Muore a 84 anni il noto scrittore, giornalista e conduttore televisivo, Gianni Minà.
Nato da una famiglia di origini siciliane, Gianni Minà vive a Torino.
Agli esordi della sua carriera nel 1959 diviene giornalista sportivo per Tuttosport, per poi diventarne direttore dal 1996 al 1998. Dopo questa esperienza entra in Rai come collaboratore dei servizi sportivi, seguendo come inviato diretto per la tv pubblica ben sette Olimpiadi, diversi mondiali di calcio e i più importanti incontri di pugilato.
Dopo aver lavorato per il rotocalco sportivo Sprint, ha realizzato reportage e documentari per rubriche come Tv7, Dribbling, Odeon. Tutto quanto fa spettacolo, Gulliver ed è stato tra i fondatori del programma L’altra domenica con Renzo Arbore.
Dal 1976, ha collaborato per il Tg2, realizzando non solo servizi sportivi ma anche reportage dall’America Latina.
Per questo suo immenso impegno e talento, nel 1981 il Presidente Pertini gli ha consegnato il Premio Saint-Vincent come miglior giornalista televisivo.
Ha inoltre collaborato a Mixer, ha esordito come autore e conduttore di Blitz, un programma decisamente innovativo di Rai 2 che occupava tutta la domenica nella seconda fascia giornaliera e nel quale intervennero personaggi importantissimi italiani e stranieri, fra i quali Federico Fellini, Giulietta Masina, Sergio Leone, Eduardo De Filippo, Robert De Niro, Jane Fonda, Betty Faria, Gabriel García Márquez, Enzo Ferrari, Fabrizio De André, Giorgio Gaber, Léo Ferré, Tito Schipa Jr. e Muhammad Ali, che Minà ha seguito in tutta la sua carriera e al quale ha dedicato un lungometraggio intitolato “Cassius Clay, una storia americana” e ha condotto programmi quali la Domenica sportiva e il talk show “Storie”.
Considerato il suo amore immenso per l’Ameria Latina, è divenuto Direttore della rivista letteraria Latinoamerica e tutti i sud del mondo, continuando a collaborare, fino a pochi anni fa, a diverse testate e quotidiani italiani quali la Repubblica, l’Unità, Corriere della Sera e Manifesto.
Numerose le pubblicazioni, originali per stile del racconto e narrazione intimista, come solo lui sapeva fare, dell’intervistato, un vero privilegiato nelle sue mani, tra questi i più noti: Il racconto di Fidel (1988), Un continente desaparecido (1995), Storie (1997), Un mondo migliore è possibile. Da Porto Alegre le idee per un futuro vivibile (2002), Politicamente scorretto (2007), Il mio Alì (2014), Così va il mondo. Conversazioni su giornalismo, potere e libertà (2017, con G. De Marzo), Storia di un boxeur latino (2020) e Non sarò mai un uomo comune (2021), dedicato a Diego Armando Maratona, con la descrizione di un’amicizia lunga e duratura dal 1986, anni dei mondiali di calcio nel Messico dove si erano conosciuti, con la condivisione delle umane fragilità e della spietata genialità calcistica del Pibe de oro.
La sua storia professionale è stata densissima, perché Gianni Minà si può davvero definire come una delle personalità italiane più conosciute al mondo. Ha intervistato, conosciuto, spesso divenendone amico, personaggi sensazionali, li conquistava con la sua elegante semplicità e con la capacità di entrare in sintonia e complicità con gli eroi di un’Italia e di un mondo che forse oggi non esiste più.
Noto soprattutto per le sue interviste con i grandi personaggi dell’attualità, la più famosa è quella del 1987 di sedici ore a Fidel Castro, è stato, proprio per questa sua trasversalità, uno dei giornalisti italiani più conosciuti all’estero, grazie ai suoi documentari spesso realizzati in collaborazione con reti internazionali.
Le sue interviste riuscivano a penetrare nella profondità dell’animo dell’intervistato, attraverso la sua aria bonaria e sorridente e la sua capacità di raccontare la loro vita con attenzione ai dettagli, alle fragilità in grado di far emergere le meraviglie delle singole personalità intervistate.
Come dimenticare le interviste con Massimo Troisi col quale c’era un amore speciale, i ritagli che abbiamo di quei magici momenti sono una chicca che ogni qualvolta è possibile vederli, vanno goduti in pieno perchè emergono lampanti e trasparenti le loro meravigliose personalità.
Una intesa che si è rivelata tale in ogni intervista che i due hanno fatto nel corso della loro carriera con un Gianni Minà impegnato dopo la morte di Troisi a non dimenticare mai la sua arte e la sua originale creatività fatta di talento e spontaneità, tipicamente partenopea e divenuta con il Postino mondiale.
La battuta sulla rubrica di Minà, sulla sua “agendina”, oggi riecheggia ancora di più dopo che alla sua morte è girata la foto in cui il giornalista è ritratto con personalità del calibro di Robert De Niro, Sergio Leone, Muhammed Alì e Gabriel Garcia Marquez. Ritrae in un solo scatto insieme i più eminenti rappresentanti della letteratura, del cinema e dello sport riunite insieme a un tavolo di un ristorante di cucina tipicamente romana della Capitale.
Star mondiali che erano però semplici amici con cui andare a cena.
Lo scatto, ormai divenuto virale, testimonia la grandezza di Minà, che grazie a virtù umane straordinarie e una grande bravura giornalistica, riusciva a conquistare chiunque, anche gli irraggiungibili.
Il suo sorriso caldo e sornione ha conquistato i cuori delle più importanti personalità del mondo della cultura, dello sport, dell’arte, della letteratura e del cinema. Eppure, nonostante il suo talento e le sua brillante luminosa carriera, negli ultimi anni, Gianni Minà non è stato visto molto nella televisione italiana.
Tra le polemiche di questi giorni, serpeggia proprio quello dell’aver dimenticato o messo da parte il suo modo di fare giornalismo, visto che da sue dichiarazioni, i progetti per la tv e per la RAI nello specifico, c’erano sempre, ma non venivano mai promossi e accettati. Tra le sue ultime proposte progettuali, la volontà di far conoscere un mondo diverso e ormai lontano ai più giovani, riproponendo stralci di interviste o spezzoni mai andati in onda.
Ma nulla la RAI pare non abbia mai accolto di buon grado le sue idee, tradendo probabilmente le aspettative e i desideri di una enorme fetta di pubblico che avrebbe acclamato e guardato con passione e interesse programmi con contenuti di questa caratura, proprio come era Minà uomo e giornalista.
Ora la promessa è di recuperare dalle teche RAI le sue interviste, i retroscena e i migliaia di inediti che si celano negli archivi della tv di Stato e che potrebbero regalare – e in certo qual modo riscattare – ancora una parte di Minà non conosciuta al gran pubblico.
La sua attività giornalistica e saggistica non si è mai fermata, ha continuato a collaborare per le più importanti testate nazionali, dedicando un libro a Fidel Castro e Papa Francesco e chiudendo la serie delle sue pubblicazioni, con un libro autobiografico Storia di un boxeur latino, edito da Minimum fax, nel 2020 in cui narra di se stesso.
Per la prima volta Minà racconta la sua vita, piena di esperienze leggendarie, smisurate e temerarie, in prima persona, con tutte le sue sensazioni, le sue delusioni e i suoi sorrisi.
Le pagine ripercorrono storie leggendarie appartenute ad un’altra epoca, fatta di fatti, senza essere ingoiata dai social, e dove la parola aveva ancora molto significato e così ritroviamo con amorevolezza Muhammad Ali, Jorge Amado, i Beatles, Fidel Castro, Adriano Celentano, Robert De Niro, Gabriel García Márquez, Dizzy Gillespie, Sergio Leone, Diego Armando Maradona, Rigoberta Menchú, Pietro Mennea, Mina, Gianni Morandi, David Alfaro Siqueiros, Tommie Smith, Massimo Troisi, Emil Zátopek.
La Storia di un boxeur latino non è solo una autobiografia, dove Minà descrive e ripercorre le avventure di un ragazzino torinese in cerca di gloria che incontra i più grandi della Terra conquistandone la fiducia e spesso l’amicizia, ma è al tempo stesso una dichiarazione d’amore alla vita, alla musica, allo sport e agli ideali d’altri tempi, il tutto corredato dal suo immancabile sorriso sul mondo e sulla vita.
E’ la descrizione di un mondo in cui le ingiustizie avevano una identità, e c’era chi si spendeva per denunciarle e per lottarvi contro, anche pagandone personalmente le conseguenze; è la voglia di riscattare anche le fragilità e la grande umanità di personaggi importanti, vittime dei loro successi e insuccessi; è il sorriso alla finestra della vita anche quando è stato un po’ messo da parte; è la consapevolezza di un mondo esistito e vissuto di cui ha lasciato con fedeltà narrativa e gentilezza d’animo un segno evidente nella storia della tv e del giornalismo italiano, di cui rappresenta una indiscutibile eccellenza.