Buon giovedì lettori, oggi vi distraggo un attimo dalle faccende nazional popolari di Sanremo …
Un gentile lettore mi ha chiesto di raccontargli cosa si cela dietro una scena vista nel film di Ferzan Ozpetek, Napoli Velata, per chi se lo fosse perso il suddetto film si apre con una scenario quasi teatrale in cui degli uomini travestiti da donne danno vita ad un parto tutto al maschile.
Ebbene, chi l’ha visto ha assistito alla “FIGLIATA DEI FEMMINIELLI”.
I femminielli a Napoli sono una tipica figura antica quanto popolare, sono uomini che non si sentono né maschi né femmine, oggi forse useremo il termine gender, ma nel folclore popolare si storpiano le parole già conosciute come: femmine, uomini con barba e rossetto, tratti in contrasto eppure coesistenti nella stessa persona. Non si confonda con il termine ricchione o altri, i femminielli sono rispettati e ben voluti nelle zone popolari di Napoli, racchiudono un mondo di conoscenza e culture che molti non conoscono più. A Napoli abbiamo in particolare la Tarantina, quasi 80 anni rispettata ed amatissima da tutti. In questi casi il rispetto degli abitanti del luogo lo si conquista con il saper vivere ovunque e con chiunque.
La figliata non è l’unico rito aventi protagonisti i femminielli, esiste La morte del carnevale, la Tammurriata ed anche il matrimonio dei femminielli (da tradizione nove mesi dopo il matrimonio ha luogo la citata figliata). Un sapere popolare ancora vivo, ma torniamo alla figliata…
… Il parto dei femminielli è un rito di derivazione pagana, un gruppo di uomini mima e si comporta come se uno di loro dovesse partorire, c’è apprensione ed attesa intorno al letto, il partoriente è posto al centro della scena, immerso tra le lenzuola, è sudato, sofferente, si lamenta nella speranza di liberarsi dal dolore, i partecipanti si disperano a loro volta e ne esce fuori quasi un canto all’unisono con il partoriente, come un solista con il suo coro.
La nenia va avanti fino a che il femminiello “partorisce” il bambino, sempre di sesso maschile. In originale non è un bambolotto come si vede nel film, ma un fallo di legno vero e proprio che viene baciato da tutti, oppure una bambola con un vistoso pene retto. Tutto si svolge sotto un impalpabile velo (in effetti ad un parto di solito non si assiste)ed è meglio sentire che vedere, certe cose.
“È un rito quasi magico di fertilità così antico da sembrare eterno”. (Peppe Barra)
Oggi la figliata resta un evento speciale, non esiste un teatro o altro in cui va in scena, può succedere anche in una casa privata e fortunato chi può parteciparvi. Può accadere una volta o cento, non cercate sulle guide turistiche di Napoli non la troverete, non è uno spettacolo ma è un rito della nostra storia.
Esiste anche una versione alternativa della figliata dei femminielli, LA COVATA, tipica della tradizione contadina, dove il marito mima le doglie del parto quando la moglie incinta inizia il travaglio, accompagnandola con grida e pianti.
Infine caro lettore, se vuoi leggere qualcosa attinente alla figliata ti consiglio il libro La pelle di Curzio Malaparte, un viaggio nel ventre di Napoli tra guerra, credulità, credenze e costumi.
Auguriamoci che riti culturali del genere non muoiano mai.
La Figliata dei Femminielli

Autore dei romanzi "La pecora Rosa"e "Crazy Bear Love" e "A Destra dell'Arcobaleno" e giornalista,Carlo Ditto con la sua ironia e il suo tono sempre sopra le righe,riesce a raccontare in modo davvero unico,la quotidianetà.Nella sua rubrica "L'angolo della Pecora Rosa",accompagnerà i nostri lettori nel mondo LGBT.