Nella sala 82 al secondo piano del Museo di Capodimonte di Napoli, è allestita la mostra, fino al 30 ottobre 2018, intitolata “Paolo La Motta guarda Capodimonte”, a cura del direttore del museo, Sylvain Bellenger. E’ un exhibit che rientra nel ciclo delle esposizioni di “Incontri sensibili”, nel quale le opere degli artisti contemporanei dialogano con la collezione storica di Capodimonte. Dopo “Bourgeois e Guarino”, e “Jan Fabre. Naturalia e Mirabilia”, il lavoro con varie tecniche, pittura, disegno, fotografia e ceramica di Paola La Motta, è messo in correlazione con le opere di epoche differenti presenti nella storica istituzione culturale, accomunate dalla sacralità dell’infanzia. E’ una riflessione sull’arte e sulla sensibilità dagli esiti imprevedibili, da ammirare e approfondire. La ricerca di La Motta è legata alla grande tradizione della scuola napoletana, dove il figurativo si apre a forme sempre più astratte. La pittura dell’Ottocento napoletano è presente nei suoi dipinti, ma la sua sensibilità artistica non è ascrivibile ad una specifica scuola. L’artista viaggia attraverso i secoli, esplorando il Rinascimento, il Seicento e il campo dell’astrattismo, restituendo al fruitore delle immagini caratterizzate da un poliedrico linguaggio pittorico. Percorrendo le sale della mostra, si assiste alla comparazione fra le sue opere e quelle di artisti che hanno descritto Napoli e i napoletani, come lo scultore Vincenzo Gemito e il fotografo Mimmo Iodice, entrambi originari del Rione Sanità.


Tra i vari lavori esposti c’è il polittico composto da quattro ritratti e un busto di terracotta che ritraggono Genny Cesarano, vittima innocente della camorra durante un raid alla Sanità nel settembre 2015. In un laboratorio di ceramica del 2007 all’Istituto “Papa Giovanni XXIII” in via Cagnazzi, Paolo La Motta conobbe il ragazzo. In quell’occasione realizzò l’opera intitolata “Genny”. Questo lavoro dialoga con cinque opere del museo di Capodimonte, “Testa del Bambino Gesù”, autore ignoto del XIII secolo, il “busto di San Giovanni”, i fanciulli di Mancini e Solimena, e il ragazzo fotografato di spalle da Mimmo Jodice.

“Eden, Opera 29″-Mimmo Jodice.
Dopo il tragico evento della morte del giovane ragazzo, è stata eretta una scultura, alla Sanità, davanti alla Chiesa di San Vincenzo. E’ una statua in bronzo policromo a grandezza naturale, con un pallone incastrato tra le assi. E’ un modo per ricordare Genny, per la sua giovane vita spezzata.
“Incontri sensibili”, non è solo un ciclo di mostre periodiche, è ciò di cui ha bisogno l’attuale società, incontro, sensibilità, condivisione e riflessione.
Come afferma il direttore Sylvain Bellenger: “Il soggetto centrale della mostra, un’opera destinata ad arricchire le collezioni permanenti del Museo, è un giovane ragazzo della Sanità assassinato dalla camorra nel 2015. La Motta ha realizzato in sua memoria una scultura in bronzo policromo, raffigurante uno scugnizzo biondo seduto su alcune panche con un pallone da calcio, capace di cogliere il realismo quotidiano alla maniera di alcuni artisti inglesi che non hanno mai rinunciato alla rappresentazione del reale. L’opera è esposta nella piazza della Basilica di Santa Maria della Sanità e gli abitanti del quartiere lasciano un fiore sulla statua ad ogni ricorrenza che Genny non ha più la possibilità di vivere.
Il polittico Genny rimanda all’epoca in cui il ragazzo era un allievo di La Motta, il quale aveva l’abitudine di ritrarre o scolpire i suoi allievi intenti al loro lavoro. Tali rappresentazioni colpiscono per la profondità e l’intelligenza dimostrata nel ritrarre i ragazzi seri e maturi, qualità che condivide con i più grandi ritrattisti napoletani del XIX secolo. Emerge anche il richiamo a Degas, Balthus e Lucian Freud, pittori che sono per La Motta un punto di riferimento”.