Lo scorso sabato, a Napoli, si è verificato un episodio grave e assai ignobile; dei balordi – non ancora identificati – hanno imbrattato e cancellato il volto della Tarantina, raffigurato su un murale a lei dedicato e realizzato dallo street artist Vittorio Valiante su una parete esterna del Palazzetto Urban. Per di più, gli stessi hanno aggiunto anche un “Non e napoli” (sorvoliamo sulla “e” senza accento), una scritta che fa capire la matrice discriminatoria e profondamente omofoba del gesto. Per adesso, in maniera simbolica, lo stesso Valiante ha sistemato un’immagine adesiva del viso della protagonista su quello annerito, in attesa che l’opera venga completamente ripristinata. Ferma è stata la reazione non solo da parte di tutta la comunità LGBTQ napoletana, ma anche delle autorità e di tantissimi cittadini offesi da quello che è, a tutti gli effetti, un oltraggio a un personaggio simbolo dei Quartieri Spagnoli e della città tutta. Lunedì, c’è stato un presidio sul posto, sentito e partecipato.
Ciò che più di altro duole constatare è che gli autori di quest’atto vandalico, con buona evidenza, sono talmente tanto ignoranti da non sapere che, contrariamente a quello che pensano, quella del cosiddetto “femminiello” – di cui la Tarantina ne è rappresentante di spicco – è una figura centralissima della storia, della cultura, della tradizione antica e anche della letteratura partenopea (si pensi, in primis, a “La Gatta Cenerentola” di Roberto De Simone). La comunità trans è stata ed è una colonna portante dell’essenza stessa di Napoli e della sua variegata “fauna umana”. Basti pensare che, in passato, si riteneva che i femminielli portassero fortuna e, per tale ragione, i genitori erano soliti affidare tra le loro braccia i neonati, come segno di buon auspicio. Dipoi, a loro era attribuita la vivace ed esilarante “smorfia”, durante il gioco della tombola, il quale, spesso, era ad appannaggio esclusivo delle donne. Ed anche nel folklore e nella religione popolare, il femminiello aveva ed ha la sua importanza. Ad esempio, durante la Candelora, ancora oggi, si effettua la cosiddetta “Juta dei femminielli”, un pellegrinaggio che parte dal centro di Napoli ed arriva fino al Santuario di Montevergine, in provincia di Avellino, consacrato a “Mamma Schiavona”, prorettrice della comunità gay e trans campana. Per non parlare, poi, del ruolo che essi hanno avuto pure nello scacciare i nazisti, durante le “Quattro Giornate di Napoli”.
Insomma, è alquanto chiaro che ciò che realmente non rappresenta e non appartiene alla città è, piuttosto, l’idiozia e l’omofobia di chi si è reso artefice di un gesto tanto odioso e in odore di neo-fascismo. Sia chiaro, e mi rivolgo agli incivili, non si può oscurare il volto della Tarantina, non ci riuscirete mai, perché esso è il volto stesso di Napoli, un posto di cui voi siete figli indegni.