La prima ferrovia italiana fu inaugurata il 3 ottobre 1839 nel Regno delle Due Sicilie. La sua costruzione trasmise un’immagine di potere non solo dell’Italia, ma della monarchia stessa di Ferdinando II di Borbone, ponendola al rango delle più grandi potenze europee. Il progetto fu presentato dall’ingegnere francese Armando Bayard de la Vingtrie, nel gennaio del 1836, al ministro di re Ferdinando, il marchese Nicola Santangelo, con l’intento di realizzare una linea ferroviaria a sue spese in cambio della gestione per 99 anni. Dopo una serie di rivalutazioni sulla proposta dell’ingegnere e la approvazione del re, i lavori iniziarono l’8 agosto 1838. L’apertura del primo tratto della ferrovia, con vetture che ospitavano 48 invitati, oltre ad una rappresentanza dell’armata su Sua Maestà Siciliana caratterizzata da 60 ufficiali, 30 fanti, 30 artiglieri e 60 marinai, fu preceduto da un discorso solenne del sovrano: “Questo cammino ferrato gioverà senza dubbio al commercio e considerando come tale nuova strada debba riuscire di utilità al mio popolo, assai più godo nel mio pensiero che, terminati i lavori fino a Nocera e Castellammare, io possa vederli tosto proseguiti per Avellino fino al lido del Mare Adriatico”. La stazione di Napoli fu costruita nell’antica via detta “dei fossi”, poco lontano dalle mura aragonesi tra Porta del Carmine e Porta Nolana; essa era costituita da un’ampia sala d’aspetto per i passeggeri, uffici, magazzini, rimesse per le vetture e le macchine e un’attrezzata officina di riparazione. La linea attraversava le paludi napoletane e la real strada delle Calabrie giungendo nei pressi della spiaggia di Portici, al Granatello. La via ferrata, tuttavia, non includeva nel progetto soltanto la tratta Napoli-Portici. Difatti, i lavori continuarono negli anni con le fermate di Torre del Greco nel 1840 e Castellammare di Stabia nel 1842 fino ad arrivare a Nocera terminando il 18 maggio 1844. Si rese necessario l’intervento dell’Inghilterra per la richiesta di locomotive, poiché la ferrovia napoletana aveva trasportato fino ad allora circa 58000 persone con un guadagno cospicuo. Per questo motivo, la compagnia ritenne di abbassare i prezzi e a partire dal 1840 i biglietti furono ridotti per i cittadini più diasagiati. Si continuò, in seguito, con la costruzione di un secondo tronco ferroviario che raggiunse Caserta nel 1843 e Capua nel 1844. Il programma, inoltre, prevedeva che la linea Napoli-Capua dovesse essere prolungata a Cassino e quindi allacciarsi con la ferrovia dello Stato Pontificio. Furono poi progettate altre linee, come Napoli-Avellino con diramazioni per Bari-Brindisi-Lecce e per la Basilicata e Taranto. Quando nel 1860 Garibaldi entrò a Napoli, egli annullò tutte le convenzioni in atto per le costruzioni ferroviarie e ne stipulò una nuova con la Società Adami e Lemmi di Livorno. Dunque, la ferrovia napoletana non fu ideata con lo scopo di collegare soltanto le residenze reali; al contrario, essa fornì un servizio regolare a numerosi utenti, specialmente lavoratori e artigiani, che avevano lavoro a Napoli. Con l’unità d’Italia, il progetto di Ferdinando II di realizzare una rete ferroviaria dal Tirreno all’Adriatico fu abbandonato e non venne più realizzato