Trama: Con una lingua virtuosa, intrigante e soprattutto brutale, forte e decisa, l’autore ci conduce in quell’inferno in terra che è stata la guerra dei balcani. Con questo libro Stojanović ha vinto in Repubblica Ceca il premio per la miglior traduzione dell’anno e ha gareggiato con il Cimitero di Praga di Umberto Eco per il miglior libro dell’anno.
Edizioni Ensemble
Recensione: Siamo negli anni della guerra in Kosovo, periodo di battaglie feroci, violenze fisiche e psicologiche. I quattro evangelisti, Matteo, Marco, Luca e Giovanni, ai quali si uniranno Maria Maddalena e Giuda vengono mandati sulla Terra per indagare sul perché di questa guerra indagando su un certo Čarli (alter ego dello scrittore). Tutto è studiato nei minimi particolari: i capitoli sono trenta, come i denari per i quali è stato tradito Gesù e la narrazione è cruda e procede come mitragliate continue, sembra quasi di essere in trincea. Il linguaggio è forte, spesso volgare e violento, direi perfetto per quello che l’autore vuole trasmetterci. Non c’è respiro in queste pagine, le parole sembrano essere vomitate dando l’impressione che i personaggi vogliano liberarsi da quello che hanno vissuto per raggiungere un senso di pace, una catarsi. Interessanti ed originali i primi due capitoli in cui, gli evangelisti intervistano il cervello ed il pene di Čarli, rispettivamente ragione e irrazionalità, il resto delle voci narranti sono soldati, prostitute, medici che, sembrano combaciare in una sola descrivendo il protagonista come pazzo furioso e violento, ma fortunatamente, in tutte queste brutture, uno spiraglio di amore o una scena di vita familiare ogni tanto fa capolino, così come l’ironia. Stojanović sottolinea che la soluzione migliore sarebbe dimenticare, seppellendo il tutto, ma purtroppo, così non si può fare. L’orrore c’è e resterà sempre. Gli evangelisti cercano risposte, ma di risposte al perché di una guerra non ce ne sono, esistono solo le esperienze vissute e le ripercussioni.
Molto interessante è lo studio dei titoli di ciascun capitolo di Var che vanno a richiamare alcuni nomi illustri della cultura: Amarcord è un riferimento a Federico Fellini; Viaggio al termine della notte a Céline; Madre Coraggio e i suoi figli a Bertold Brecht; La fattoria degli animali ad Orwell, ma ce ne sono tanti altri.
Assolutamente non è un libro di facile lettura ed ammetto di non essere entrata in sintonia con lui, ma riesco a riconoscerne la grande forza e potenza. Al lettore viene richiesta una concentrazione particolare, alcuni passaggi sembrano essere ripetitivi, si ha l’impressione di affogare è, come se durante la lettura mancasse l’aria e si annaspa per tornare il superficie. Tutto ciò è fondamentale per far sì che un romanzo lasci il segno, gusti letterari a parte.
Ammetto di averlo preso in mano, letto, riposto, ripreso più volte, non è una lettura per tutti: Var è spietato, terribile, crudele, disgustoso, ma semplicemente vero ed unico nel suo genere.
Saša Stojanović
Var è il suo primo romanzo tradotto in Italia.