È successo di nuovo, lunedì, in un comune pomeriggio post-scolastico. Questa volta, come appreso dai giornali, è toccato ad Emanuele, 16 anni, aggredito mentre era intento a tornare a casa, a Scampia, da due balordi, suoi coetanei, che in motorino si sono accostati per rubargli le poche cose che aveva con sé. I due delinquenti, non contenti, con ferocia inaudita, si sono pure accaniti contro di lui, sfregiandolo in viso con una spranga, cagionandogli una lesione profonda, per la quale sono stati necessari diversi punti di sutura presso il Cardarelli. La madre del giovane ferito, oltre a sporgere denuncia alle autorità, ha deciso di affidare a Facebook tutta la sua rabbia e il suo sdegno, con un lungo post – divenuto virale – correlato, per sensibilizzare noi tutti, da una foto che ritrae il volto sanguinante del figlio.
Purtroppo, come sappiamo dai recenti casi di cronaca, non è la prima volta, in questo ultimo periodo, che l’opinione pubblica viene scossa dalle notizie di barbare aggressioni perpetuate da gruppi di giovanissimi, il più delle volte minorenni. Come dimenticare, per citare solo due degli episodi più cruenti, l’accoltellamento di Arturo, 14 anni, a via Foria, oppure addirittura l’uccisione del vigilante alla stazione di Piscinola!?
Stiamo assistendo ad una vera e propria escalation di violenza per le nostre strade, ed è quel fenomeno che oggi, per usare un anglicismo, viene identificato con la dicitura “baby-gang”. Le bande di ragazzi connotate da particolare cattiveria, in realtà, sono sempre esistite e non solo a Napoli – checché se ne dica – tuttavia, ora, la problematica sembra che si stia inasprendo a dismisura, costituendo una piaga che non si risparmia l’efferatezza più spregiudicata, con vere e proprie scene all’Arancia Meccanica.
Ma perché? Il nostro compito, da giornalisti, è quello di chiederci, infatti, le motivazioni che stanno alla base di tutto ciò, in modo da stimolare un dibattito proficuo che possa indurre la politica e le istituzioni a prendere dei provvedimenti strutturali, che non siano solo, per così dire, un nascondere la polvere sotto al letto. Non basta punire i delinquenti con pene esemplari, bisogna andare oltre, scavare a fondo e cercare di agire sulle fondamenta. Per di più, risultano anche del tutto inutili le passerelle di chi vuole addirittura farsi pubblicità sul disagio.
Ebbene, c’è una parola che forse più di tutte può rendere la portata della questione, ed è “vuoto”. Sono ragazzi vuoti, privi di valori, privi di umanità e raziocinio, cresciuti, spesso, in contesti familiari duri, che lasciano il vuoto sotto ai loro piedi, i quali poggiano quindi su quel niente dove è impossibile edificare una coscienza. Sono giovani anime deviate in situazioni urbane dove c’è il vuoto dello Stato, dove le istituzioni non arrivano e, troppe volte, addirittura se ne disinteressano. La dispersione scolastica ancora dilagante, la mancanza di prospettive lavorative e di un futuro degno non fanno altro che creare un limbo dove la criminalità sguazza e corrompe le menti più deboli. Vengono dimenticate la legalità e le forme sane e regolate di convivenza umana, in nome di un ritorno quasi alla “legge animalesca” della prevaricazione, della via che sembra più facile, del mors tua vita mea. Ovviamente, con quanto qui appena sostenuto, non si vuole prospettare in alcun modo una visione meramente “classista”, tendente a relegare la delinquenza ai soli strati poveri della nostra società, anzi ribadiamo a chiare lettere che il male si annida ovunque, anche nelle “giacche e cravatte”. Ciononostante, è indubbio, però, che la questione, per le ragioni sopra menzionate, assume una veste quasi di sistema nei quartieri cosiddetti “difficili”, sfruttati dalle spadroneggianti mafie per i propri tornaconti.
Allora tocca a noi sollecitare affinché questo vuoto possa essere colmato con l’istruzione e la civiltà. Perché siamo Stato tutti, nessuno escluso, e tutti siamo responsabili ogni volta che non gridiamo dignità e giustizia.
La nostra più sentita solidarietà ad Emanuele, con l’augurio che, quanto accadutogli, possa divenire presto un lontano ricordo.