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© 2022 Senzalinea testata giornalistica registrata presso il Tribunale di Napoli n. 57 del 11/11/2015.Direttore Responsabile Enrico Pentonieri
Storia di Napoli

NAPOLI ESOTERICA: Cappella Sansevero, il mito del Principe e il Cristo velato

Luciana Pasqualetti
Luciana Pasqualetti 6 anni fa
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5 Min Lettura
© Museo Cappella Sansevero
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Uno dei più grandi e illustri personaggi della Napoli del ’700, fu il principe di Sansevero e duca di Torremaggiore, chimico, filosofo e alchimista la cui scoperte suscitarono sconcerti all’epoca e la cui fama vive ancora oggi. Inventò macchine idrauliche e pirotecniche e altri marchingegni strani.  I rumori provenienti dai laboratori sotterranei di Palazzo Sansevero che si udivano a tutte le ore del giorno e della notte, gettando bagliori sinistri, accrescevano la fervida immaginazione popolare dei napoletani, in special modo quella di tutti quelli che abitavano nei vicoli del centro antico.
Di vasto splendore il Cristo velato, opera dello scultore Giuseppe Sanmartino,(1753).

Il Cristo velato è una delle opere più note e suggestive al mondo.

In principio, la statua doveva essere eseguita da Antonio Corradini, che aveva già scolpito la mirabile opera di la Pudicizia, ma nel 1752, Corradini morì lasciando solo un bozzetto in terracotta del Cristo, oggi conservato al Museo di San Martino.

Raimondo di Sangro allora, incaricò un artista napoletano, Giuseppe Sanmartino, per realizzare “una statua di marmo a grandezza naturale, che doveva rappresentante Gesù Cristo morto, coperto da un sudario trasparente realizzato dallo stesso blocco della statua”.

Sanmartino non si attenne al bozzetto dello scultore veneto. Dette il meglio di se dando al sudario un morbido movimento di pieghe che avvolgono il corpo nudo, La vena gonfia sulla fronte i segni dei chiodi, sulle mani e sui piedi, il volto sofferente fanno si che chi la guarda sia pervaso da un fremito di meraviglia

LA LEGGENDA DEL VELO

La fama di alchimista di Raimondo di Sangro ha fatto nascere sul suo conto numerose leggende. Una di queste riguarda proprio il velo del Cristo di Sanmrtino: da oltre duecentocinquant’anni, hanno erroneamente ritenuto la trasparenza del sudario frutto di un processo alchemico di “marmorizzazione” compiuto dal principe di Sansevero.

In realtà, il Cristo velato è un’opera interamente in marmo, ricavata da un unico blocco di pietra, come attestano vari documenti conservati presso l’Archivio Storico del Banco di Napoli, dove possiamo trovare un acconto di cinquanta ducati a favore di Giuseppe Sanmartino a firma di Raimondo di Sangro (il costo complessivo della statua ammonterà alla ragguardevole somma di cinquecento ducati). dove il principe scrive:

“E per me gli suddetti ducati cinquanta pagarete al Magnifico Giuseppe Sanmartino in conto della statua di Nostro Signore morto coperta da un velo ancor di marmo il sudario trasparente sarà realizzato dallo stesso blocco di marmo della statua.”

La leggenda del velo, però, è dura a morire. Ancora oggi suscita meraviglia.

Ma la Cappella Sansevero non finisce di stupire chi la visita, la presenza dei “mostri” nei vecchi armadi della cappella, è quasi terrificante. Si tratta di due cadaveri, un uomo e una donna, quest’ultima incinta, si ipotizza che possa trattarsi di due schiavi di colore. Con la sua abilità il principe riuscì ad eliminare l’involucro dei corpi, riuscendo a metallizzare tutti i capillari dell’intero sistema delle vene e delle arterie. Si mormora che il procedimento sia stato attuato sui corpi ancora vivi, tuttavia fonti attendibili sembrerebbero smentire questa macabra ipotesi.


Sembrerebbe  secondo molti racconti che, nelle notti di Natale e Pasqua, la cappella si animi con note di organo, e come per magia si diffonda una strana luce, e nei vicoli circostanti si diffonda  un intenso odore di incenso, c’è chi giura di aver sentito distintamente passi di stivali muniti di speroni,
scendere da una scalinata posta dietro la sagrestia della cappella.

Un altro fantasioso racconto riguarda le circostanze della morte del principe di Sansevero, a questo riguardo è proprio lo storico Benedetto Croce che  riporta tale episodio:

«Quando sentì non lontana la morte, provvide a risorgere, e da uno schiavo moro si lasciò tagliare a pezzi e ben adattare in una cassa, donde sarebbe balzato fuori vivo e sano a tempo prefisso; sennonché la famiglia cercò la cassa, la scoperchiò prima del tempo, mentre i pezzi del corpo erano ancora in processo di saldatura, e il principe, come risvegliato nel sonno, fece per sollevarsi, ma ricadde subito, gettando un urlo di dannato»..

 

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Luciana Pasqualetti Giu 24, 2019
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Pubblicato da Luciana Pasqualetti
Fiorentina di nascita ma napoletana con il cuore. Appassionata di cucina, storie e racconti su Napoli. Entusiasta per tutto ciò che è antico, non disdegnando il nuovo. Ama la puntualità e non sopporta l'approssimazione.
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