La cronaca nera ci ha consegnato una storia terribile in questi giorni con la morte di Giulia Tramontano e del suo piccolo Thiago.
Incinta al settimo mese di gravidanza, appena 29enne, Giulia incontra la morte in un modo atroce.
Ancora una volta, chi dichiara di amare diviene assassino crudele e spietato.
Il suo compagno, un barman di un famoso locale in di Milano, viveva da tempo una doppia vita divisa tra Giulia e un’altra donna che lavorava come cameriera nel suo stesso luogo di lavoro.
Una volta che le donne hanno scoperto il suo doppio gioco, la situazione è divenuta, a suo dire, un po’ stressante e lui ha deciso di liberarsi degli ostacoli per i suoi obiettivi e fini egoistici.
Dopo essere fuggito via vigliaccamente al momento del “gioco della verità” a cui le donne lo hanno costretto nel suo stesso bar, ha probabilmente messo insieme i pezzi di un puzzle spaventoso fatto di menzogne, spietatezza e assoluta assenza di emozioni.
Giulia, tornata stravolta a casa, vuole solo lasciare il compagno da cui si sente tradita, ma la sua scelta si rivela tragicamente fatale.
L’uomo – rivela l’autopsia- colpisce Giulia con ben 37 coltellate nella parte alta del corpo, soprattutto alla gola e la colpisce alle spalle in modo che lei non abbia nemmeno la possibilità di proteggersi e provare a difendersi.
37 coltellate non sono semplicemente l’eliminazione di un soggetto scomodo nella sua vita come ormai Giulia era per il barman, bensì molto, molto di più … è l’accanimento di un risentimento, di un rancore, di una rabbia oltre misura e oltre ogni ragionevolezza possibile.
La freddezza e la totale assenza di empatia rendono l’assassino al limite della capacità umana di sentire emozioni e provare dolore; le sue stesse dichiarazioni agli inquirenti rese note alla stampa fanno rabbrividire perché lo stesso dichiara di non aver provato emozioni, di non aver avuto esitazioni, dimostrando anzi una gestione ossessiva e controllata della fase temporale della scomparsa di Giulia – quando ancora si cercava – tutto dedito alla pulizia di tutti gli spazi interessati dai suoi transiti con il corpo straziato della povera Giulia.
Giulia non era sola…Giulia erano due, lei e Thiago, un bimbo che a sette mesi sarebbe potuto nascere.
Thiago era figlio del suo assassino.
Lo sconcerto per la loro morte è indescrivibile perché un uomo che dimentica questo, che è disposto per la sua libertà a disfarsi di compagna e figlio nel peggiore dei modi e che accoltella senza pentimento, uccidendo entrambi in preda a sofferenze atroci, non sono semplici da accettare.
La cronaca nera ci riporta sempre a drammi sempre più forti con storie sempre più tragiche ma nella storia di Giulia c’è troppo, c’è qualcosa di insostenibile, tutto un concentrato di disperazione e irrazionale disumanità.
Il cerchio intorno al colpevole si è chiuso grazie alla seconda donna che ha effettuato una serie di registrazioni e messo in atto una serie di comportamenti rivelatisi fondamentali per incastrare il barman alle sue responsabilità.
La donna è stata perspicace, ha colto la folle crudeltà del compagno e l’ha rivelata a Giulia…ma soprattutto – visto che poteva anche lei divenire vittima allo stesso modo – è stata guardinga, non ha mai acconsentito ad un ultimo incontro di chiarimento, spesso vero e proprio appuntamento con la propria condanna a morte e ha contributo con i suoi racconti e le prove raccolte, all’arresto del colpevole.
In risposta alla terribile scomparsa di Giulia e Thiago, il sentire comune è stato particolarmente scosso, la stessa politica ha presentato le novità legislative sul tema del femminicidio che peraltro erano già state contemplate ma nell’enfasi del triste momento, hanno avuto maggiore impatto comunicazionale.
Femminicidio che nel caso della bellissima Giulia, si tinge ancor più di nero perché le vittime sono due…e questo non può essere un fatto secondario.
La brutalità di certi uomini nei confronti delle donne sta divenendo una costante inaccettabile, quasi una pericolosissima inversione di rotta verso logiche di possesso e ossessione della relazione personale.
Giulia era divenuta un ingombro alla relazione del compagno amato con la malcapitata cameriera, vittima anch’essa di bugie e raggiri e, benché in attesa del loro figlio, andava eliminata a costo di perdere anche Thiago.
Eppure, la loro vita prima dell’incursione dell’amante e delle sue rivelazioni scorreva apparentemente in modo normale …
Le indagini sul punto stanno valutando anche l’ipotesi della premeditazione in quanto nel suo zaino, il barman portava seco delle scatole di veleno per topi…forse già per liberarsi di Giulia?
Se così fosse, l’uccisione di Giulia è accaduta il giorno della rivelazione, ma era già nella mente del suo assassino…nonostante Thiago e nonostante lui, il lurido, facesse vita di coppia…anzi di doppia coppia.
La leggerezza di decidere di non affrontare le conseguenze delle sue scelte in modo responsabile e la spietatezza dell’omicidio e delle azioni successive, con astuti depistaggi e fredde risoluzioni, rendono il colpevole particolarmente abietto in tutti i casi di femminicidio laddove a macchiarsi di sangue non sono colpevoli casuali ma i familiari più stretti, gli affetti vicini, quelli che dovrebbero essere rassicuranti e protettivi.
Ad oggi in questo primo scorcio del 2023, le vittime di femminicidio sono state 45 e ben 37 ammazzate in ambito familiare per mano di compagni, fidanzati, mariti o ex mariti.
Giulia non ha compreso quanto pericoloso fosse chi aveva vicino e non per colpa ma per la sua furbizia e capacità di dividersi nella sua doppia vita da abile doppiogiochista.
E probabilmente anche se Giulia avesse percepito che non tutto era come pensava, che l’amore non era quello che si aspettava, si bastava di Thiago e del suo arrivo.
Da poco infatti era scesa a Sant’Antimo per preparare il corredino per il suo bambino.
Si sta provando anche a livello normativo ad essere più incisivi nei casi in cui ci sono dinamiche relazionali pericolose e insidiose per le donne, anticipando delle azioni preventive per non intervenire quando ormai è troppo tardi.
Ma a cambiare non deve essere solo la legge bensì un modo di pensare, di essere e di vivere l’altro nella propria vita, come oggetto del desiderio da scaricare e eliminare quando non serve più o addirittura diviene di intralcio.
E Giulia questo ormai era … un intralcio alla nuova relazione nata nel bar al ritmo dei cocktail che il carnefice realizzava in modo composto e professionale.
Deve cambiare la mentalità, si deve attivare una educazione ai sentimenti e alle emozioni anche nelle scuole perché soprattutto i ragazzi crescano con idee dissimili dal barman.
Possesso, prepotenza, mortificazione, ricatti emotivi, violenza, cattiveria, prevaricazione non hanno nulla a che fare con l’amore…con il rispetto per l’altro e la condivisione di un progetto di vita.
Giulia ha pagato cara con la vita sua e del suo bambino il finto amore del suo compagno credendo forse alla favola dell’amore che ama con l’idillio del vissero tutti felici e contenti, inconsapevole che la sua era tutt’altro che una favola, dal triste epilogo peggiore di qualsiasi sceneggiatura horror che si conclude con un amarissimo the end:
“Quando l’amore non ama, ma uccide”.