Se fino al 18 Maggio avevamo la sola possibilità d’incontrare i nostri congiunti, da una settimana a questa parte si è sbloccata un’altra opportunità, quella di vedere anche amici e conoscenti. Tale possibilità è, inoltre, coincisa con la riapertura dei locali che offrono servizi di ristorazione, e che fino a quel momento avevano ottenuto l’ok soltanto per le consegne a domicilio. Viste da chi è stato costretto per due mesi in casa, queste novità hanno rappresentato il miraggio che diviene finalmente realtà, in particolare per i più giovani che da tanto tempo aspettavano di poter uscire la sera per distrarsi e godersi la stagione primaverile.
Peccato che, però, l’attuale situazione epidemiologica italiana non sia ancora del tutto risolta, o almeno non al punto di potersi permettere festini e assembramenti. Peccato anche che, ormai, si stia lasciando ai cittadini la quasi totale libertà di scegliere se comportarsi correttamente oppure ignorare completamente le regole. Durante il weekend appena trascorso, ed in particolare nella serata di Sabato 23 Maggio, una fortissima affluenza di giovani ha invaso le strade di Napoli e non solo. La cosiddetta “movida” napoletana, simpaticamente rinominata “covida” sui social network, ha riversato in strada tutto lo stress accumulato durante il lockdown tentando spasmodicamente di trasformarlo in voglia di vivere. Peccato ancora che le modalità utilizzate dai giovani per dimostrare al mondo tutta la loro voglia di vivere siano in netto contrasto con il principio stesso che vorrebbero difendere. Infatti, e purtroppo, in questo momento storico la parola “assembramento” viene subito associata ad altre parole, tutte brutte, come contagio, malattia e morte. Non è quindi in nome della vita che oggi si sceglie di “vivere” come se nulla fosse successo, e potesse di nuovo succedere. È dunque soltanto in nome del proprio bisogno psicofisico che si sceglie di non rispettare le regole, creando assembramenti e scegliendo perfino di non indossare la mascherina. È solo per egoismo, non per altro, e questo sarà poco ma è sicuro.
Ma perché c’è chi invece sceglie la strada opposta? Perché c’è chi continua a rispettare rigorosamente le regole con coscienza, senza che nessuno gliele imponga più come prima? Si tratta solo di paura oppure anche di senso civico? Sicuramente entrambi, come sono due anche le possibili motivazioni di chi fa l’esatto contrario. Il primo fattore da considerare, quando dall’alto della nostra pseudo saggezza giudichiamo i “ribelli” ai tempi della pandemia, è la profonda ignoranza che alberga comodamente nella nostra società, e per ignoranza non si intende l’aver o meno accumulato titoli di studio, ma conoscere, o per meglio dire “sentire” sulla propria pelle, il significato della parola “comunità”. Negli ultimi anni una nuova materia si è aggiunta all’esame di maturità, ed è quella di Cittadinanza e Costituzione. Gli studenti, per essere ammessi ed ottenere quindi il riconoscimento di “maturità”, devono adesso dimostrare di essere stati promossi anche sotto il punto di vista civico. Tante belle parole, che dimostrano ancora una volta quanto la teoria e la pratica percorrano spesso strade differenti.
Ma c’è un altro fattore, talvolta conseguenza pericolosa del primo, che è l’arroganza, e se i nostri giovani ne sono gonfi la colpa non è soltanto loro. Se esistono anche giovani coscienziosi significa che nei comportamenti irresponsabili di alcuni c’è anche qualcos’altro, oltre agli ormoni in subbuglio. Sarà forse che, prima di uscire di casa, non vengono fermati da nessuno? C’è da dire che, purtroppo o per fortuna, esiste il libero arbitrio, ed in nome di esso alcuni prendono strade completamente opposte a quelle dei propri genitori. Così ad esempio accadeva negli anni Sessanta e poi successivamente di nuovo negli anni Novanta, quando i giovani hippy contrastavano il modello genitoriale, considerato rigido ed antiquato. Così accadeva ai figli di molti borghesi dell’epoca che, per inseguire la moda ideologica del momento, si ribellavano alle regole in nome di una libertà sessuale ed intellettuale senza precedenti. Ma cosa ci potevamo mai aspettare da quei vecchi “figli dei fiori” durante questa pandemia globale, se non il ricordo nostalgico di contestare le istituzioni sempre e a prescindere? Che educazione potevano mai dare ai loro figli quei ribelli che difendevano spudoratamente il diritto ad essere spregiudicati? Sicuramente ne è venuto fuori un bel disastro, e ne stiamo avendo la prova!