A seguito di un’attività d’indagine contro il terrorismo, gestita dal G.I.C.O. (Gruppo d’Invesitigazione sulla Criminalità Organizzata) della Guardia di Finanza e coordinata dal pm Catello Maresca, è venuto alla luce uno scandaloso sistema di corruzione messo in atto nel capoluogo campano. Sul versante strettamente connesso all’aspetto terroristico non è emerso nulla di rilevante, ciò che è balzato fuori, invece, è, per l’appunto, una vera e propria associazione per delinquere, con la finalità di concedere falsi permessi di soggiorno in cambio di denaro. In conseguenza dell’inchiesta, dunque, sono state arrestate ben sette persone, tra cui un poliziotto ancora in servizio presso l’Ufficio immigrazione della Questura di Napoli e un ispettore in pensione. Nove, in aggiunta, risultano essere gli indagati, tra cui altri due ex poliziotti in pensione, nonché un avvocato. Come si diceva, l’organizzazione favoriva la concessione o il rinnovo di permessi di soggiorno a stranieri senza i requisiti di legge ma, evidentemente, disposti a pagare per ottenere illecitamente la documentazione. Le pratiche accertate ottenute attraverso questa modalità pare siano 136, anche se in un’intercettazione un indagato ha detto “ne abbiamo fatti entrare a migliaia”.
Da un’agendina trovata durante le perquisizioni si è capito pure in che modo e con quale tariffario il tutto sia stato gestito. Ebbene, alcuni immigrati, suddivisi per nazionalità, raccoglievano gli interessati e, in un secondo momento, si occupavano di corrompere gli agenti, con cifre che andavano dai 50 euro per una semplice informazione ai 3 mila euro per il totale conseguimento del permesso. In più, dalla Guardia di Finanza e dalla Polizia, sotto la guida della Dda di Napoli, sono stati sequestrati anche dei bigliettini con un certo linguaggio in codice, i quali ricordano i famosi “pizzini” in stile mafioso.
Insomma, è tutto molto vergognoso e decisamente deprecabile, specie perché ad essere coinvolti sono anche uomini in divisa. Tuttavia, l’aspetto che più fa amaramente sorridere di questa situazione è che tutto ciò si sia verificato, e si verifichi, in un periodo storico nel quale c’è chi, soprattutto per tornaconto elettorale, insiste sul proporsi continuamente come eroe contro la cosiddetta immigrazione clandestina e per farlo avanza sospetti – non risparmiandosi di fare di tutta l’erba un fascio – contro Ong che salvano vite in mare, associazioni di mero volontariato e virtuosi modelli di integrazione. Che strano, allora, che non si sia mai chiesto di attenzionare con uguale intransigenza eventuali fenomeni di favoreggiamento pure da parte di mele marce all’interno di organismi statali, per giunta alle dipendenze del Ministero degli Interni. Che strano che questa vicenda di cui abbiamo appena parlato non stia alimentando un feroce circuito di condanna mediatica su alcune pagine e profili social sempre molto attenti quando c’è da dare addosso a “buonisti” e “clandestini”.