Giovanni Galbieri, classe ‘93, è un cantautore e atleta professionista della nazionale italiana, campione europeo Under 23 dei 100 metri piani. Da sempre appassionato di musica, soprattutto italiana è attratto dalle canzoni e dal cantautorato dei grandi della musica come De André, De Gregori, Danilo Sacco, Zucchero, Bennato, Ivan Graziani, Brunori sas. Scrive e compone canzoni. Nel 2018 ha pubblicato il suo primo album intitolato “Pensa poetico”, registrato a Macerata da Andrea Mei (storica tastiera dei Gang e ora tastierista e produttore di Danilo Sacco). Nel gennaio 2020 esce il singolo “La cura del sale” (Maxy sound).
È uscito da poco il tuo nuovo singolo: “La cura del sale”. E’ un inno alla vita? Al non avere nessun rimpianto?
Dici bene, è un inno alla vita vissuta con leggerezza e spensieratezza. Troppe volte i rimpianti ci consumano dall’interno, in modo lento e inesorabile. Le scelte che prendiamo ne escludono altre, creando i presupposti per un malessere interiore che può perdurare nel tempo.
Bello anche il videoclip: chi lo ha pensato e realizzato?
È un’idea del produttore del brano, Max Titi, che ha interpretato il pezzo in modo personale ed originale, frutto della sua esperienza nel settore. Devo dire che è stata un’ottima mossa mettere questa scatola misteriosa come vera protagonista del video, un messaggio che va di pari passo con il significato della canzone.
Hai all’attivo già un album: “Pensa poetico”. Di cosa parlano i brani?
Qual è la canzone a cui sei più legato?
Si, “Pensa Poetico” è stato il mio album d’esordio, prodotto da Andrea Mei. Il filo conduttore è sicuramente legato alla figura di quelle persone che individuo come “tormentati” (che per loro sfortuna non smettono mai di cercare). Primo su tutti il poeta Arthur Rimbaud, massimo esponente dei maledetti francesi, in grado di vivere ogni suo istante in piena e totale libertà, noncurante dei canoni sociali, anche i più elementari. C’è la storia di una prostituta che lotta contro le maldicenze della gente benpensante. Ma il brano che sento più mio è “la storia del vecchio, il nipote ed il mulo”, una ballata presa da una vecchia storia popolare che parla appunto dei tre soggetti sopracitati che vanno di villaggio in villaggio collezionando insulti, qualcuno la riassumerebbe cosi: “qualunque cosa fai sempre pietre in faccia prenderai”.
Quali sono i tuoi punti di riferimento musicali?
Amo De André su tutti. Mi ispirò a Danilo Sacco, De Gregori, Endrigo, Zucchero, Brunori Sas, mi piace anche Nigiotti e Pollio, più attuali. Amo in generale tutto il cantautorato italiano.
Cosa ti aspetti dal futuro?
Il mio futuro è un oceano di incertezze, ho il solo desiderio che la mia musica entri nei cuori di chi la ascolta, possa creare empatia. Vorrei che si ritornasse a leggere e interpretare i testi delle canzoni, curiosità ahimè caduta in disuso.