Mia cara madre,
sta pe’ trasí Natale,
e a stá luntano cchiù mme sape amaro….
Comme vurría allummá duje o tre biangale…
comme vurría sentí nu zampugnaro!…
A ‘e ninne mieje facitele ‘o presebbio
e a tavula mettite ‘o piatto mio…
facite, quann’è ‘a sera da Vigilia,
comme si ‘mmiez’a vuje stesse pur’io…
E nce ne costa lacreme st’America
a nuje Napulitane!…
Pe’ nuje ca ce chiagnimmo ‘o cielo ‘e Napule,
comm’è amaro stu ppane!
Queste sopra riportate sono le prime tre strofe di una delle canzoni napoletane più belle e conosciute del secolo scorso. Parliamo di “Lacreme napulitane”, un brano scritto dal grande Libero Bovio con l’accompagnamento musicale di Francesco Buongiovanni. E in aggiunta, il componimento in analisi – che affronta, in maniera struggente, il tema dell’emigrazione – è stato anche fonte di ispirazione per l’omonimo film del 1981 con Mario Merola.
Ebbene, per trattare, nel nostro piccolo, di Bovio, abbiamo deciso di partire da questo testo proprio per il riferimento che viene fatto al Natale e all’amplificazione, in questo giorno, della sofferenza legata allo stare lontano da casa. A dire il vero, oggi, a differenza del passato, i collegamenti sono molto più avanzati ed efficaci e, per giunta, esistono anche strumenti di comunicazione rapida, come telefono o internet, tuttavia tutti possiamo provare ad immedesimarci e ad immaginare cosa possa significare non poter vedere i propri cari neppure in occasione delle festività. Leggendo, dunque, le parole della canzone o semplicemente ascoltandola – magari nelle versioni stupende di Roberto Murolo o di Mina – possiamo facilmente constatare quanto il poeta e scrittore napoletano sia stato bravo nel sublimare con le parole e nel rendere su carta quel moto dell’animo umano che è il dolore.
Di certo, però, “Lacreme napulitane” non è l’unico brano degno di nota all’interno della vasta composizione boviana, infatti, sicuramente da citare sono anche successi come “Surdate” – suo primo componimento, risalente al 1910 e musicato da Evemero Nardella – “Passione”, “Tu ca nun chiagne”, “Silenzio cantatore”, “Canta pe’ mme”, “Reginella”, “Guapperia” e la celeberrima canzone dal titolo “ ‘O paese d’ ‘o sole”.
Ma oltre ai testi scritti espressamente in napoletano, egli ne ha composti anche in italiano, come “Signorinella” e “Cara piccina”, e proseguendo, lo stesso ha scritto persino importanti opere teatrali, quali “ ‘O prufessore”, “Gente nosta”, “ ‘O Macchiettista”.
Insomma, emerge chiaramente, sia pure in minima parte all’interno della breve trattazione di questo articolo, l’enorme valore artistico profuso da quello che è stato, al pari di Salvatore Di Giacomo, E.A. Mario ed Ernesto Murolo, uno dei principali artefici dell’epoca d’oro della canzone napoletana.
Purtroppo, il vasto bagaglio culturale del nostro passato rischia di finire per essere perso, soprattutto per le nuove generazioni, per le quali, spesso, quello di Bovio è solo il nome di una piazza centrale, ed allora il nostro proposito è di cercare di stimolare il piacere della riscoperta. Magari qualcuno, cliccandoci in rete, ora sarà invogliato ad ascoltare queste poesie in musica, oppure addirittura a recarsi a dare omaggio al poeta presso la sua tomba, nel Cimitero Monumentale di Poggioreale, accanto ai tanti uomini illustri della sua città. Non sarà difficile riconoscerla perché, oltre al nome, su di essa sono incisi i versi di “Addio a Maria”, dedicati alla moglie, sebbene la sua volontà, a riprova della sua grande ironia dal piglio partenopeo, era in realtà quella di riportare sulla propria lapide l’epitaffio “Qui non riposa Libero Bovio perché di notte gli altri morti litigano tra di loro e gli danno fastidio”.