Hei kaikille! Siamo ospiti della Finlandia, terra rivestita da tundra e popolata da renne.
La popolarità delle letterature nordiche è da tempo una costante in vari paesi, Italia compresa, ma quella finlandese è tradizionalmente rimasta piuttosto nell’ombra. Per molti lettori, la conoscenza è limitata al poema epico Kalevala, compilato da Elias Lönnrot (1802-1884) ed ispirato al folklore, oltre che alle opere in prosa di Mika Waltari (1908-1979) e ai ripetitivi romanzi picareschi di Arto Paasilinna (1942 – 2018). Soprattutto negli ultimi due decenni, l’offerta di titoli è comunque andata moltiplicandosi, grazie anche a nuove strategie elaborate dal FILI (l’Istituto per la promozione della letteratura di Finlandia) e al ruolo degli agenti letterari; e così traduzioni di vari generi hanno trovato nuove vie per raggiungere i lettori, grazie soprattutto alla casa editrice Iperborea.
Buon viaggio e buona scoperta.
Aadam ed Eeva di Arto Paasilinna
Piccolo imprenditore in una Finlandia in grave crisi economica, Aadam Rymättylä si barcamena ormai tra debiti e pignoramenti, un’interminabile fila di creditori e un branco di figli da mantenere: ben sette, con tre madri diverse, prove viventi della sua grande passione per l’amore, che, si sa, ha pure quello il suo prezzo. Ridotto a vivere nel capannone della ditta a Tattarisuo, nella triste periferia di Helsinki, Aadam non perde però la speranza e continua i suoi esplosivi esperimenti per mettere a punto una batteria ultraleggera che rivoluzioni il sistema energetico mondiale. Finché un’ennesima malasorte lo conduce dietro le sbarre. Ma come spesso accade ai resilienti personaggi di Paasilinna, è la comparsa di una donna a portare una svolta nella sua vita: l’intraprendente avvocatessa Eeva Kontupohja, che crede subito nella sua innocenza e nel suo talento di inventore. Evidentemente lassù qualcuno li ama: il prototipo della batteria miracolosa funziona davvero, la rivoluzione energetica è cominciata, e i due si ritrovano lanciati in un’ascesa fulminea fino ai vertici della ricchezza del mondo. Ma cosa succede quando un’innovazione tecnologica minaccia gli interessi dei potenti e rischia di sovvertire gli equilibri economici e politici della terra? Con straordinaria preveggenza sui grandi temi e i protagonisti del presente, Paasilinna conduce il suo novello Adamo – tra riunioni segrete di petrolieri, reginette del latte innamorate, sicari professionisti e l’immancabile tassista Seppo Sorjonen – oltre i confini del mondo, con una domanda: può una ricchezza senza limiti convivere con le migliori intenzioni?
Alla radice di Miika Nousiainen
Solo il cognome, Kirnuvaara, sembra accomunare Pekka, vittima di un cronico mal di denti, e il suo nuovo dentista Esko. Pekka è uno spigliato, sensibile e moderno copywriter di mezz’età che non ha mai superato l’abbandono da parte del padre e che ora, con il fallimento del suo matrimonio e una disputa in corso sull’affidamento dei figli, vede infrangersi il suo ideale di famiglia perfetta. Esko, che ha quasi sessant’anni, ha invece preso spunto dai freddi genitori adottivi per elevare l’odontoiatria a filosofia di vita e praticare l’anestesia anche su emozioni e sentimenti. Ma con lo scavo nelle radici dentali di Pekka emergono ben altre, e condivise, radici: dietro lo stesso cognome, si scopre, c’è lo stesso padre. Dopo qualche trapanatura e le prime inevitabili, buffe incomprensioni, la corazza di Esko s’incrina e l’improbabile coppia di fratelli si mette sulle poche tracce che ha di lui, sperando di trovare una buona ragione per una doppia negazione d’amore paterno. Nasce così, in un asettico studio dentistico di Helsinki, una storia on the road calda e coinvolgente, dove ogni tappa verso lo svelamento finale arricchisce la famiglia Kirnuvaara di nuovi, sorprendenti parenti, formando un variopinto amalgama multietnico. Tra incontri e scontri di personalità, siamo scorrazzati dalla Carelia del Nord alle degradate periferie di Södertälje in Svezia, dalla Thailandia, con il suo deteriore turismo, ai grandi spazi dell’outback australiano, sacri agli aborigeni: un viaggio di conoscenza – di sé e del diverso da sé, oltre che del concetto di paternità – che si farebbe quasi iniziatico, se non fosse per le esplosioni di un’insopprimibile verve comica degna della migliore tradizione umoristica finlandese.
Chi ha ucciso la signora Skrof? di Mika Waltari
La vecchia e ricca signora Skrof viene trovata morta nel suo letto in un tranquillo quartiere di Helsinki. Il gas esce ancora dal fornello spento quando la porta dell’appartamento viene sfondata: un banale incidente. Ma perché il cane ha gli occhi sbarrati? È da quello strano dettaglio che il commissario Palmu inizia a indagare, convinto di aver trovato l’inevitabile errore che compie sempre l’assassino. E uno alla volta entrano in scena i tanti personaggi in qualche modo legati alla vedova, o meglio, al suo cospicuo patrimonio e ai suoi mutevoli testamenti: Mustapää, l’avido reverendo della Comunità di Betlemme dall’equivoco passato, l’avvocato Lanne, che dell’avara signora cura lasciti e interessi, Kirsti Skrof, la figliastra fuggita di casa per sottrarsi al matrimonio imposto, Lankela, il seducente e scapestrato nipote aviatore e il suo inseparabile amico, il pittore surrealista Kuurna, che fa della bizzarria la carta da visita della sua aristocratica diversità. Tutti con un segreto da nascondere, una parte da recitare e un alibi da inventare. Figura culto in Finlandia, il commissario Palmu, della geniale razza degli Holmes e dei Poirot, rivela sotto il gioco delle deduzioni e degli smascheramenti l’ironia e la duttilità di Waltari, capace di passare dai grandi affreschi storici al romanzo di genere con leggerezza e umorismo, lasciando però emergere il ritratto di una società ossessionata dal denaro e malata di perbenismo, in «una nera commedia di delitto e castigo».
Colpi al cuore di Kari Hotakainen
Helsinki anni ’70. L’addetto alle riparazioni Raimo Kytöniemi nutre un’insana passione per i film polizieschi. È in quel genere che trova i suoi «colpi al cuore», quei film che «rivoluzionano le idee, cambiano la vita», dopo i quali «niente è come prima». Disoccupato da mesi, resta incollato davanti alla TV fino a notte fonda, sordo alle necessità familiari, che lascia sulle spalle della moglie Ilona, esausta da lavoro, incombenze domestiche e i due figli piccoli. Ma ecco che la passione sembra di colpo premiata, quando Francis Ford Coppola, per motivi di budget, sicurezza, e per le evidenti similitudini tra Sicilia e Finlandia, sbarca a Helsinki con Marlon Brando, Al Pacino, Robert Duvall e tutta la troupe per girare Il Padrino. Raimo è al colmo dell’esaltazione: il suo sogno, entrare in un film non da comparsa, ma mettendo tutta la sua competenza di cinefilo, è finalmente a portata di mano. Come in Buster Keaton, cui Hotakainen ha dedicato un romanzo, o Woody Allen, con uno stile rapido e un linguaggio gergale, alternando le scene sul set a quelle del ménage di Raimo, l’autore crea un continuo corto circuito tra realtà e finzione in un gioco a rischio in cui è più facile che i divi perdano la loro polvere di stelle piuttosto che ne restino avvolti gli abitanti di Maunula. Tra voli semi-sciamanici nel cielo di Helsinki, sagge nonne defunte, stelle del cinema vulnerate, è su di loro che è puntata l’attenzione di Hotakainen, sulla periferia – quella di Helsinki e della società, e ancor più dell’interiorità, recesso inconfessabile su cui anche Dio preferisce stendere, ome su tutta Maunula, un pietoso telo: «occhio non vede, cuore non duole».
Fair Play di Tove Jansson
Mari e Jonna, due artiste, due atelier ai capi opposti di un grande edificio sul porto di Helsinki, e una casetta condivisa su una piccola isola solitaria davanti al mare aperto. Mari scrive, illustra, sogna, si fa domande, accoglie un maestro burattinaio russo che sacrifica il sonno all’arte, si appassiona a una donna sola al mondo che le chiede il senso della vita. Jonna dipinge, intaglia il legno e trova risposte, cerca di catturare la realtà con la sua cinepresa, ama i film western di serie B e i capolavori di Fassbinder, e mette mano al fucile da caccia quando c’è bisogno di una «sana spietatezza». Le loro personalità si scontrano e si confrontano attraverso dialoghi sagaci e silenzi che non hanno bisogno di parole, unite da un’urgenza creativa che riesce ogni volta a gettare una luce nuova sulle cose e sulla natura umana, a trasformare la quotidianità in una riserva di piccole epiche fuori dall’ordinario e di inattese rivelazioni. Definito da Ali Smith «una vera opera d’arte», Fair play è una partita a due, un gioco sottile tra due donne fieramente indipendenti che con ironia e nel rispetto inviolabile dei reciproci spazi mantengono sempre vivo uno scambio autentico, pungente, eppure pieno di tenerezza. Con la sua finezza di lingua e di sguardo, capace di cogliere il significato racchiuso nel gesto più semplice, Tove Jansson traduce in un gioiello letterario il rapporto con la donna con cui ha condiviso quarant’anni di lavoro e di vita, in un equilibrio lieve e rivoluzionario, all’insegna di quella libertà che accompagna una riuscita storia d’amore.
Fratello buono, fratello cattivo di Matti Rönkä
Viktor Kärppä, «l’uomo con la faccia da assassino» e il cuore diviso tra le radici sovietiche e la sua nuova vita a Helsinki, ha chiuso con il crimine da quando il socio Ryškov ci ha rimesso la pelle. E a parte qualche giro di contrabbando si accontenta di una piccola impresa edile che offre lavoro nero ma ben pagato agli immigrati dell’Est. Ma quando una partita di supereroina semina la morte in città, i sospetti ricadono su suo fratello Aleksej, l’irreprensibile ingegnere che stanco di fare la pedina di un sistema corrotto a Mosca lo ha raggiunto a Helsinki a caccia di soldi facili. Sotto il fuoco incrociato della polizia e della mafia russa, a Viktor non resta che riaprire le porte della sua vecchia vita e infiltrarsi nella cupola di San Pietroburgo: chi ha osato sfidare i boss del narcotraffico? Comincia così una nuova indagine del romantico faccendiere frontaliero sospeso tra la nostalgia dello sradicato e le cicatrici di un torbido passato nel KGB. E che muovendosi al confine di due epoche e due mondi ci proietta in una Finlandia sconosciuta, terra di frontiera fatalmente segnata dalla parabola sovietica, puzzle etnico dalle mille anime in cui i problemi di identità portano il peso e le ferite della storia.