“Dal primo giorno che ho scritto, io non ho mai voluto e saputo essere altro che una fedele e umile cronista della mia memoria. Mi sono affidata all’istinto e non credo che mi abbia ingannato.”
Il 25 luglio del 1927, veniva a mancare, a Napoli, colei che è stata, senza nessuna ombra di dubbio, una delle figure femminili, in assoluto, più potenti e importanti nella storia del giornalismo e della letteratura italiana. Parliamo, per chi non l’avesse già intuito, ovviamente, di Matilde Serao.
Ella nacque a Patrasso, in Grecia, il 7 marzo del 1856, dal matrimonio tra l’avvocato napoletano Francesco Saverio Serao e Paolina Borrelly, nobile greca decaduta. Il padre aveva dovuto lasciare la sua città nel 1848 in quanto ricercato come anti-borbonico e, durante l’esilio in Grecia, dove aveva trovato lavoro come insegnante di italiano, conobbe e sposò appunto Paolina Borrelly, che fu il modello della giovane Matilde. Il 15 agosto 1860, però, la famiglia Serao, con l’annuncio dell’ormai imminente caduta di Francesco II, tornò in patria.
La giornalista e scrittrice napoletana fu la prima donna d’Italia, non solo a distinguersi in qualità di redattrice, su Capitan Fracassa, ma addirittura a fondare e dirigere – insieme al marito, Edoardo Scarfoglio – dei quotidiani. Basti pensare che, nel 1892, dopo le parentesi de Il Corriere di Roma e Il Corriere di Napoli, diede vita al celebre giornale partenopeo Il Mattino, e poi anche, nel 1904, al prestigioso Il Giorno, dopo la separazione dal marito.
Ebbene, Matilde Serao, scavalcando i pregiudizi e le convenzioni, che all’epoca imbrigliavano pesantemente le donne, con caparbietà e tenacia, riuscì a ottenere diversi primati e a far conoscere il suo enorme talento, consegnandosi alla memoria imperitura. Neppure episodi spiacevoli della sua vita privata – come il tradimento e la successiva separazione dal marito – riuscirono a scalfirla nei suoi intenti e nelle sue passioni. Neppure gli sberleffi sulla sua fisicità, da parte dei cosiddetti “salotti buoni”, la fecero mai fermare, tanto è vero che, fino all’ultimo giorno, ella si dedicò alla scrittura, morendo, nel 1927, a Napoli, proprio mentre era intenta a lavorare sulla sua scrivania.
La Serao, profonda conoscitrice della società del suo tempo, dalle sofferenze dei bassifondi della sua città alle mode e agli stili di vita dei signori, inventò un modo nuovo di intendere il giornalismo e di narrare la realtà, lodato e apprezzato da autorevoli personaggi quali, ad esempio, Giosuè Carducci e Benedetto Croce.
In aggiunta, al di là dei contributi strettamente connessi ai giornali, sue sono le novelle e i romanzi come, per citarne alcuni, La conquista di Roma (1885), Il romanzo della fanciulla (1886), Vita e avventure di Riccardo Joanna (1887) ma poi, ancora e soprattutto, Il ventre di Napoli (1884) e Il paese di cuccagna (1891), La virtù di Cecchina (1906), fino ad arrivare alla sua ultima opera, nel 1926, Mors tua…romanzo in tre giornate.
“La cultura e l’esperienza si fondevano in lei nello splendore della sua vigorosa intelligenza.” Edith Wharton su Matilde Serao.