Il Premio Gregor von Rezzori – Città di Firenze nasce nel 2007 per iniziativa della Santa Maddalena Foundation. Al tempo si svolgeva nell’Abazia di Vallombrosa, e nel 2010 si sposta a Firenze. Si compone di tre giorni di eventi, conferenze e incontri tra scrittori e pubblico nei luoghi più suggestivi della città. La cerimonia conclusiva vede la premiazione del miglior libro straniero e la miglior traduzione pubblicata in Italia nell’anno precedente.
Un libro che attraversa il tempo nella storia di una famiglia, come nel suo capolavoro Le ore, premiato con i più prestigiosi riconoscimenti e tradotto in trenta lingue. Un romanzo sui cambiamenti imprevedibili delle nostre esistenze, sull’amore e la perdita, sulla forza inesauribile dei legami familiari.
«E ciò che lascia questo romanzo è il tentativo di abbandonare le stanze dell’indifferenza, il gradino di mezzo sulla scala. Come barche controcorrente, evitando però di essere risospinti senza posa nel passato.» – Alice Ledronio
«Se mai dovessi andare da qualche parte, tornerò sempre.»
5 aprile 2019. In un’accogliente casa in mattoni di Brooklyn, la patina di felicità domestica di Dan e Isabel comincia a incrinarsi. Marito e moglie si stanno lentamente allontanando, attratti entrambi, a quanto pare, da Robbie, il fratello minore di Isabel, l’anima ribelle della famiglia, che abita nel loro attico. La partenza di Robbie minaccia di rompere il fragile equilibrio della famiglia, mentre la piccola Violet finge di non vedere la distanza tra i genitori e il fratello Nathan sperimenta i primi passi verso l’indipendenza. 5 aprile 2020. Quando il mondo intero si chiude in lockdown, Dan e Isabel si sentono sempre più in prigione, tra piccoli inganni e frustrazioni reciproche. Anche Robbie è bloccato, in una baita di montagna in Islanda, solo con i suoi pensieri e una seconda vita segreta su Instagram. 5 aprile 2021. La tempesta è passata, Dan e Isabel devono fare i conti con quello che hanno imparato, con le ferite che hanno sofferto, con la nuova realtà che li aspetta.
Il sogno di Álvaro Enrigue
L’incontro tra Cortés e Moctezuma, raccontato da Álvaro Enrigue, dà vita a uno straordinario romanzo di vendetta coloniale.
L’8 novembre 1519 avvenne l’incontro fatidico tra il conquistador Hernán Cortés e l’imperatore del Messico Moctezuma: fu il contatto tra due mondi incomprensibili fra loro, due visioni dell’esistente inconciliabili, due imperi che stavano entrando in collisione senza avere coscienza della portata di tale evento. Álvaro Enrigue narra un’avvincente versione di cosa accadde, in sapiente equilibrio tra ricostruzione storica e leggende tramandate, sfidando i limiti del romanzo storico e avvalendosi di una approfondita conoscenza delle sottigliezze linguistiche – prendendosi la libertà di stravolgerle usando termini e modi di dire in gergo messicano odierno – per rendere appieno la portata di quell’incontro che cambiò la storia del mondo. Da lì iniziò la conquista del continente americano, l’ascesa della Spagna come nazione più ricca d’Europa, e la fine di “un sogno”, quello dei popoli nativi che accolsero gli sterminatori come ospiti stranieri da ossequiare, sebbene per molti di loro la realtà fosse spesso un incubo sanguinario. Il tutto concepito dall’inventiva dell’autore che immagina come sarebbe andata se…
L’ora di greco di Kang Han
Scritto dopo La vegetariana e definito dalla stessa autrice «quasi un suo lieto fine», L’ora di greco si insinua − avvolto in un bozzolo di apparente semplicità − nella mente del lettore, come un «assurdo indimostrabile», una voce limpida e familiare che arriva da un altro pianeta.
«Un romanzo eccelso che diventa più profondo a ogni lettura.» – The Guardian
«Onirica, e con una capacità da sensitiva di scorgere e raccontare gli indizi minimi delle emozioni è la scrittura di Han Kang, già apprezzata nei romanzi La vegetariana, Convalescenza e Atti umani». – Sabina Minardi, L’Espresso
«Il collasso del linguaggio incarna il senso di smarrimento dei personaggi messi a confronto con il dolore di una perdita. Un cedimento che porta entrambi ad abbracciare il silenzio, meritevole se non altro di potenziare il rigoglio dello scorrere del tempo. Ed è proprio il quel momento, spogli e privi di qualsiasi sovrastruttura, che riescono nell’impresa più difficile. Accettarsi.» – Alice Ledronio
«L’impressioniamo viscerale di Han Kang nell’Ora di greco ci mette di fronte alla dimensione tattile del linguaggio». – Pablo Maurette, Robinson.
In una Seoul rovente e febbrile, una donna vestita di nero cerca di recuperare la parola che ha perso in seguito a una serie di traumi. Le era già successo una prima volta, da adolescente, e allora era stato l’insolito suono di una parola francese a scardinare il silenzio. Ora, di fronte al riaffiorare di quel mutismo, si aggrappa alla radicale estraneità del greco di Platone nella speranza di riappropriarsi della sua voce. Nell’aula semideserta di un’accademia privata, il suo silenzio incontra lo sguardo velato dell’insegnante di greco, che sta perdendo la vista e che, emigrato in Germania da ragazzo e tornato a Seoul da qualche anno, sembra occupare uno spazio liminale fra le due lingue. Tra di loro nasce un’intimità intessuta di penombra e di perdita, grazie alla quale la donna riuscirà forse a ritornare in contatto con il mondo.
Un’estate di Claire Keegan
«Un piccolo miracolo.» – The Sunday Times
Una fattoria nella campagna irlandese, una bambina silenziosa, un padre e una madre non suoi. Claire Keegan tratteggia un lessico sentimentale dell’accoglienza e dell’amore genitoriale, in un racconto di sommessa e struggente bellezza. «Può bastare anche solo un’estate per imparare a essere amati. Ce lo racconta con ineffabile grazia la piccola protagonista di questo racconto perfetto» (Viola Ardone). «Per raccontare un mondo nuovo, un’esperienza mai vissuta, servono parole nuove, quelle che Claire Keegan trova dentro un vocabolario di cose, reali come l’amore» (Maria Grazia Calandrone). «L’estate non è mai un tempo qualsiasi. Ma c’è un’estate che può essere più preziosa delle altre, che può portare in sé l’abbacinante luce della crescita. La luce con cui è scritto questo romanzo» (Valeria Parrella). «Poi attraversiamo il tepore della cucina e lei mi dice di sedermi, di fare come se fossi a casa mia. Sotto il profumo di qualcosa che cuoce nel forno c’è una punta di disinfettante, candeggina forse. Toglie dal forno una crostata di rabarbaro e la mette a raffreddare sul piano della cucina: sciroppo bollente sul punto di traboccare, foglie sottili di pastafrolla saldate alla crosta. Dalla porta entra una corrente fresca ma qui è caldo, immobile, pulito».
La festa di compleanno di Laurent Mauvignier
Strano e meraviglioso: un thriller al rallentatore.
«Quando era piccolo, lei già lo chiamava Bergogne. Era venuto così, in modo quasi spontaneo: un giorno per stuzzicarlo l’aveva chiamato per cognome; la cosa aveva divertito il bambino e aveva divertito pure lei, tutto ciò perché lui imitava spesso il padre, con quell’aria seria e consapevole che prendono a volte i bambini quando si atteggiano ad adulti responsabili.»
«Con La festa di compleanno, Laurent Mauvignier porta sulle pagine il cliché dell’invasione domestica da parte di sconosciuti, riflesso delle ansie sociali prevalenti, senza cadere nella trappola della visione dicotomica tra male e bene, ordine e caos ma conferendogli una svolta letteraria oscura resa con uno stile impeccabile e travolgente.» – Alberica Confalonieri
Campi, filari di alberi e strade provinciali, qualche fabbrica abbandonata e pugni di case abitate dai pochi agricoltori che decidono di non cedere alle sirene del posto in banca in città. In uno di questi borghi – due case, più una terza in vendita, e una stalla – abitano Patrice e Marion con la figlia Ida e, accanto, una pittrice parigina ritiratasi in campagna: Christine – aria eccentrica, capelli rosso fiamma e tutto l’anticonformismo d’ordinanza del parigino trasferito nella Francia profonda. In questo micromondo irrompe un bel giorno non soltanto un terzetto di personaggi inquietanti, ma il passato di Marion. È il giorno del suo compleanno e il marito e la figlia le organizzano una festa a sorpresa. Ma la festa non si farà, l’arrivo prima di Christophe, poi di Tartaglia e infine di Denis, manderà all’aria i programmi in un crescendo di tensione e di terrore degno, con il procedere della storia, di un ottimo thriller. Ci sarà sangue e ci saranno colpi di pistola e un finale forse aperto in cui tutti saranno un po’ colpevoli e un po’ vittime, ma senz’altro protagonisti di una specie di terribile catarsi.