Camillo Bordin per tutta una vita non ha fatto altro che emettere sentenze, e adesso che è sul banco degli imputati non ci sta a essere condannato solo sulla base di inizi. Ma la scena non è quella di un’aula di tribunale, no. È un banchetto di nozze dove, mentre gli altri invitati mangiano, ballano, conversano, il giudice si ritrova al centro delle contestazioni dei commensali che non gli perdonano di aver assolto un uomo accusato di omicidio. Tra una portata e l’altra, queste sei persone offrono mille spunti al lettore per riflettere sul sistema giudiziario italiano, sull’etica e le responsabilità di chi è chiamato a formulare verdetti, su media e opinione pubblica, sui diritti di un incriminato, su concetti come imparzialità, rettitudine, equità. Alcuni personaggi hanno le idee molto chiare e nessun problema a puntare l’indice; Stefano, collega dello sposo, è affascinato dalla figura del magistrato ma è troppo distratto dalla gonna di Marica per risolvere il mistero che si cela dietro l’efferato delitto. Sarà la più giovane, Deborah, capelli ricci, occhi verdi, il cellulare sempre a portata di mano, a svelare a tutti che «il re è nudo».
A metà strada tra giallo investigativo e legal thriller, con prevalenza o dell’uno o dell’altro genere che si compensano e completano a vicenda, «Tavolo numero sette», il nuovo romanzo di Darien Levani, vincitore nel 2017 del Premio Glauco Felici Tolfa Gialli & Noir con «Toringrad» (Edizioni Spartaco), è un romanzo sulla giustizia sociale, sul mondo mediatico e sull’influenza che ha nella percezione generale degli eventi. Un piccola perla. Dal 30 maggio in libreria |