Nel 1987 uscì nei cinema di tutto il mondo un film destinato a fare epoca. Ken Russell lo definì il miglior film di fantascienza dopo Metropolis. Si trattava di RoboCop, la pellicola cult di Paul Verhoeven, con protagonista il poliziotto cyborg interpretato da Peter Weller. Potente, spietato e segnato da una tragica dualità, Alex Murphy diventa in breve tempo una delle incarnazioni più iconografiche del violento zeitgeist degli anni ’80. Un duro e puro, trasformato letteralmente in macchina della legge da un società iperindividualista e spaventata. Un tale successo ha spinto alla produzione di svariate declinazioni narrative, che vanno dai videogame alle serie animate. E soprattutto di numerose storie a fumetti. Storie che a partire dal prossimo giugno saldaPress porterà (o riporterà) in Italia, a partire dalla recente ROBOCOP: VIVO O MORTO. Pubblicata negli USA da Boom! Studios, è una serie scritta da Joshua Williamson e disegnata da Carlos Magno. Immaginato come diretto sequel del film del 1987, la storia è ambientata pochi mesi dopo le vicende raccontate nel film. Robocop e il suo collega, l’agente Lewis, sono alle prese con una azione voluta dalla OCP.
Profondamente legato allo spirito “eighties” come dicevamo, eppure ancora (O sarebbe meglio dire di nuovo?) drammaticamente rappresentativo, Robocop non ha mai perso il suo fascino, anche se certi Reboot hanno provato a disinnescarlo. Forse perché il nodo di contraddizioni raccontato dalla pellicola, che in quegli anni vedeva la luce, non è mai stato superato, e anzi non ha fatto che crescere.
Lo sfondo del film di Verhoeven era quello dell’epoca reaganiana, lo scatenamento dei “poteri selvaggi” che nei decenni successivi avrebbero conquistato una egemonia pressoché globale. In quel momento il martoriato corpo di Murphy si propose come incarnazione di quel nodo quasi inestricabile di tragiche contraddizioni: sulla scena veniva letteralmente mostrata la resurrezione tecnologica dell’ uomo, una seconda nascita nell’asservimento totale ai vincoli della tecnica e del mercato. Strappato alla morte (il più umanamente definitivo degli eventi), il solerte poliziotto Alex Murphy veniva trasformato in robot dalle corporation di Detroit. Corpo umano meccanizzato, completamente asservito alle esigenze del capitale. Eppure in fondo ancora umano, Perché la macchina da sola può molto, ma non tutto. Serve pur sempre una coscienza a guidarne gli ingranaggi. L’importante è che sia meno ingombrante possibile: quanto basta per darle vita ed efficienza, evitando spiacevoli ribellioni, errori o deviazioni. Tutto ciò che dell’uomo Murphy rimane in RoboCop, almeno nelle intenzioni dei suoi creatori, è dunque funzionalizzato alla parte robotica: l’essenza stessa dell’uomo era ridotta a strumento macchinico, asservita all’esigenza repressivo-tanatologica di una società terrorizzata dal caos del proprio narcisismo.
Come dicevo: potente, spietato, tragico.
Non c’è da stupirsi che da allora RoboCop sia entrato nell’immaginario comune, insieme ad altre icone dello sci-fi come Predator, Alien o Terminator. O che un autore come Frank Miller non esitò un istante a mettere mano al personaggio, quando gli venne chiesta una sceneggiatura per Robocop 2. Purtroppo le sue idee erano decisamente più radicali di quanto Hollywood potesse accettare, e i produttori si accontentarono di sfornare l’ennesimo sequel dimenticabile e dimenticato. Per fortuna, grazie alla Avatar Press, qualche anno dopo la sceneggiatura di Miller divenne una potentissima storia a fumetti, sostenuto dalle matite di un Juan Josè RYP in stato di grazia.
Ma questa è un’altra storia.
RoboCop: Vivo o Morto. Volume 1
Autori: Joshua Williamson, Carlos Magno, Marissa Louise
Casa Editrice: SaldaPress
Prezzo: pg. 168, cartonato euro 24,90