per eliminare il ciclo, se non anche la sterilizzazione delle donne, la violenza di esperimenti inutili, le iniezioni di malattie dolorose in bambini, le visite del dottor Mengele con le selezioni impietose appesi al destino infame dettato dalla direzione del suo dito destra o sinistra, ovvero vita per modo di dire o morte certa gasati o bruciati vivi, il filo spinato, il freddo pungente, i gemelli trattati come cavie di laboratorio, la babele di lingue, culture, abitudini, religioni diverse per confondere, demotivare, non far comunicare con l’obbligo istintivo di imparare il tedesco subito altrimenti si rischiava la vita…
Un vero inferno da cui chi è tornato non si è mai liberato!
Ogni volta che si ascolta un testimone dei campi di concentramento si avverte la stessa sensazione di smarrimento, di disagio, di avvilimento esistenziale per essere tornati dalle viscere dell’inferno, quasi un sottile senso di colpa nei confronti dei milioni di morti innocenti che non ce l’avevano fatta!
Nei loro occhi quando raccontano si intravede l’angoscia, la disperazione di un dolore profondo, sembra di rivivere quel dramma e rivedere quei posti, di immaginare gli odori e gli orrori, di sentire la paura di morire e di vivere al tempo stesso, di sentire i brividi del freddo pungente, di essere intirizziti in stalle a provare a riposare, di cercare un appoggio, uno sguardo amico e di vedere attorno solo odio e ferocia spietata ed è questa la forza più grande della testimonianza, quella di far rabbrividire chi ascolta all’idea che gli uomini possano aver pensato e realizzato tanto infinito incommensurabile indicibile orrore.
Sami Modiano che ancora incontra i giovani affida la forza del suo racconto alla memoria di chi ascolta e dichiara con commozione per lui che narra la sua storia nei lager e per i ragazzi che ascoltano in silenzio, assorti e sconvolti dai fatti vissuti e visti in prima persona quando era poco più che un bambino, senza colpe, immerso nella sua innocenza di bambino, che la sua testimonianza non serve più a se stesso ma ai ragazzi in primis e in generale a tutti noi che abbiamo il dovere di far sì che non accada mai più ciò che è accaduto!
Ecco perché il valore della memoria e l’importanza delle commemorazioni anche nelle scuole, con la sensibilizzazione sull’argomento fin dai primi anni di scuola, del 27 gennaio non si deve considerare riducibile nel tempo così come non è stato negli ultimi anni.
La provocazione della senatrice Segre nasce dalla sfiducia comprensibile nell’essere umano che sta dimostrando ai suoi più alti livelli politici e economici, il fallimento di una cultura che è stata a lungo pacifista nel senso più stretto del termine di portatrice di Pace proprio in quel mondo disumanizzato dai nazisti…ritroviamo oggi non senza stupore ogni giorno la narrazione cruenta di una guerra in pieno atto non lontana da noi e in cui siamo coinvolti in prima persona per l’approvvigionamento di armi ma anche per l’assoluta incapacità di far spegnere il conflitto e riportare la pace vera non solo tra le nazioni in conflitto.
Il conflitto silente è brutale e mondiale al tempo stesso.
Gli ucraini ma anche i russi stanno perdendo tante vite in battaglia e tanti lutti, tanti vedovi, tanti orfani e tanti figli giovanissimi sacrificati in nome di una guerra che disvela la volontà di conquista primitiva ed è gestita in campo con ferocia corpo a corpo tra soldati e cittadini vittime di una velleità territoriale del comando supremo.
Qualche giorno fa è morta una bimba ucraina di appena 6 anni splendida nelle sue belle trecce bionde colpita da un infarto perché il suo piccolo cuore non ha retto alla violenza e alla continuità delle bombe!
Allora dobbiamo auspicare che ci siano sempre tra noi persone come Sami Modiano, come Edith Bruck, come Liliana Segre, che non hanno mai taciuto, che hanno raccontato e viaggiato in lungo e largo per raccontare la brutalità della guerra, per affidare la memoria e la sua forza alla vera radice della società, i giovanissimi, perché facciano propri i messaggi di pace e di lotta ad ogni forma di ineguaglianza e discriminazione che inevitabilmente le guerre trascinano con se, per essere vigili con le loro azioni e i loro pensieri non solo sulla memoria perpetua dei milioni di innocenti uccisi dai nazisti ma per dimostrare di essere decisamente migliori degli adulti di oggi così incapaci a farsi portatori di pace e artefici di un cessate il fuoco vero, per vendicare chi soffre per l’orrore delle guerre e chi muore perché la paura prevale sulla vita e anche se si ha coraggio, il cuore può non reggere a tanto rumoroso frastuono di odio!