La Paranza dei Bambini è il nuovo film di Claudio Giovannesi tratto dall’omonimo romanzo di Roberto Saviano. La pellicola è approdata nelle nostre sale il 13 febbraio, dopo aver trionfato al Festival di Berlino. La Paranza dei Bambini era l’unico film italiano in concorso e si è portato a casa l’Orso d’Argento per la migliore sceneggiatura, tra l’altro curata dallo stesso Saviano assieme a Maurizio Braucci e a Giovannesi.
Claudio Giovannesi, regista classe 1978 già affermatosi con Fiore e Alì ha gli occhi azzurri, pare avere conquistato tutti, stampa e pubblico. Dopo Selfie, documentario che presentava una storia vera interamente girata con la fotocamera frontale di uno smartphone, torna con successo a parlare dei retroscena della malavita napoletana (Giovannesi aveva già fimrato due puntate di Gomorra – La serie).
Roberto Saviano ha dato alle stampe “La paranza dei bambini”, il suo terzo romanzo (e il primo interamente di finzione), nel 2016. Un ritorno alle storie camorristiche ma ad altezza bambino, giocando sul doppio significato del termine “paranza” (letteralmente pesci non ancora adulti, ma in gergo criminale “un gruppo armato”). La dedica con cui Roberto Saviano apre il romanzo è: “Ai morti colpevoli. Alla loro innocenza”. Non si riferisce ovviamente ai camorristi che ha sempre combattuto, ma a quei ragazzini la cui innocenza viene compromessa dai modelli negativi che li circondano. La Paranza dei Bambini è infatti un film sull’innocenza perduta, sulla leggerezza e sull’ingenuità con cui i “paranzini” cercano di compiere il bene attraverso il male. E viceversa.
La storia è ambientata ai giorni nostri. Il quindicenne Nicola e i suoi amici, residenti nel quartiere Sanità, decidono di prendere il controllo del crimine organizzato nella zona, sfruttando vuoti di potere e conflitti tra diverse bande/famiglie. I soldi abbondano, con essi però arrivano anche ritorsioni e paranoie e Nicola inizierà a rendersi conto di essere entrato in un mondo più grande di lui, che non è in grado di controllare, soprattutto quando le rivalità tra gang di quartiere incideranno sulla sua vita sentimentale e familiare…
L’energia adolescenziale dei personaggi dona alla pellicola un ritmo euforico. Grazie al carisma dei piccoli interpreti (spicca su tutti Francesco di Napoli, vera e propria rivelazione che da pasticcere si è ritrovato a ricoprire il ruolo di protagonista in un film), tutti alle prime esperienze davanti alla macchina da presa, il clima è gioioso, quasi goliardico: si rimorchia, si gioca ai videogames, si comprano vestiti “fichi”, si va su YouTube per imparare a usare la pistola. Certo, il ritorno (brusco) sulla terra è dietro l’angolo, ma nel complesso l’atmosfera è meno cupa del solito per un prodotto che tratta questa tematica.
Napoli è teatro della vicenda ma non è quella di Gomorra: se la serie televisiva di straordinario successo planetario ha le caratteristiche del noir qui sono l’osservazione dei personaggi e il mutare della psicologia di Nicola ad essere al centro dell’attenzione. Lo sguardo umano e appassionato di Giovannesi riesce a restituirci una drammatica realtà senza pedagogia né retorica. La sua è una regia pulita e lineare ma anche molto autoriale, fatta di tanti primi piani e che predilige l’utilizzo della macchina a mano.
Come ho già detto questa è una storia di finzione, che tuttavia fa di tutto per essere vera, che lavora sulla plausibilità estrema, cerca gli ambienti più reali e si concentra tantissimo su facce, corpi e dialetto. A parte qualche scivolone e qualche passaggio non troppo credibile il film è molto godibile e di buon livello.