Ripartire o non ripartire?
Mentre il mondo del lavoro, in Italia, si prepara a riaprire per la “fase 2” dell’emergenza Coronavirus, i vertici del calcio si arrovellano in questo dubbio amletico, bloccati nel limbo tra la voglia di riprendere a correre ed i legittimi dubbi di chi sottolinea quanto siano alti i rischi di contagio per uno sport di contatto.
In attesa di capire se e quando tornerà in campo il nostro Napoli, non resta che continuare a tornare indietro con la memoria, raccontando la storia del club partenopeo attraverso il ricordo dei suoi interpreti più prestigiosi, ruolo per ruolo, seguendo come al solito l’ordine temporale e lasciando stilare a ciascun lettore la propria personalissima graduatoria.
Questa settimana tocca agli attaccanti, e forse mai come in questo caso la scelta è ardua: tanti sono stati infatti i bomber che hanno fatto grandi cose in maglia azzurra, mandando in visibilio diverse generazioni di tifosi.
Attila Sallustro (1926-1937)
Quando l’A.C. Napoli vedeva la luce il 1 Agosto 1926, sotto la presidenza illuminata di Giorgio Ascarelli, Attila Sallustro c’era già: giunto ragazzino all’ombra del Vesuvio con la famiglia dal Paraguay, aveva mosso i primi passi da giocatore con le formazioni “antenate” del club azzurro, l’Internazionale Napoli e l’Internaples.
Ben presto l’attaccante nativo di Asuncion, soprannominato “veltro” per lo scatto bruciante, divenne l’idolo della tifoseria, di cui contraccambiò l’amore con ben 108 reti realizzate in 11 stagioni.
Sallustro divenne famoso anche per la sua vita al di fuori del rettangolo di gioco: fu infatti uno dei primi “divi” del calcio, amante delle auto di lusso (lo si poteva incrociare spesso in città al volante della sua Balilla 521) e naturalmente delle belle donne (sposò infatti Lucy D’Albert, una delle soubrette più popolari dell’epoca).
Attila fu anche il primo giocatore del Napoli convocato in Nazionale: da “oriundo” esordì con un gol nell’amichevole di Milano del 1 Dicembre 1929 contro il Portogallo, vinta 6-0, e collezionò un altra presenza nella sfida contro la Svizzera, giocata il 3 Febbraio 1932 proprio a Napoli.
Luís Vinícius de Menezes “Vinicio” (1955-1960)
Quaranta secondi: tanti ne bastarono per far scoppiare un amore che dura da più di 60 anni, ovvero quello tra la tifoseria napoletana e questo formidabile attaccante brasiliano.
Acquistato a 23 anni dal Botafogo, Vinicio infatti andò in rete appena quaranta secondi dopo il suo esordio con la maglia del Napoli, nel 2-2 con il Torino del 18 Settembre 1955.
“O’ Lione”, come fu presto soprannominato dai supporters partenopei per il suo stile di gioco coraggioso e indomito, restò 5 anni all’ombra del Vesuvio, segnando 70 gol.
Tornò in città da tecnico, sfiorando il titolo nel 1975 e guidando un Napoli spettacolare, le cui gesta sono ancora oggi raccontate ai figli dai tifosi dell’epoca.
Soprattutto, una volta ritiratosi dall’attività, Luis ha deciso di vivere per sempre qui, in quella che ormai è la sua città, e in mezzo a quella che è diventata per sempre la sua gente.
Antonio De Oliveira Filho “Careca” (1988-1993)
Da un centravanti brasiliano a un altro, indiscutibilmente uno degli attaccanti più forti che abbiano giocato in Italia.
Arrivato a Napoli nel 1987 dal San Paolo quando era già titolare della nazionale verdeoro, con cui era stato protagonista ai Mondiali di Mexico ’86, Careca non solo confermò a suon di gol la sua fama di bomber infallibile, ma dimostrò di essere attaccante completo: forte di testa, dotato di una progressione bruciante, era in grado di segnare e di regalare assist ai compagni con entrambi i piedi.
In tandem con Sua Maestà Diego Armando Maradona (con il quale, insieme a Giordano, ha dato vita alla famosa “Ma.Gi.Ca.” nel primo anno in azzurro), Antonio ha regalato ai tifosi partenopei un numero infinito di giocate di alta classe, ed ha contribuito in modo decisivo sia alla conquista della Coppa Uefa nel 1989 (tre i gol realizzati nelle due finali contro lo Stoccarda), che alle vittorie in campionato ed in Supercoppa Italiana l’anno successivo.
Fuoriclasse sia in campo che fuori, dove si è sempre distinto per serietà e professionalità, Careca è rimasto legatissimo a Napoli, dove torna spesso e volentieri ricevendo puntuali e meritate dimostrazioni di un affetto destinato a durare nel tempo.
Edinson Cavani (2010-2013)
L’acquisto di Edinson Cavani dal Palermo nell’estate del 2010 fu accolto con un misto di scetticismo e preoccupazione dai tifosi del Napoli, delusi dalla cessione dell’idolo Quagliarella all’odiata Juventus e dubbiosi sulle qualità di bomber dell’attaccante uruguayano, che in Sicilia non era andato a segno con grande continuità.
Il “Matador”, impiegato senza esitazione da mister Mazzarri come prima punta, spazzò via ogni dubbio sin dagli esordi, sia in Europa League (doppietta in Svezia all’Elfsborg) che in campionato (due gol nelle prime due giornate).
Cavani non si sarebbe più fermato, realizzando gol a grappoli con impressionante puntualità, ed entrando definitivamente nel cuore dei tifosi con la tripletta alla Juventus del 9 Gennaio 2011.
Il bomber nativo di Salto non ha fatto sconti a nessuno nei tre anni in maglia azzurra, rifilando triplette anche a Roma, Lazio, Inter e Milan; tanti i gol anche in Champions League, a partire da quello del ritorno negli azzurri nella massima competizione europea, realizzato al Manchester City il 14 Settembre 2011.
E’ però un calcio di rigore il gol più importante realizzato da Cavani con la maglia del Napoli: la trasformazione del penalty contro la Juventus il 20 Maggio 2012 ha aperto le marcature nel 2-0 della finale di Coppa Italia, primo trofeo conquistato dagli azzurri dopo 22 anni di digiuno.
Il “Matador” lasciò il Napoli nel 2013 da capocannoniere della Serie A (primo azzurro a vincere la classifica marcatori 25 anni dopo Maradona), e da allora, ogni estate, si rincorrono voci di un suo ritorno: segno tangibile di un amore, quello dei tifosi azzurri nei confronti di Cavani, mai del tutto finito.
Dries Mertens (2013-?)
Fino a 3 anni fa, pensare di inserire Dries Mertens tra i 5 migliori attaccanti della storia del Napoli sarebbe stata giudicata una follia, nonostante nelle precedenti 3 stagioni e mezzo il folletto belga avesse già dato ampia dimostrazione del proprio talento offensivo, pur subentrando spesso a partita in corso.
Proprio da sostituto, Mertens aveva già siglato qualche gol pesante, come la rete del 3-1 che aveva sigillato il trionfo del Napoli nella finale di Coppa Italia del 3 Maggio 2014 contro la Fiorentina.
Nella vita, però, bisogna saper cogliere le occasioni regalate dal destino, e Dries lo ha fatto nel migliore dei modi.
A fine 2016 infatti, complici l’infortunio di Milik e le scarse garanzie offerte da Gabbiadini, l’esterno d’attacco nativo di Leuven viene provato da Mister Sarri nel ruolo di prima punta.
Gli esiti dell’esperimento sono tutti nei numeri, visto che Dries chiuse quella stagione con 28 gol in campionato (1 in meno del capocannoniere Dzeko) e 34 totali, gli stessi gol realizzati nelle 3 precedenti stagioni con il Napoli.
Il resto è storia recente: Mertens non ha più mollato il suo posto da centravanti nonostante l’ottima concorrenza di Milik, continuando a segnare a raffica.
Sono tanti i gol belli ed importanti: dai pallonetti con Lazio e Torino ai diagonali con Real Madrid e Liverpool, fino al bellissimo tiro a giro con il quale ha portato in vantaggio il Napoli contro il Barcellona nei quarti di Champions, raggiungendo Hamsik in testa alla classifica dei marcatori di tutti i tempi in maglia azzurra con 121 reti.
Impossibile dire se questo sarà stato anche il suo ultimo gol con i partenopei, sia per l’incertezza che regna sulla ripresa del campionato, sia per il fatto che il contratto del 33enne belga è in scadenza a Giugno.
A prescindere dal suo futuro di calciatore, Mertens è però ormai un napoletano acquisito, essendosi innamorato di una città che ha vissuto in modo intenso e profondo in ogni suo angolo: non è un caso che qui, per tutti, non sia più Dries ma “Ciro”.
I grandi esclusi
Scegliere i migliori 5 attaccanti nella storia del Napoli significa automaticamente far torto a tanti grandissimi centravanti, che meritano di essere comunque ricordati.
Per restare al Napoli di questi anni (che, pur avari di trofei, restano ricchi di soddisfazioni) impossibile dimenticare Josè Callejon, che in 7 stagioni ha realizzato 80 gol e ricamato innumerevoli assist per i compagni, risultando imprescindibile per tutti gli allenatori con i quali ha lavorato.
Tornando più indietro nel passato, giusto ricordare altri due bomber che hanno dato lustro al Napoli nei primi anni della sua storia, come Antonio Vojak (ben 103 gol in azzurro per lui) ed Hasse Jeppson, famoso soprattutto per l’elevata cifra sborsata dal Napoli per acquistarlo (celebre la frase che si levava dagli spalti ogni volta che l’attaccante svedese veniva atterrato: “è carut’ ò Banc è Napule…”).
Parlando di centravanti pagati a peso d’oro, il pensiero non può non andare a Beppe Savoldi, chiamato “Mister 2 miliardi” proprio in riferimento all’esborso sostenuto dal Napoli per strapparlo al Bologna: Savoldi ripagò la fiducia della società con 55 gol ed una Coppa Italia, ma non riuscì a regalare ai tifosi il tanto atteso scudetto.
Importante anche non dimenticare attaccanti che hanno contribuito a riportare il Napoli in alto dopo periodi bui, come Jarbas Faustinho “Canè”, Stefan Schwoch ed Emanuele Calaiò, oppure bomber che hanno lasciato il segno pur restando solo un paio di stagioni all’ombra del Vesuvio, come Sergio “El Gringo” Clerici o Daniel “El Tigre” Fonseca.
I “Cuori ingrati”
Sono tanti i giocatori che hanno lasciato Napoli ottenendo successi e trofei in altre squadre, ma per alcuni di loro l’addio è stato particolarmente doloroso e ricco di polemiche, specie in relazione alla squadra che li ha accolti, ovvero l’eterna rivale a strisce bianconere.
L’appellativo di “core ‘ngrato” venne coniato per Josè Altafini, autore di ben 97 gol in 7 stagioni con il Napoli, che però con un suo gol realizzato agli azzurri con la maglia della Juventus il 6 Aprile 1975 spense i sogni di scudetto degli uomini di Vinicio.
Questo soprannome poco lusinghiero è stato di recente “rispolverato” per Gonzalo Higuain: prelevato dal Real Madrid nel 2013, l’attaccante argentino si è dimostrato un autentico fuoriclasse nei 3 anni in maglia azzurra, segnando 91 gol (36 nella serie A 2015/2016, record assoluto), regalando assist e grandi colpi, e consentendo ai partenopei di lottare fino in fondo con la Juventus per il titolo.
Comprensibile dunque lo sgomento dei tifosi napoletani alla notizia del trasferimento di Higuain proprio ai rivali, con tanto di visite mediche svolte in gran segreto: una scelta che ha trasformato irrimediabilmente il “Pipita” da idolo a traditore.
Stessa sorte è toccata nel 2010 a Fabio Quagliarella, bomber di Castellammare passato ai bianconeri dopo un solo anno in azzurro, tacciato anche lui di tradimento e riabilitato solo anni dopo, quando è emerso che a spingerlo via da Napoli era stata una brutta vicenda legata ad uno stalker.
Mai come nel caso degli attaccanti la scelta del migliore è davvero difficile: appuntamento al prossimo “best of”, dedicato ai “numeri 10”.
C’è da scommettere che in quel caso, la scelta sarà tanto scontata quanto piacevole.