Dopo aver esplorato il mondo del dopo-risveglio attraverso il viaggio di Jesse e del suo cane Sandor fino a San Francisco, Marguerite Bennett torna sulla sua creatura, raccontandone per così dire, l’altro lato. Ad affiancarla, le matite di Juan Doe e Eric Gapstur. Il volume, targato AfterShock, è edito in Italia da SaldaPress e rappresenta il primo spin off della serie principale Animosity.
In Animosity Evolution incontriamo Adam North, apprezzato veterinario , in parte ospite in parte recluso dall’amministrazione di animali parlanti che domina la città. Il loro capo è l’altra protagonista del volume: un incrocio fra lupo e husky malamute, chiamata Invernomuto. A metà fra fredda dittatrice e riformatrice visionaria, Invernomuto prova fin da subito a fare della propria città una società multispecie, equa e pacifica.
A ben guardare in effetti, la vera protagonista si preannuncia proprio la città. Con una operazione che ricorda gli esperimenti di fanta-sociologia di Ursula Le Guin, Bennett immagina una immensa comune, nella quale 10 miliardi di esseri completamente diversi tentano di (ri)costruire una difficile convivenza. Un obiettivo reso necessario dal crollo della civiltà umana, e complicato dalle profonde e ramificate conseguenze del “risveglio”. In Animosity infatti, tutte le specie animali hanno incominciato di punto in bianco a parlare e pensare esattamente come gli esseri umani, manifestando in altri termini una piena autocoscienza, così come intesa dalla specie umana. Ciò ha avuto delle immediate conseguenze pratiche: innanzi tutto la volontà conscia degli animali di ribellarsi rispetto ad una condizione improvvisamente avvertita come inferiore; in secondo luogo un nuovo potere, quello di coordinarsi e organizzarsi ad un livello paragonabile a quello umano.
Se all’apparenza l’approccio ingenuo sembra una pecca, conviene non farsi fuorviare dalla tentazione di letture puramente ambientaliste ed eccessivamente naif. Più profondamente, quello del dopo-risveglio è un mondo nel quale tutti gli essere animati, in quanto autocoscienti, sono improvvisamente passati dallo status di “esseri animati”, (dotati di semplice sensibilità motoria) a quello di soggetti a pieno titolo, in grado cioè di pretendere autonomamente riconoscimento e diritti. Grazie a un puro fiat narrativo civiltà e natura, istinto e istituzione precipitano l’uno nell’altro, annullandosi a vicenda: ogni equilibrio precedente è rotto, ogni ruolo deve essere ridiscusso, in un ambiente che è di colpo tornato, per tutti, quello di uno stato di natura.
L’approccio stilistico di Bennett è senza dubbio favolistico. Le ragioni del risveglio ad esempio non vengono mai spiegate, riducendo così l’evento ad una specie di deus ex machina al contrario, un puro miracolo narrativo che invece di sciogliere l’intreccio lo provoca. Fiabeschi sono anche i tempi diegetici, incredibilmente accelerati: la rivoluzione animale dura un giorno, e il mattino dopo la civiltà umana ha già lasciato il posto ad una struttura semi-organizzata fatta di centinaia di specie diverse e miliardi di individui, retta da un leader emergenziale, con regole ferree, divisione del lavoro, e perfino circuiti criminali inter-specie. Una iper-compressione del racconto (il volume ripercorre circa il primo mese della nuova società post-risveglio), favorita anche da alcune scelte di regia e di layout che rinviano da vicino al Fables di Willingham e Buckingham.
Più in generale, soprattutto nei due capitoli finali, l’impressione è proprio di un Fables senza favole: un racconto fantastico e dai presupposti volutamente assurdi, messo a bagno maria nella realtà. Forse è proprio questa la vera pecca del volume, il suo autenticamente lato naif: le infinite potenzialità narrative che l’ipotesi iniziale mette a disposizione vengono in gran parte intuite, ma fin qui appena accennate. Tutti i problemi sono indicati, ma narrativamente bypassati con facilità, e il dramma sotteso è sempre solo accennato. Quanto sarebbe interessante ad esempio, approfondire il rapporto fra tempo e generazioni biologiche, accennato nella sequenza (non a caso vagamente psichedelica) degli efemerotteri?
Ridurre Animosity Evolution a una sorta di fiaba ambientalista sarebbe però una lettura eccessivamente naif. Una possibile chiave di lettura è allora quella Il “risveglio”, il fiat iniziale è dunque, narrativamente parlando un what if, espediente narrativo che permette di esplorare, attraverso un’ipotesi fondamentale, scenari altrimenti impossibili. Tutto sta allora a capire quale è realmente questa ipotesi fondamentale. Cosa c’è dietro la “parola agli animali” ? Che cosa è realmente il risveglio? Potrebbe essere che a parlare attraverso gli animali non è la stessa Differenza? O ancora meglio, se prendessimo il risveglio come l’improvvisa capacità di reciproca comprensione assoluta? Se fra “noi” e gli “altri” (qualunque cosa indichino i due termini) venisse improvvisamente a cadere qualsiasi barriera comunicativa, e dovessimo improvvisamente riconoscerci, senza gli schermi protettivi di gerarchie implicitamente presupposte, conservando però le rispettive esigenze, divergenze, conflitti, l’un l’altro lo statuto di soggetto? La domanda iniziale, nascosta dietro l’ipotesi da urban fantasy naif, potrebbe allora essere riproposta così: cosa succederebbe se i senza parte, come li chiama Jacque Ranciere, potessero finalmente parlare? O meglio, cosa accadrebbe se riuscissimo finalmente ad ascoltarne le voci? Cosa succederebbe se fossimo disposti (o costretti) a comprendere le nostre reciproche differenze, ad ascoltarci sul serio?
Risposta: ovviamente una rivoluzione. Un autentica, sfrenata, violenta rivoluzione. D’accordo, ma dopo? Cosa si fa il giorno dopo? Si continua così ovviamente. Oppure si inizia a discutere in maniera civile, come in questa città dominata dagli animali.
Animosity, Vol 1: Mondo Nuovo
Autori: Marguerite Bennett (sceneggiatura), Eric Gapstur, Juan Doe (disegni)
Casa Editrice: SaldaPress
Prezzo: pagg. 120, euro 14,90