“I sogni diventano realtà ed essa a volte è uguale ai sogni”.
Questo deve aver pensato Mario Endiminio, autore di Voghera scrivendo le pagine del libro: Io Maraya Queen sarò. Primula editore; pp75. Il libro un inno alla nuova vita, la scelta ovvia per chi ha il sacro fuoco dell’arte dentro di sé. Ma non è sempre facile arrivare ad essere se stessi. Come molti, Mario prima di rinascere e rendere tangibili i suoi sogni ha dovuto mettere a fuoco se stesso e combattere gli altri, i preconcetti, le paure, l’omofobia, la voglia di esprimersi e ci riesce buttando su foglio il suo percorso; pagine ricche di foto ed aneddoti, quasi un diario personale, breve e conciso dove narra il suo cammino verso la serenità.
Il tuo è un percorso simile a molti altri. Come hai capito di essere diverso rispetto ai tuoi coetanei?
In seno al caldo e sicuro rifugio delle mie solitarie fantasie, io ero la normalità, perciò nel quotidiano non mi sono mai sentito veramente “diverso”, sebbene sia stato lungamente e brutalmente discriminato. La fatica non è certamente mancata, infatti tanto ho dovuto lottare per poter emergere dal guano di quell’infamia che sempre viene plasmato dal limite e dalla meschinità omofoba. Per farlo, il primo passo è stato quello di dover imparare ad amarmi, a non essere carnefice di me stesso, poi, forte delle mie riscoperte virtù, ho affidato agli altri la ricchezza dei miei sentimenti semplicemente amando.
Rubare le scarpe a tua madre; la passione per la sartoria, sono azioni comuni a molti ragazzini che poi si scoprono gay, ma non sempre. Secondo te chi ha queste passioni ha dentro di sé una Drag Queen che vuole farsi spazio?
Non credo, l’essere Drag non significa necessariamente omosessualità, il travestitismo di fatto è una poetica, teatrale e scintillante espressione artistica che chiunque, quale sia, può abbracciare. Così come non tutti gli stilisti d’alta moda sono gay, lo stesso vale per coloro che al mio pari amano lasciarsi sedurre dall’irrinunciabile bisogno di volare indossando mirabolanti parrucche e vertiginosi tacchi. Non è feticismo, sia chiaro, ma una sana e condivisa necessità d’evasione paragonabile, oserei dire, ad un magnifico e solidale libero canto. Ci sono camionisti gay, muratori gay, calciatori gay, la lista è lunga. Tutte persone che quotidianamente svolgono lavori ben lontani dalla delicatezza di un abito di seta o dal trucco di una Drag Queen, questo a dimostrazione del fatto che l’indole non necessariamente crea stereotipi.
Mi ha colpito molto il passo in cui ti volti allo specchio e vedi “Dalidà”: un momento catartico. E’ lì che capisci la tua strada?
Quello fu solo il primo avviso di ciò che poi avrei totalmente abbracciato in futuro. Vero è che in quel mentre, per la prima volta, vidi me stesso a tutto tondo e fu un momento liberatorio, come il primo volo libero di colui che ha vissuto sempre in una gabbia. La strada giusta, quella che poi diede respiro alla mia vena artistica ancora in stato embrionale, la spalancò un prezioso e compianto amico, purtroppo ora lassù, tra i cirri sospesi nel cielo, già esperto nell’arte del travestitismo ad alto livello.
Il bagno in vasca per purificarti, che descrivi nel libro è un rito di purificazione dal vecchio Mario verso il nuovo. Secondo te un passaggio tangibile è necessario per mettere il punto sulla vecchia vita?
Assolutamente! Ho narrato quegli istanti proprio per l’importanza che ebbero in me. Non fu solo un semplice bagno, ma quasi una sacra immersione nel Giordano affinché potessi rinascere a nuova vita. Per tutti deve esserci un momento ben preciso che possa trasformarsi in uno Start, come quello dei maratoneti all’inizio di una gara. Non importa quanto lunga e faticosa sarà la strada da percorrere per raggiungere la pienezza del nostro essere, conta solo l’averla imboccata e poi lottare, onestamente e stoicamente colmi, almeno dentro, di libertà.
Quali sono i tuoi modelli di riferimento come artista Drag?
Agli inizi, per passione e quale doveroso riferimento, scoppiavo d’amore per Dalidà, Milva, la Carrà. Tutte splendide donne, complete nel loro essere artiste giustamente di chiara fama, idem per Mariah Carey dalla quale, anche per una questione di pronuncia, ho preso in prestito il nome. Pensavo che, se fossi riuscito ad avvicinarmi al loro stile ed alla loro bravura, avrei certamente raggiunto quella necessaria perfezione che differenzia una Drag Queen da un semplice e banale scimmiottare differenti personalità. Poi, lentamente, è nata ed è crescita Maraya, non più un’imitazione ma un personaggio fiero della propria originalità in continua evoluzione. Così mi sento, così vorrei.
A chi consiglieresti il tuo libro?
Il mio è un libro discreto, per nulla pretenzioso, ricolmo però di verità, adatto a tutti, anche ai più giovani in quanto privo di volgarità. Malgrado racconti una vita già srotolata lungo i percorsi del destino, resta attuale perché le vicissitudini di ieri sono, purtroppo, del tutto simili a quelle di oggi. I tempi, fortunatamente sono cambiati, ma il mondo ancora pullula di troppe coscienze stipate nei contorni ristretti del limite, della cattiveria gratuita, di una perenne a malsana presunzione di superiorità. Leggere il mio libro non è solo fare un breve viaggio nel tempo, ma anche alimentare il fuoco della verità sul dolore causato dall’omofobia e poi, di fondamentale importanza, consegnare ai lettori l’inestimabile ricchezza della speranza. Se io, Mario/Maraya, attingendo forza e coraggio dalla solidità della mia anima, sono riuscito a vincere l’altrui bassezza, allora tutti, uno per uno ed insieme uniti, possiamo farcela ad essere liberi di manifestare la nostra naturale, sensibile, variopinta e pacifica essenza.