Sveiki visi! Benvenuti in Lituania!
Come per le altre lingue baltiche, la letteratura in lituano subì un forte sviluppo nel Medioevo, per quanto rimanesse di carattere principalmente orale e solo nel sedicesimo secolo vennero pubblicate le prime opere letterarie in lituano. Nel 1866 la Russia impose il divieto di stampare in lituano, per evitare la nascita di movimenti nazionalisti lituani. Tale divieto durò per quasi quarant’anni, al termine del divieto, nel 1904, ricominciò vigorosa la produzione letteraria lituana.
Approfondiamo insieme questo mondo ancora poco esplorato.
La strega e la pioggia di Jurga Ivanauskaitė
“La strega e la pioggia” provocò in Lituania uno scandalo nazionale a causa dei temi trattati, ovvero tre storie d’amore parallele raccontate da tre donne: una contemporanea, una strega medievale e Maria Maddalena. Il romanzo fu condannato dalle autorità cattoliche (evidentemente per il fatto che le storie d’amore coinvolgevano religiosi), fu censurato, tolto dalle librerie e relegato nei negozi di prodotti erotici, il che ovviamente ne moltiplicò le vendite e ne favorì le traduzioni.
Il collezionista di tramonti e altri racconti di Saulius Tomas Kondrotas
Il magico realismo di S.T. Kondrotas, ci guida in un percorso dove il tempo si sfuma come la nebbia, si sovrappone e sempre, con incanto e leggerezza, si avvolge e ci avvolge. In questi racconti potremo imparare a far tesoro dei nostri tramonti, a giocare con ironia sulle nostre manie di grandezza, ad amare con timore e tremore l’essenza metafisica della carne. Impareremo a ritrovare la nostra anima dispersa in ogni nebbia: della memoria, dell’esistenza, dell’illusione. In questi racconti troveremo un Omero, che è anche un Merlino, guidare una stirpe con un destino da tragedia greca. Vi scopriremo, ancora, il miracolo di un primo sguardo innamorato che riesce a perpetuarsi per tutta la vita, la beffarda esistenza dei folletti, il mistero di una lingua che custodisce l’identità di un popolo. In questi racconti conosceremo l’incubo tecnologico che si fa metafora tragicomica dell’umano destino, l’eresia come verità, un antico cacciatore che diventa lui stesso preda, la magia degli odori sotto la polvere e quella bellicosa di una musica che uccide. Tutto sotto il segno della metamorfosi e del serio gioco di uno sguardo obliquo che, nell’inaspettata fascinazione che cattura, sa disvelare l’esoterica trama che intreccia ogni vita.
Anime baltiche di Jan Brokken
Mark Rothko, Hannah Arendt, Romain Gary, Gidon Kremer. C’è un legame sotterraneo tra alcuni grandi nomi della cultura mondiale: i paesi baltici dove sono nati e la cui anima li ha accompagnati nella fuga oltre confine. È sulle tracce di quest’anima che Jan Brokken attraversa Lettonia, Lituania ed Estonia ricostruendo le vite straordinarie di personaggi celebri e persone comuni, per riscoprire la vitalità di una terra da sempre invasa e contesa, dove la violenza della Storia è stata combattuta con l’arte, la poesia e la musica. Tra i palazzi Jugendstil di Riga e le mura di Tallinn, tra i vicoli ebraici di Vilnius, i castelli della Curlandia e la Königsberg di Kant, oggi Kaliningrad, rivivono i film di Ejzenstejn, che si unì ai bolscevichi contro il padre zarista per ritrovarsi come lui chiuso in un’ossessione di grandezza; le mille vite di Romain Gary, che nella letteratura trovò rifugio dai campi nazisti senza mai riuscire a perdonarsi di essere un sopravvissuto; quella frattura che attraversa tutte le tele di Rothko, strappato dai rossi tramonti della sua Daugavpils; ma anche la Rivoluzione cantata della giovane Loreta contro i carri armati sovietici, o la segreta diaspora dei baroni baltici, tra cui la moglie di Tomasi di Lampedusa, prima psicanalista donna in Italia. Un romanzo per capire il XX secolo, perché “viaggiare, insieme a leggere e ascoltare, è la via più breve per arrivare a se stessi”.
Le piramidi di giorni di Daina Opolskaitė
Ci sono brevi momenti, nella vita, in cui le piramidi di giorni che il tempo poco a poco costruisce attorno agli esseri umani, ingabbiandoli, perdono miracolosamente consistenza, lasciando svuotati del loro senso terribile ore e minuti, passato e futuro. È la nostalgia, o il bisogno, di quegli attimi ad accomunare i personaggi di queste dodici storie: una madre con i figli lontani e uno nuovo, adottato, che lei non sa amare; i due giovani che si salvano a vicenda dall’apatia, facendosi un dono che trascende la morte; la bambina con una madre e due padri che la amano in ugual misura; le due sorellastre che cercano di ricostruire un rapporto dopo anni di silenzi, recriminazioni e sensi di colpa; il padre che in sogno si rivede nel figlio adolescente e riesce finalmente a capirlo. Le piramidi di giorni, Premio letterario dell’Unione europea 2019, disvela sullo sfondo della Lituania contemporanea le impronte sottili e ineffabili lasciate da ciascun rapporto umano e capaci di trascendere le leggi anguste del tempo, cogliendo quelle piccole epifanie che può creare un campo giallo di colza a giugno o il volo di due aironi al disgelo primaverile. Con delicatezza e maestria, Daina Opolskaitė stupisce il lettore descrivendo una quotidianità fatta di dettagli minuti e intrisi di significato: il profumo di fiori impigliato al cappotto del marito che rientra a casa, un bambino che con i polpastrelli sul vetro ghiacciato scopre il mondo, le lisce piastrelle di una cucina che ricordano i sassi levigati di una spiaggia lontana.
Gli ebrei di Vilna di Grigorij Šur
Quando, il 24 luglio 1941, le prime unità tedesche entrarono a Vilna, capitale della Repubblica Sovietica di Lituania, in città risiedevano più di 70.000 ebrei. Alla fine di agosto i nazisti ne avevano già eliminata la metà e rinchiusa l’altra metà in un ghetto. Uno di loro era il giornalista Grigorij Šur, nato nel 1888. Incredulo e sbalordito, egli tuttavia registrò con ammirevole obiettività quanto vedeva e udiva, per tramandare quell’incredibile realtà al mondo che sarebbe venuto dopo l’orrore. In una baracca della fabbrica di pellicce Kailis, dove era costretto a lavorare alla cernita di uniformi militari, Šur, nascosto dietro qualche scaffale, oppure al gabinetto, scriveva, l’orecchio teso a cogliere passi minacciosi: una pallottola poteva metter fine a ogni pagina del suo manoscritto. Šur fu assassinato dopo la liquidazione del ghetto, nel 1944. Le sue annotazioni si sono salvate grazie alla lituana Ona Šimajte che, rischiando la vita, fece uscire i quaderni dal ghetto e li nascose.
Scacco perpetuo di Icchokas Meras
“In quel momento, la partita poteva essere patta per scacco perpetuo. In quel momento, se i bianchi muovevano il cavallo avrebbero vinto. I bianchi avevano la scelta tra due mosse, le ultime”. Nel ghetto di Vilnius si gioca una partita la cui posta è la vita o la morte. Ma scegliere la vita significa perdere la partita, significa abdicare totalmente ad ogni sorta di resistenza individuale, e Isaac e i suoi fratelli, i figli di Avraham Lipman, sanno che la vita non può essere merce di scambio quando è in gioco la propria dignità, quando è ancora possibile avere la scelta tra “due mosse”. Meras, con uno stile limpido, implacabile e di grande forza poetica erige un monumento agli ebrei di Vilnius che lottarono con disperato coraggio per la propria dignità e per quella del proprio popolo.