Il Premio Lugnano nasce con il desiderio di creare un momento culturale solitario e collettivo, che solo la scrittura e la lettura della scrittura possono offrire. Per il piacere di ascoltare ma anche raccontare: l’incanto di quest’arte è così antica, popolare, umana e coinvolgente da somigliare a un dono. Vuole fare leva sulla sensibilità di molti e sull’abilità di alcuni nell’usare le modalità immaginifiche e ricche e varie del linguaggio letterario. Punta sul coinvolgimento di tutti coloro che hanno idee, fantasia, voglia di scrivere e di narrare, ma che sono anche severi con se stessi e non si fermano alla prima stesura. Un’ambizione forse ingenua, ma molto stimolante: quella di promuovere la letteratura.
Pian piano il Premio è giunto alla sua IV edizione e la proclamazione sarà il 5 luglio, con la partecipazione di una giuria popolare di lettori dell’Amerino, la zona della bassa Umbria in cui si trova Lugnano in Tiberina, che fa parte dei Borghi più belli d’Italia, il cui giudizio, espresso a maggioranza, avrà complessivamente il valore di un voto.
La giusta parte di Alessandro Bonan
Ultima partita di campionato. A pochi secondi dal fischio finale, l’arbitro concede un calcio di rigore alla squadra di casa, decisivo per non precipitare in serie B. Come in un western di Sergio Leone, due uomini si affrontano in un duello: sul dischetto il capitano, Pietro Giacomelli, detto il Pesse, la bandiera della squadra, uno sciupafemmine con la coscienza non proprio immacolata. Di fronte a lui il portiere Antonio Griffanti, l’avversario di sempre, un gentiluomo con la passione per i libri. Due uomini così diversi, i cui destini sono uniti da un filo invisibile. Tra di loro, il bianco o il nero, l’abisso o la salvezza.
Una volta ladro sempre ladro di Lorenzo Moretto
11 giugno 1994: Lorenzo Moretto, ventenne di buona famiglia che si divide tra lo studio, lo sport e le ragazze, sta pranzando in casa col padre Giovanni in pausa dal lavoro. Sei uomini della Guardia di Finanza di Milano bussano alla porta dei Moretto, interrompono il pranzo: hanno un mandato di perquisizione e un ordine di cattura e custodia cautelare per il padre. Le ipotesi di reato sono molto gravi: frode fiscale, riciclaggio, persino traffico d’armi. Nella notte Giovanni Moretto viene portato in carcere, a San Vittore. Ci resterà sei mesi.Nell’estate del 1994 Lorenzo smette di essere un ragazzo, si ritrova con la madre e il fratello ad affrontare situazioni che mai avrebbe previsto e prende coscienza dei vincoli che la realtà impone sulle nostre scelte. Ma, sopra ogni cosa, cerca di comprendere cosa abbia fatto suo padre: non può essere colpevole di quanto l’accusano, ma è del tutto innocente? Si è forse immischiato in operazioni ambigue e disoneste? Oppure è vittima di un errore degli inquirenti, tutti tesi a trasformare in abilissimo trader internazionale un contabile di paese?Nell’Italia di Tangentopoli divisa tra fazioni, dove sta la linea che divide il vero dal falso? Cos’è giustizia e cosa arbitrio? Chi è vittima e chi carnefice? Queste domande pesano ancora di più su Lorenzo, perché per isolare la sua famiglia sono stati sufficienti il sospetto e l’accusa. Perché la vita normale non tornerà mai più.
Nel mare c’è la sete di Erica Mou
Maria e Nicola sono una coppia rodata, lui pilota di aerei, cuoco e genero perfetto (per quanto esprima la sua ansia in dolori notturni che gli stringono il corpo), lei un po’ meno perfetta, una di quelle donne che in borsa non trovano mai nulla e che, soprattutto, molti anni prima ha ucciso Estate, sua sorella. La famiglia di origine si è strutturata intorno a questo lutto, il padre ha smesso di andare in ufficio, la madre si è sforzata di avere rapporti con lei, la figlia rimasta. Dopo aver passato anni a vivacchiare senza uno scopo, dopo il classico periodo a Londra, Maria ha messo su un eccentrico negozio: i clienti vanno da lei perché pensi e compri per loro regali importanti per persone che lo sono altrettanto. Il suo lavoro consiste nel confezionare l’amore e l’affetto con un bel fiocco, per chi non ha il tempo di farlo. La vita di Maria però, sempre in bilico, un giorno si incrina definitivamente: in ventiquattro ore, il tempo di quattro pasti, ha un negozio che non vuole, un compagno che non riesce a lasciare, e una scoperta che la porterà a riconsiderare tutto ciò che la circonda. In un romanzo che lega un tono leggero a una sconcertante franchezza, Erica Mou demolisce la retorica zuccherosa delle relazioni d’amore e racconta come dietro ogni coppia perfetta possa nascondersi un doppio fondo inaspettato.
Come un delfino di Gianluca Pirozzi
Vanni fugge dalle proprie origini, dalle complicate dinamiche familiari e dalle perdite strazianti che segnano la propria infanzia nella Napoli degli anni Settanta. Riesce così, faticosamente, a costruirsi una nuova dimensione esistenziale. A Roma, la ricerca della propria identità e dell’amore lo legano a Tiago, col quale matura il sogno di costituire una famiglia. Col tempo questo desiderio prende forma grazie all’amicizia con Amandine. Tuttavia, una nuova scossa minerà l’assetto della vita di Vanni, mettendolo di fronte a una scelta cruciale per il proprio futuro. Attraverso le pagine, anche quelle più difficili, dell’esistenza di Vanni e dei suoi cari, emerge il suo inesauribile amore per la vita. La felicità diviene così un traguardo, raggiungibile solo accettando il proprio dolore. Gianluca Pirozzi, con uno stile incisivo, scandaglia nel profondo la vita intima di tutti i personaggi, mostrando come anche le fragilità possano rivelarsi una risorsa.
Le cose da salvare di Ilaria Rossetti
Il Ponte è appena crollato. È venuto giú in un vortice di calce e blocchi di cemento. Affacciato alla finestra della cucina, il sessantaquattrenne Gabriele Maestrale osserva incredulo la voragine che si spalanca ai piedi del suo condominio, un edificio scheletrico con cinque balconi su cui incombe l’ombra spezzata del Ponte. Dal baratro si levano grida, deboli, incredule. Voci angosciate echeggiano nella tromba delle scale. Durante la loro corsa a precipizio, alcuni si fermano a picchiare alla sua porta: «Forza, raccolga quel che può e scenda, qui potrebbe venire giú tutto!». Gabriele, però, non riesce a muoversi, preda di un dilemma che non lo fa respirare: quali sono le cose da salvare? Gli oggetti utili, prima di tutto: il portafogli, i documenti, la giacca cerata, un paio di scarpe… Poi, forse, le fotografie, il cellulare, il libretto degli assegni, quel romanzo di Pavese appartenuto a Elisabetta, prima che se ne andasse… Che cosa salvare di una vita intera, quando tutto crolla, quando il mondo è ingombro di rovine prive di senso? Incapace di decidere che cosa portare con sé, Gabriele si lascia cadere sul divano; non si alzerà. Non si alzerà nemmeno all’arrivo dei vigili del fuoco, della polizia, di chiunque venga a intimargli di abbandonare la sua casa e mettersi al sicuro. Un anno dopo, la giornalista Petra Capoani viene incaricata dal direttore della Voce, una piccola testata di provincia, di scrivere la storia dell’uomo che dal crollo del Ponte vive asserragliato nella propria casa, circondato dalla desolazione e dalla solitudine. Da poco rientrata in Italia dopo diversi anni di lavoro a Londra, Petra accetta l’incarico senza entusiasmo, ma dovrà ricredersi quando Gabriele Maestrale le aprirà la porta della sua casa e, insieme, della sua esistenza. Tra quelle mura pericolanti, la giovane apprenderà, incontro dopo incontro, quanta vita è racchiusa in un appartamento e come la memoria di «tutta la tragica bellezza di ciò che è passato» – come scrive Cristina Campo nella frase che fa da esergo a queste pagine – sia piú importante dell’insensatezza della Storia.