Ancora cinema! Stavolta in una delle sue declinazioni più gradite al pubblico, ovvero le storie d’amore. Abbiamo provato ad individuare le 5 storie d’amore, raccontate al cinema, che hanno maggiormente appassionato gli spettatori.
Iniziamo con la storia d’amore diJack e Rose, i “mitici” protagonisti della storia del Titanic, per come l’ha voluta raccontare nel 1997 il regista James Cameron che, ad oggi, è il secondo film con il maggiore incasso nella storia mondiale del cinema (il primo è Avatar (2009), sempre diretto da Cameron.
Titanic detiene anche il record di più nomination agli Oscar (14 candidature) e quello con più vittorie in assoluto della prestigiosa statuetta d’oro (11 vittorie agli Oscar 1998).
Perché parlare ancora di Titanic?
Perché è un punto fermo della cinematografia di Hollywood e dell’immaginario popolare degli anni ‘90, sia per chi lo ha amato che per chi lo ha detestato. All’epoca rimanemmo tutti un po’ sorpresi dalle doti melodrammatiche di Cameron, ignorando i semi melò dei suoi Terminator dove il metallo, il destino, le passioni e la morte agganciavano lo spettatore con un potente legame empatico. La maturazione di questi elementi esplode magnificamente e in Titanic c’è tutto quello che serve per lasciarsi andare: gli stereotipi, i sogni, le lacrime, gli attori, la fine nota e soprattutto la grande e tragica storia d’amore. E le note indimenticabili di Horner fanno il resto.
Passiamo adesso a un’altra storia d’amore, una storia un po’ surreale anche se, a pensarci bene, così surreale non è, anzi è “vitalizzante” in un periodo in cui dominano logiche di emarginazione. I protagonisti di questa storia d’amore si stagliano, infatti, nel plumbeo orizzonte della gentrificazione culturale e ci raccontano che un altro mondo è possibile. Parliamo, per chi non l’avesse capito, di Shrek e Fiona, i protagonisti della fortunata e divertente saga di Shrek, una fiaba intelligente che ci racconta, per l’appunto, l’amore per quello che è e non per come lo vorrebbero le fiabe.
Politicamente scorretto e originale nel rovesciamento ironico dei topoi classici delle fiabe, Shrek è stato un grande successo di pubblico, di critica e un fenomeno globale, dando origine a una saga successiva e ad alcuni spin off.
Si tratta di un film d’animazione del 2001 diretto da Andrew Adamson e Vicky Jenson, basato sulla fiaba omonima del 1990 di William Steig; prodotto e distribuito dalla DreamWorks nel maggio 2001, presentato in concorso al 54º Festival di Cannes, è stato il primo film a vincere l’Oscar al miglior film d’animazione, categoria introdotta nel 2002.
Inserito dal New York Times nella lista dei 1000 migliori film di sempre, Shrek racconta la vita dell’irascibile orco verde Shrek che viene di colpo sconvolta da un gruppo di personaggi cacciati dal regno delle fiabe dal perfido lord Farquaad. Per tornare alla tranquillità nella sua palude, Shrek si improvvisa eroe e, con l’asino parlante Ciuchino, parte alla ricerca della promessa sposa del lord, la bellissima principessa Fiona tenuta prigioniera in un maniero custodito da un drago.
I due un po’ si amano e un po’ si odiano, ma dopo mille ostacoli, un bacio scioglie l’incantesimo di Fiona, che prende le sembianze del suo vero amore: quelle di una orchessa.
La recente narrazione sentimentale delle dinamiche relazionali e affettive della contemporaneità ci delinea frontiere sempre nuove rispetto alle possibilità di formulare tipi “altri”di relazioni sentimentali e/o sessuali, nel pieno consenso di tutti i partner coinvolti, anche in dichiarata opposizione al postulato della monogamia sociale come norma necessaria.
Eppure, diversi anni fa, uno dei maestri della nouvelle vague, Monsieur François Truffaut, a proposito della storia d’amore raccontata nel film Jules e Jim, da lui diretto nel 1962, affermava che il mènage a trois “è un inno alla vita e alla morte, una dimostrazione dell’impossibilità di qualunque combinazione amorosa al di fuori della coppia”.
Al di là delle convinzioni personali, ci preme ricordare, a proposito di storie d’amore, questa che è la storia di un triangolo amoroso che suscitò un considerevole scandalo, tanto che venne proibito ai minori di 18 anni. In Italia rischiò di non essere distribuito, uscì nelle sale solo grazie ai buoni uffici di Roberto Rossellini e Dino De Laurentiis. Protagonisti sono una Jeanne Moreau al suo meglio, nei panni di una donna ironicamente sensuale e passionale che persegue l’amore nella sua forma più anarchica e liberatoria, Oskar Werner e Henri Serre.
Il volto di Jeanne Moreau, recentemente scomparsa all’età di 89 anni, è una visione vertiginosa. Truffaut è innamorato di Catherine (e anche dell’attrice che la interpreta) esattamente come lo sono i personaggi protagonisti. Non importa chi si alterna nel rapporto con la donna, perché c’è lui ad accarezzarla con la macchina da presa, a fotografarla con il bianco e nero di Raoul Coutard, a narrarne le vicissitudini con la voce di Michel Subor.
“Jules e Jim è un sogno”, diceva Truffaut. “Noi tutti soffriamo del lato provvisorio dei nostri amori, e questo film ci fa appunto sognare di amori eterni”. Ma anche il film, come la passione che lo abita, sembra eterno se quarant’anni dopo non ha perso la sua magia.
La quarta pellicola che vi proponiamo è Moonlight anche se definire Moonlight un film romantico può sembrare azzardato.
Eppure – senza entrare nello spoiler – crediamo che il film di Barry Jenkins abbia nella sua trama una delle storie d’amore più belle, interessanti e meglio raccontate degli anni duemila.
Divisa in tre capitoli, la pellicola narra la vita – infanzia, adolescenza e età adulta – di Chiron, un giovane ragazzo di colore cresciuto nei sobborghi di Miami.
Qui, a causa della comunità in cui vive, viene guidato alla scoperta di se stesso e alla formazione di un io con cui dovrà imparare a fare i conti.
Il film ha ottenuto 8 candidature e vinto 3 Premi Oscar, 6 candidature e vinto un premio ai Golden Globes, 4 candidature a BAFTA, 5 candidature e vinto un premio ai London Critics.
Mai il termine di “romanzo di formazione” si può usare con tanta appropriatezza come in questo caso, un film intimo e poetico sull’identità, la famiglia, l’amicizia e l’amore, animato dall’interpretazione corale di un meraviglioso cast di attori.
In una bella scena di “Moonlight”, il giovane protagonista Little si confronta con i due adulti che l’hanno accolto e quasi adottato, mentre la madre si fa di crack sul divano di casa.
“Che vuol dire frocio?”, chiede. “Ma io sono gay?,” rincara, ascoltata la spiegazione, “come faccio a saperlo?”. “Lo saprai quando sarà il momento tu lo sappia,” gli viene risposto.
Al di là del (pur esemplare) didascalismo del dialogo – qui riportato in forma sintetica e semplificata – la questione del film di Barry Jenkins sta tutta lì: è identitaria. Pone domande su chi siamo, quali sono i comportamenti che ci definiscono, quali gli stereotipi che ci imprigionano.
Sullo sfondo una storia d’amore, la storia d’amore che tutti vorremmo vivere, oltre ogni barriera, oltre il tempo e lo spazio che ci dividono.
Infine, impossibile non inserire nella cinquina Ghost, un film del 1990 diretto da Jerry Zucker ed interpretato da Patrick Swayze, Demi Moore e Whoopi Goldberg.
Ottenne un inaspettato successo di pubblico, vincendo anche 2 Oscar: uno per la miglior sceneggiatura originale (consegnato a Bruce Joel Rubin), l’altro per la miglior attrice non protagonista, andato a Whoopi Goldberg. Il film contribuì anche a rilanciare Patrick Swayze, già protagonista di Dirty Dancing – Balli proibiti nel 1987. La pellicola ottenne una nomination all’Oscar anche per la colonna sonora, firmata da Maurice Jarre.
Sam e Molly sono due giovani innamorati che vivono felici a New York. Hanno appena deciso di convolare a nozze ma una sera rimangono coinvolti in una rapina e Sam viene ucciso. Sam, però, non sparisce nel nulla, anzi: diventa un fantasma-angelo custode della sua amata e le sta perennemente accanto, a insaputa di lei che non riesce a percepirne la presenza fantasmatica ed è disperata dalla sua prematura e improvvisa dipartita.
Un film cult che ha fatto piangere intere generazioni, dando a molti spettatori l’illusione e la speranza che l’amore vada ben oltre la nota formula “finché morte non ci separi”.
Nella sua contaminazione di generi, Ghost rimane un gioiello, per come riesce ad amalgamare omogeneamente il thriller, il romantico, il drammatico e persino il divertente.
Da vedere con la propria Molly o con il proprio Sam, ovviamente anche a sessi non alternati, attrezzandovi, possibilmente, di creta da modellare per finire la serata imitando la scena più famosa e sensuale della pellicola!