Forse a causa della moltitudine di persone che si accalcano all’esterno degli uffici della questura che si trova proprio di fronte, la chiesa di San Carlo Borromeo alle Brecce non viene neanche vista. Questa chiesa però nasconde una preziosa curiosità.
Una leggenda racconta che durante l’epidemia del 1527, la Madonna di Costantinopoli apparve ad un’anziana donna, promettendole la fine della peste, e chiedendole di erigere un tempio lì dove avrebbe trovato una sua immagine dipinta su un muro. Questa immagine fu trovata nel martedì di Pentecoste del 1529 lungo le mura di cinta sotto la rocca di Caponapoli, e come richiesto vi fu edificata una cappella dedicata a Santa Maria di Costantinopoli. In seguito, per allontanare il pericolo di una nuova epidemia, si decise di costruire una chiesa più grande lungo via Costantinopoli. Fin dall’inizio essa fu venerata come odighìtria, da odos, cioè colei che indica la via.
Il famoso detto napoletano ’A Madonna t’accumpagna sembra sia nato così perché esprime visivamente la sua missione di Madre che vigila sul cammino dei figli.
Le lotte iconoclaste, iniziate nel 726 con l’intento di sopprimere ogni immagine sacra, il pericolo dell’invasione musulmana, e l’influenza dell’arte bizantina, favorirono il trasporto di numerose immagini sacre dall’Oriente all’Occidente. Nel regno di Napoli questa devozione si sviluppò fin dal 1452, quando un’icona bizantina della Madonna approdò in Calabria, e fu venerata appunto come Madre del buon cammino.
A Napoli, in particolare, questo culto si diffuse soprattutto durante gli anni in cui la città fu colpita gravemente dalla peste. Anticamente, per la presenza di alcuni allevamenti di bufali che naturalmente portarono con sé numerosi insetti, e proprio qui sin dal XVI secolo fu venerata un’ immagine di Santa Maria di Costantinopoli.
La chiesetta che custodiva tale immagine, apparteneva alla nobile famiglia Delli Zaccaria, ma prima del 1700 andò distrutta a causa di un incendio o di un terribile terremoto.
La Congrega dei nobili della Disciplina della Santa Croce di Sant’Agostino alla Zecca, la più antica confraternita napoletana, sorta nel 1290, la fece ricostruire perché servisse quale cimitero per i suoi confratelli, ma in seguito ebbe bisogno, nel 1861, di una radicale riparazione, alla quale in sostituzione della Congrega, pose mano il Municipio.
La Congrega non avendo i fondi per pagare i suoi debiti rinunziò al suo diritto di proprietà sulla Cappella, e l’ Arcivescovo di Napoli, Sisto Riario Sforza, provvide a riscattarla, aiutato anche dai padulani.
La prima immagine della Madonna di Costantinopoli, custodita nell’antica chiesetta, andò distrutta in epoca imprecisata, ma al suo posto verso il 1850, ne fu dipinta un’altra con alcune mosche. In quel periodo era avvenuta una eccezionale invasione di grosse mosche, così gli ortolani, già spaventati dalle numerose epidemie di quel secolo, si rivolsero alla Vergine di Costantinopoli per essere liberati da quegli insetti tanto molesti alle persone e dannosi ai campi. Avendo ottenuta la grazia, fecero dipingere il quadro con gli odiati insetti. Da qui il il titolo di Santa Maria delle Mosche.