E’ intitolata “Respect”, la mostra fotografica di Antonio Gibotta , allestita al PAN, Palazzo delle Arti di Napoli, in via dei Mille 60, fino al 20 gennaio 2019. E’ un percorso espositivo che potrebbe avere come sottotitolo: “guardare agli altri sempre con rispetto”. Sono 140 scatti, stampati su carta Canon, di cui il fotografo è l’Ambassador 2018, che ha immortalato con grande attenzione, i momenti storici di notevole impatto mediatico ed emotivo: dalla battaglia degli Infarinati che si tiene ogni anno ad Ibi in provincia di Alicante in Spagna, al dramma dei migranti bloccati in Serbia, agli scatti che immortalano i malati in partenza con l’Unitalsi verso Lourdes, dalla stazione di Napoli. Una mostra che si apre con i colori del festival di Holi in India, vivacissime immagini di un evento tradizionale.
Le istantanee che riprendono il “Festival di Holi”, la festa più colorata e divertente del calendario indiano, si celebra durante la luna piena del mese di Phalgun, che corrisponde al mese di Marzo del calendario gregoriano. Questo evento ha molti elementi simili al Carnevale: durante i tre giorni di festeggiamenti, in ogni città, villaggio, strade e campagne, folle di giovani, vecchi e bambini, giocano gettandosi addosso polveri coloratissime miste ad acqua. In pochi minuti abiti, volti e strade si colorano, restituendo l’immagine di un paese fiabesco. Il passaggio dall’inverno alla primavera non potrebbe essere più gioioso e colorato. Durante il festival le differenze fra caste si annullano e, in qualche villaggio, c’è l’usanza di dare un’occasione di rivincita alle donne: battono giocosamente lunghi bastoni di legno sul capo degli uomini protetti da uno scudo.
Seguono nella sala successiva la serie di foto dedicate agli “Infarinati”. Ogni anno, il 28 dicembre a Ibi, in provincia di Alicante, in Spagna, si tiene la cosiddetta “battaglia degli Infarinati”. È una festa in cui gli abitanti si dividono in due gruppi: un gruppo, gli Enfarinat (gli infarinati), simulano un colpo di Stato; l’altro, invece, cerca di restaurare l’ordine. I due gruppi si sfidano a colpi di farina, acqua, uova e fumogeni colorati. La festa esiste da 200 anni ed è parte delle celebrazioni collegate al giorno della Strage degli innocenti, il giorno in cui secondo il “Vangelo”, il re della Giudea, Erode, ordinò il massacro di tutti i neonati allo scopo di uccidere Gesù. La festa inizia alle 8 del mattino, quando gli Enfarinat invadono la città, la conquistano ed eleggono un sindaco che stabilisce le regole da rispettare durante la giornata.
Un ampio spazio è dedicata alla sezione più importante della mostra. Sono foto scattate a Belgrado, in Serbia, dove centinaia di migranti, per lo più afghani, siriani e iracheni, nel loro cammino di avvicinamento ai confini dell’Unione Europea, hanno trovato rifugio nei depositi abbandonati lungo la ferrovia della città. Un clima di tensione e di paura emerge fra i migranti che temono di essere respinti e per questo evitano le strutture di assistenza ufficiali. Si trovano ad affrontare temperature che spesso arrivano a venti gradi sotto zero, che rendono la vita in questi asili di fortuna un vero inferno polare. Molte scene ricordano quelle vissute dai deportati in Europa ai tempi della Seconda Guerra Mondiale.
L’ultima sezione della mostra è dedicata all’U.N.I.T.A.L.S.I, Unione Nazionale Italiana Trasporti Ammalati Italiani a Lourdes e Santuari Internazionali. Sono foto scattate a Napoli, alla stazione centrale in una mattina frenetica, dei treni in partenza, fra cui anche il Treno Bianco, con destinazione Lourdes. Non sono treni di viaggiatori abituali o pendolari, camminando nei corridoi dei vagoni si sentono voci di bambini, i loro pianti e le loro risate, preghiere sussurrate, brusii lenti e soffocati. Si respira una atmosfera diversa: dolore, forza e, soprattutto, speranza, sono i sentimenti che emergono, con una particolare attenzione dei malati rivolta alla fede religiosa.
E’ una documentazione fotografica che se da un lato è la visione soggettiva del fotografo, dall’altro, restituisce esattamente e implacabilmente allo spettatore ciò che, in quel momento, gli sarebbe presentato davanti agli occhi. Osservando alcuni ritratti, emergono gli sguardi. Anche se Gibotta cerca di evidenziare la vera essenza del soggetto, proprio quest’ultimo sembra indagare l’osservatore.
Come afferma Ferdinando Scianna:” La fotografia non dice necessariamente ciò che non è più, ma solo e per certo quello che è stato. Questa distinzione è decisiva. Di fronte a una fotografia, la nostra coscienza non prende necessariamente il sentiero nostalgico della memoria (quante fotografie sono al di fuori del tempo individuale), ma per ogni fotografia esistente al mondo, il percorso di certezza: l’essenza della fotografia è di ratificare ciò che rappresenta”.
Osservando il lavoro di Gibotta emerge il rispetto per i propri soggetti. Non cerca di “aggredirli” con ottiche estreme, ma li riprende sempre con quella caratteristica che dovrebbe essere fondamentale per ogni fotoreporter: il rispetto per gli altri.
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