Trama: Il 15 giugno, a Dragona, tutti aspettano il miracolo della Madonna sull’acqua. La statua della Vergine viene posta su una barca e quella notte attraversa il mare per alcuni metri. Tra le facce di chi assiste allo scenario con trepidazione, c’è Ezio Cantone, che ha sedici anni ed è omosessuale, innamorato di Francesco Ciano, un coetaneo che però cova un’omofobia troppo violenta. C’è Teresa Miele, una non definizione, una ragazza in lotta perenne con le imposizioni di genere, sofferente in quel suo corpo grasso di donna, più volte abusata da suo padre e costretta, da questo, a prostituirsi. Ci sono anche Stefano e Diego, due ragazzini che cercano riparo dalla realtà troppo marcia nei loro giochi improvvisati e perversi. E Marisa, una donna gracile, che riesce a trovare sollievo a una vita troppo claustrale dalla relazione segreta con Pasquale Scano, un adolescente, amico dei suoi tre figli. Un mare grigio, infermo, infetto, fa da cornice a questa storia che è un intreccio di vite alla deriva, sfiduciate, disilluse. Dove non c’è salvezza, né speranza, neanche quella in un prodigio.
Milena Edizioni
Recensione: Maregrigio non è un libro per tutti, bisogna essere pronti ad affrontare le brutture e gli scempi, qui si conoscono personaggi che entrano sotto pelle, attraversano le vene e vanno in circolo. Personaggi deboli, personaggi laidi, personaggi sofferenti, personaggi che non si dimenticano.
Dragona fa da sfondo a vicende che in un modo o nell’altro s’intrecciano tra di loro, Dragona con il suo mare certamente non cristallino, le sue acque torbide sono il riflesso di vite stracciate, spinte al limite per colpa della malvagità o dalla voglia di essere se stessi.
I temi sono spigolosi e vengono affrontati con una durezza necessaria, spesso violenta, asciutta che il lettore potrebbe quasi paragonare allo stile di Ammaniti. C’è voglia di salvezza e speranza, ma raggiungerle non è per tutti. Le bassezze umane non hanno limiti e si travestono da buone intenzioni sotto lo sguardo pietoso di una Madonnina che deve essere portata in processione. L’ipocrisia della gente che sa e fa finta di non sapere.
Una narrazione brutale che non perdona, seziona la vita e la da in pasto ai lupi, soprattutto quella di chi necessita maggior protezione come donne, omosessuali o bambini.
La pietà non è contemplata in questo posto dimenticato da Dio, non esiste giustizia.
Un libro meravigliosamente crudo, forte, che causa dolore per ogni pagina letta, una storia necessaria.
Vincenzo Restivo Nato a Caserta. Docente di lingue e letterature straniere, mediatore linguistico e culturale, interprete e traduttore. Attivista per i diritti degli omosessuali, già consigliere delegato alla cultura per l’associazione RAIN arcigay Caserta. Esordisce con la “Trilogia degli insetti”, per la Watson edizioni, serie di romanzi di formazione a tematica LGBT che comprende: “L’abitudine del coleottero” (2013), “Quando le cavallette vennero in città” (2014) e “Il tempo caldo delle mosche” (2015). Nel 2016 pubblica “Storia di Lou” (Watson edizioni), opera sulla perdita dell’innocenza e sull’identità di genere; e il romanzo breve “La Santa Piccola” (Milena edizioni), storia «cruda e tenera» sui temi della prostituzione minorile e l’omosessualità . Di quest’ultimo è in progetto un adattamento cinematografico con la cada di produzione RainDogs di Roma. Restivo attualmente vive e insegna a Firenze.
INTERVISTA
Ci racconti la genesi di Maregrigio.
È sempre difficile per me raccontare l’inizio dell’idea di una narrativa. C’è chi spesso mi chiede come mi sia nata l’ispirazione, ed io resto sempre un po’ perplesso, dubbioso su quello che ci sarebbe da esporre, inclinato verso il rischio inevitabile di dare risposte artificiose. Questo per dire che davvero non so come nascono le narrazioni, ma che hanno sicuramente a che fare con dei percorsi atavici che hai dentro e ti porti appresso dal tuo esordio al mondo. C’è, in ogni caso, una nota di merito che devo concedere alla cronaca e a quel bisogno di dare un contributo alla denuncia. Ho la penna e la carta, non ho altro, io. E Maregrigio è nato così, inizialmente dal bisogno di mettere su carta un grido e una denuncia che molto aveva a che fare con la storia terribile di Ciccio e Tore, i fratellini di Gravina di Puglia. Da lì poi la storia si è tessuta un po’ da sola, grazie a quelle necessità ataviche di cui parlavamo prima, e così sono nati gli altri personaggi, è nata Dragona, e tutto quel che segue…
Una prosa dura, diretta e dolorosa, ma necessaria. A chi sconsiglierebbe il suo libro?
Credo che i libri non si sconsiglino, si consigliano con criterio anche a chi li sconsiglieresti. E suona un po’ come una “messa in guardia”, un “consiglio ma con riserva”. Spesso quel criterio è l’età, le esperienze di vita, le necessità. Per questo rispondo così: consiglio Maregrigio a chi ha necessità di scavalcare preconcetti letterari e linguistici, di addentrarsi in un neorealismo che non è solo di facciata quanto meramente pragmatico.
Lei è un docente, i suoi alunni hanno letto Maregrigio? Come hanno vissuto la storia?
Non so se i miei alunni abbiano mai letto Maregrigio, so di qualcuno, anni fa, che aveva letto altro di mio. Le mie storie hanno sempre un rapporto molto stretto con l’adolescenza, quasi viscerale. Sono narrative di formazione nelle quali gli stessi adolescenti possano sviluppare il giusto grado di empatia, confrontarsi con le diversità culturali, di genere, linguistiche. Lo scopo della narrativa è proprio questo, o no?
Quanto hanno influito le sue origini sulla trama del libro?
Le origini sono quell’atavismo che ti porti insito addosso: sulla pelle, nelle ossa, sulla punta della lingua, mentre articoli le parole. Vivo a Firenze da anni ormai ma, ad esempio, la mia lingua resta campana, ha il suono affricato sonoro di certi lemmi inevitabili che sono i codici della mia identità. Un’identità che, inevitabilmente, influenza anche quello che scrivo. Quindi sì, quello che sono stato e continuo a essere, la mia storia di ieri e quella di oggi, non scindono dalle mie narrazioni. Le mie storie avranno sempre un soffio campano, credo sia ineluttabile e anche doveroso. Spesso ha a che fare anche con l’orgoglio della propria provenienza.
Che lettore è Vincenzo Restivo?
Sono molto selettivo e poco accondiscendente. Leggo molta narrativa di formazione e ho le idee ben chiare su cosa comprare quando mi reco in libreria. Ho alcuni autori di riferimento che è raro che mi deludano: Philip Ridley, Gutiérrez, Besson, Simona Vinci, L.R. Carrino. Amo anche scoprire autori nuovi, perché credo sia vero quello che si dice in giro, che la piccola e media editoria ami rischiare di più. Acquisto tanta editoria indipendente per questo motivo. Ciò mi ha portato a legare rapporti di stima ( e d’amicizia) con molti narratori, spesso messi un po’ in ombra dal business di certi marchi, ma del tutto validi, a volte molto più di quello che ci aspettiamo. In riferimento a questo , è quindi giusto avere un approccio meno pregiudizioso verso le nuove realtà editoriali. Mi premeva dirlo. L’ho detto.
Sta lavorando a qualche nuovo progetto attualmente?
Sto lavorando a un nuovo progetto in linea con i miei ultimi testi. Il successo (del tutto inaspettato), del mio La Santa Piccola, la sua trasposizione cinematografica con la Biennale di Venezia, e il premio Napoli Cultural Classic 2021 per Maregrigio, mi hanno reso consapevole di un fatto: questa è la strada giusta. E il bello è che è una strada senza compromessi perché scrivo quello che voglio e quello che voglio io, lo vuole anche una fetta di pubblico che mi segue. Credo che, per un autore, non ci sia cosa più incredibile di questa.